Le nuove forme di schiavitù
Persone sfruttate, vendute e a maltrattate senza possibilità di scampo: sembra incredibile, ma nel 2013 la schiavitù è realtà per 27 milioni di individui in tutto il pianeta
di Sara Gullace
L’errore più grande dell’umanità che l’umanità possa commettere è quello di non aver appreso nulla, dagli errori del passato. Quando poi crimini e atrocità vengo perpetrati nel tempo e riproposti con sembiante diverso, la situazione diventa allarmante .
Il termine “schiavo” ci riporta indietro di secoli, fino a riprendere le immagini dell’Antica Roma, dei servi della gleba nel Medio Evo o della guerra di secessione americana. Ma non c’è bisogno di andare tanto indietro perché oggi, 65 anni dopo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, 27 Milioni di uomini, donne e bambini in tutto il mondo sono costretti a vivere come schiavi: venduti come oggetti, costretti a lavorare gratis o per una paga minima alla completa mercé dei loro datori di lavoro.
Formalmente vietata nella maggior parte dei paesi in cui di fatto viene praticata, la schiavitù esiste ancora oggi – spesso con nomi diversi. Sfruttamento, traffico, costrizione di esseri umani: ma le condizioni delle persone che la subiscono sono le stesse. Dalle donne dell’Europa dell’Est trascinate nella prostituzione, ai bambini venduti e comprati da un paese all’altro dell’Africa occidentale, agli uomini costretti a lavorare come schiavi nei latifondi agricoli brasiliani.
L’Onu ha definito la schiavitù, passata e moderna. Possono essere definiti schiavi, quanti ancora sono obbligati a lavorare sotto minacce fisiche o psicologiche, quanti sono posseduti o controllati da un “datore di lavoro” (di solito per mezzo di maltrattamenti fisici o psicologici o la minaccia di tali maltrattamenti) e, infine, quanti siano provati della propria dignità umana – trattati come oggetti, comprati e venduti come fossero proprietà privata o limitati nella libertà di movimento. Questi sono i nuovi schiavi.
Nell’epoca della globalizzazione e dei diritti civili, sono state definite nuove forme di schiavitù. Il tipo più “classico“, consiste nella compravendita di esseri umani – che vengono per lo più rapiti dalle loro case, ereditati o regalati.
Poi c’è una forma di schiavitù legata al debito, che coinvolge 20 milioni di persone in tutto il mondo. Spesso indotti con l’inganno a contrarre un prestito, tali individui lavorano per ripagarlo moltissime ore al giorno – tutti i giorni e senza essere pagati in modo sufficiente da poterlo mai ripagare in vita.
Dunque la tratta di esseri umani, che di solito coinvolge donne e bambini costretti con la forza o con l’inganno, finalizzato al guadagno economico. Spesse volte, nella difficile condizione di migranti vengono ingannate e costrette a lavorare come domestiche o prostitute. Ancora oggi donne giovanissime sono costrette a matrimonio precoce: fatte sposare senza poter scegliere, e costrette a vivere come serve e spesso sottoposte a violenze fisiche. In alcuni casi sono gli stessi governi ad essere direttamente colpevoli e fautori del reclutamento e costrizione al lavoro forzato.
Una delle forme più drammatiche di schiavitù è quella che coinvolge i bambini. Decine di milioni nel mondo lavorano a tempo pieno, sottratti alla scuola e a tutte le attività ludiche che gli spetterebbero. Altri sono spesso rapiti, comprati o spinti nel mercato del sesso tra prostituzione e pornografia.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la schiavitù moderna non è affatto un fenomeno esclusivo di alcune zone del mondo. Se è vero che Asia e Africa registrano il maggior numero di incidenza, il più “civilizzato” nord America e la vicina Europa non ne sono estranei.
Ad oggi, si stimano 24milioni di schiavizzati in Asia: in Nepal, India e Pakistan 18 milioni di persone lavorano per riparare piccoli prestiti. Tra i paesi più ricchi, il Giappone è quello con il maggior numero di schiavi – c’è una tratta di donne stimata sui 40-50 mila donne.
920 mila esseri umani sono coinvolti nella schiavitù in Africa e Medio Oriente: minori che lavorano nei campi di cacao, cotone, caffè, miniere o nella prostituzione, muovendo 1,6 bilioni di dollari di mercato; quest’area è caratterizzata da schiavitù interna, persone che lavorano localmente, ed esterna: persone che vengono vendute.
In America latina e nei paesi caraibici, si parla di 1 milione e 320 mila persone. Un bambino su dieci vive in condizioni di schiavitù ad Haiti; USA: 15 mila persone all’anno vengono coinvolte nella schiavitù, in 90 città: il 50% riguarda il commercio sessuale e l’altra metà il lavoro domestico, la produzione industriale e l’agricoltura. Europa e Eurasia sono caratterizzata della tratta delle donne, costrette a prostituirsi nelle zone dell’est, israele, giappone e paesi del golfo.
Davanti a questa desolante e in molti casi sottovalutata e sconosciuta realtà, c’è qualcuno che sta facendo qualcosa? Anti Slavery è la più antica associazione per i diritti umani. Fondata nel 1839, è tutt’oggi l’unica realtà del suo genere nel Regno Unito. Opera a livello locale, nazionale ed internazionale con l’bbiettivo di eliminare la schiavitù nel mondo. La sua azione si traduce in cooperazione con i programmi di ricerca per raccogliere dati concreti sul fenomeno, fare pressione sui governi coinvolti affinché intraprendano misure adeguate, informare e sensibilizzare l‘opinione pubblica e le organizzazioni intergovernative sull’argomento per acquisire maggiore sostegno sia economico che programmatico.
La sua azione ha sortito effetto sui governi soprattutto negli ultimi dieci anni: Nepal (2002), Niger, Brasile (2003) e Mauritania (2007) hanno introdotto leggi contro lo schiavitù, liberando 100 mila persone. Regno Unito, Emirati Arabi e Unione Europea hanno iniziato a sovvenzionare le campagne di Anti Slavery e di quelle altre istituzioni che combattono la schiavitù.