L’Iran ha scelto il suo nuovo leader
Affluenza alta e tanta gioia dal colore viola, quello del nuovo presidente Rohani
di Martina Martelloni
La “Terra dei Fars”, come anticamente soleva chiamarsi l’Iran, ha scelto un presidente dalle tendenze notevolmente più moderate dei suoi avversari politici. La manifestazione del diritto di voto è stata proclamata da un tondo 75% della popolazione che ha donato il suo “si” convinto al neo eletto presidente Rohani, con una maggioranza del 52,5 % dei voti espressi.
La lista dei candidati premier stimava numero 8 nel mese di gennaio, fino a scendere ad un più esiguo 6 nell’ultimo periodo. Nomi importanti, dal peso decisionale differente in una terra che giorno dopo giorno osserva inerme la discesa economica causata anche e soprattutto dagli embarghi imposti sull’oro nero e transazioni finanziarie. In un anno le vendite export di petrolio sono calate vertiginosamente e ciò ha comportato una svolta strategica nelle decisioni commerciali con i Paesi esteri. Ora si allunga la mano e si tessono le tele con il Sol Levante e l’imponente Cina.
La maratona presidenziale ha visto allenarsi e partire in prima linea un fedele di Khamenei – Saeed Jalili, politico dal passato di negoziatore sul nucleare. Altro nome di spicco il sindaco di Teheran Bagher Ghalibaf, seguito dall’ex ministro del petrolio e telecomunicazioni Mohammad Gharazi e un combattente delle Guardie Rivoluzionarie Mohsen Razaee. Si chiude l’elenco con Akbar Velajati, con un trascorso da ministro degli Esteri e infine lui, Hassan Rouhani, 64enne neo presidente dell’Iran.
L’uomo dal turbante in testa, ha reso propri slogan ed inni memori dell’era pre-rivoluzionaria iraniana. Di lui si conosce il contributo fornito da segretario del Consiglio di sicurezza nazionale per poi sfoggiare ruolo da capo negoziatore sul nucleare nel 2003.
Per capire quali potranno essere le politiche e la rete di relazioni istituzionali che Rohani intraprenderà nel suo mandato da presidente, potrebbe essere un sensato aiuto alla lettura analitica, lo scavare al di sotto delle apparenze mediatiche e mostrare relazioni incisive a livello internazionale ma soprattutto regionale. Arabia Saudita ed Israele silenziosamente tifavano già da molto tempo la vittoria di Rohani così come la maggior parte degli Stati Occidentali. Fulcro centrale di tale sostegno, la questione nucleare. Sembra proprio che il novello presidente sia decisamente più disponibile ed aperto ad un dialogo sul contorto tema che crea gemiti nella comunità internazionale.
Iran, paese di guerrieri nella Storia, quella vecchia Persia che conta ancora oggi una forte e prevalente presenza etnica di persiani per il 51% della popolazione, la cui restante parte si compone di azeri per il 24%, curdi 7% ed arabi il 3% . Minoranze, queste, in conflitto con la maggioranza.
Fortemente determinante è l’elemento religioso. La bandiera Sciita sventola come principale fede in terra persiana, religione che incalza in tutto; dalla politica, alla legge, dall’economia alla cultura. Il bastone della salvezza per le donne e uomini iraniani è proprio la religione, una fede che fa coincidere gli interessi del mondo islamico con quelli dell’Iran.
Quanto potrà influire il nuovo primo ministro eletto direttamente dal popolo, in un tormentato scenario geopolitico con densi fumi provenienti dalla Siria, Pakistan, Libano, Iraq ed Israele? L’Europa, ma soprattutto gli Stati Uniti sperano in cambiamenti di vento a loro favorevoli, ma ogni decisione, ogni politica, ogni singolo atto del presidente dovrà sempre seguire quella invalicabile linea tracciata dalla Guida Suprema.
Il successore di Ahmadinejad sfoggia il colore viola come simbolo di mutamento in un paese, l’Iran, dal potente respiro nell’intera regione Mediorientale, un respiro divenuto affanno negli ultimi anni ma che, memore del suo passato rivoluzionario e dei dettami del primo e vero fautore dell’orgoglio sciita, Khomeini, non arrancherà di certo la presa su quei punti inalienabili caratterizzanti la nazionalità iraniana.
Il nuovo fronte moderato-riformista, ora guida del Paese parla di maggior confronto con l’Occidente, volgendo lo sguardo agli Stati Uniti, sulla veridicità delle parole solo il tempo saprà svelarne la natura. Nel frattempo, lasciamo che Rohani si goda la sua vittoria.