Basket: Roma contro Siena, una finale da record
Dopo i playoff più incerti di sempre, enorme attesa per l’atto conclusivo: di fronte i sei volte campioni e la grande sorpresa Acea. Si parte domani sera in casa della Virtus
di Stefano Brienza
@BrienzaStefano
Chi l’avrebbe mai detto. Virtus Roma – Montepaschi Siena, un lustro dopo. Unici superstiti i due uomini più rappresentativi delle due società, i due deus ex machina di realtà assolutamente diverse e sempre in confronto e conflitto. Ferdinando Minucci, general manager senese con sei scudetti appesi in casa. Claudio Toti, patron romano al quale si imputa di non aver mai messo – se non, ormai, una decade fa – quella marcia in più che serve per vincerli.
Una finale inattesa, una finale che farà la storia all’interno di una postseason che ha già riscritto ogni record, grazie ad un tabellone molto più simile a quelli NBA che alla scontata corsa al titolo che il basket italiano vive da qualche anno, fondamentalmente una pioggia di cappotti a favore delle squadre con il fattore campo. Tutte le serie tranne una (Varese – Venezia 4-1), finora, sono state caratterizzate da uno svolgimento bizzarro ed imprevedibile e sono tutte state risolte solo a gara-7, riservando emozioni abbastanza potenti da far dimenticare l’abbassamento del livello generale di gioco e talento.
È difficile dire quale delle due contendenti abbia assaggiato più a fondo il sapore del baratro prima di redimersi. La Montepaschi, sei volte campione in carica, ha paradossalmente compiuto due upset consecutivi battendo le due squadre maggiormente favorite dai pronostici per la conquista del titolo: prima l’eterna rivale Milano, poi Varese che aveva dominato la regular season. Il canestro di Sakota con 0.6” sul cronometro di gara-6 ha fatto il giro del mondo, e dopo una mazzata del genere andare ad espugnare il PalaWhirlpool in gara-7 sembrava impossibile. Invece, uno strepitoso HDanielHackett e compagni hanno replicato la vittoria corsara della settima a Milano e sono di nuovo qui, a giocarsi l’ennesima finale da favoriti.
Il cammino dell’Acea Roma è stato certamente più leggero – d’altronde era la testa di serie numero 3 – ma non privo di fatiche. Partita ad handicap contro Reggio Emilia perdendo gara-1 in casa, è riuscita a riconquistare il fattore campo e vincere la serie. Contro Cantù la Virtus s’è superata: praticamente spacciata sul 2-3 ha fatto il capolavoro in gara-6 a Desio, per poi chiudere dominando in casa sulle ali dell’entusiasmo, grazie ad un Phil Goss chirurgico e ad un Palazzetto dello Sport decisivo.
È stata proprio la questione dell’impianto di viale Tiziano il tema più caldo degli ultimi giorni, viste le imbarazzanti difficoltà mostrate dalla macchina organizzativa romana nell’assegnazione dei biglietti già per le partite decisive della serie contro Varese e la decisione di Toti, a metà fra il romantico e l’inutile rivincita personale, di continuare a giocare in un impianto da soli 3.500 posti. File interminabili, pesanti lamentele e una domanda nella testa di tutti (“Perché sprecare un’occasione che capita così raramente?”) hanno caratterizzato una corsa al posto che durerà per tutte le finali ed escluderà tanti appassionati. Per somma felicità della RAI, che grazie a questi playoff da record sta battendo tutti quelli relativi all’audience.
Puro stile italiano, si potrebbe dire. Un po’ lo stesso che ha mostrato un indecente PalaWhirlpool prima e dopo gara-7, a causa di una mentalità che preferisce cercare in arbitri e complotti i motivi delle sconfitte, e in violenze verbali e fisiche la valvola di sfogo. Durante i playoff più combattuti di sempre si è visto un po’ di tutto, ma vogliamo comunque tenerci la parte buona e pensare a quel che sarà: una finale speciale che darà lo scudetto alla testa di serie numero 3 o 5, come non succedeva rispettivamente dal 1982 e dal 1996.
Per quanto riguarda l’Acea, come al solito riflettori puntati su Gigi Datome (nonché sugli ormai celebri scout dei Celtics, che ormai avranno messo su famiglia nella Città Eterna, con successiva smentita del capitano della Virtus su Twitter). Se Roma vincerà il suo secondo titolo a 30 anni di distanza dal primo, sarà l’eroe cittadino per sempre, altrimenti, la Virtus 2012/13 targata Marco Calvani sarà comunque ricordata come una squadra arrivata ben oltre i propri limiti. Oltre al fattore campo, proprio la poca pressione è il grande vantaggio per i romani.
Dall’altra parte, però, c’è una dose di esperienza non indifferente, e la consapevolezza di poter contare su un roster più profondo e ricco di individualità. Nessuno ha mai vinto sei scudetti di fila in Italia, prima della Siena di Pianigiani: Luca Banchi vuole prolungare la striscia – anch’essa – da record, pur in un’annata travagliata come questa. La sua MPS parte favorita per una questione di blasone, ma dopo dei playoff così, qualcuno ha per caso il coraggio di lanciarsi in un pronostico?