Femminicidio: storie di donne e sangue al Festival delle Letterature
A Letterature 2013 – Festival Internazionale di Roma il sogno di una società non più pervasa dalla violenza contro le donne. Ne hanno parlato Serena Dandini e Concita De Gregorio
di Alessia Carlozzo
@acarlozzo
Letterature 2013 Festival Internazionale di Roma quest’anno si presenta con un biglietto da visita importante: I had a dream. Filo conduttore e desiderio della rassegna romana, giunta alla sua dodicesima edizione, è riprendere l’eredità lasciata da Martin Luther King e ricordare idealmente a cinquantanni di distanza dal suo celebre discorso al Lincoln Memorial a Washington, un messaggio importante. I sogni come mezzo necessario verso un mondo migliore. Sul palco si alternano perciò storie di sogni di umanità e civiltà, ma soprattutto storie di sogni duramente realizzati.
Il quarto incontro però, non ha solo questo desiderio di narrare delle storie, ma appare soprattutto come il frutto di un’urgenza profonda. La necessità forte e potente di raccontare una ferita aperta e lacerante che non accenna a rimarginarsi.
Una donna per amica è, infatti, una pugnalata al cuore dal primo all’ultimo secondo di luci puntate sul palco della Basilica di Massenzio. E’ il tentativo coraggioso di raccontare sguardi sparsi di donne diverse, per cultura e provenienza, unite dal medesimo tragico destino di sangue. Si scrive delitto passionale, raptus di follia o gelosia si legge femminicidio. Fenomeno solo recentemente dibattuto nella sua corretta cornice, ovvero uccisione di donne in relazione alla loro identità di genere, ma ancora poco affrontato nella sua interezza e dimensione sociale. Si snocciolano numeri, 124 ad esempio le donne uccise nel solo 2012, ma non si analizzano ancora a fondo le cause di un fenomeno che, come dichiara Serena Dandini una delle protagoniste dell’incontro, appare come “il più democratico al mondo” in quanto la violenza contro le donne colpisce e riguarda tutto il mondo indistintamente, senza differenze di classi sociali o paesi.
Sul palco si raccontano due esperienze italiane di associazioni che lottano proprio per combattere il problema. Il Centro donne D.A.L.I.A e il Telefono Rosa sono due realtà nate dall’impegno e la dedizione di giovani donneche supportano e aiutano le vittime di maltrattamenti e violenze che si rivolgono a loro in cerca di sostegno e ospitalità.
Il fil rouge con il carattere letterario della manifestazione viene invece ripreso dalle scrittrici ospiti, che per l’occasione hanno regalato alcuni frammenti inediti riguardanti il difficile tema. Ascoltiamo così impotenti alcune dei monologhi di “Ferite a morte” progetto teatrale e letterario di Serena Dandini, che compone una sorta di antologia di racconti postumi delle vittime. Le donne presentate sono tutte profondamente diverse. Una ragazzina uccisa dai talebani, un piccolo fiore di loto sfiorito troppo presto ma che nelle sue ultime parole regala un messaggio di rivoluzione femminile, che già si sta compiendo proprio lì nella sua terra martoriata.
Segue una cronaca “di morte annunciata”, una donna uccisa dal marito dopo anni di promesse di morte e sangue. “Tutti lo sapevano – commenta amara – tutti lo sapevano che l’avrebbe uccisa. Eppure perché nessuno ha fatto nulla per fermarlo? Perché lei stessa non ha fatto nulla?” Domande secche che c’entrano il cuore del problema che avvolge troppo spesso il tema della violenza domestica da cui molto spesso scaturisce poi l’atto in sé del femminicidio. La cecità consapevole dell’ambiente circostante, una sorta di omertà che porta ancora a far valere il monito per il quale i panni sporchi si lavano in casa e in ciò che accade oltre quelle pareti estranee non bisogna interessarsi. E la difficile posizione della donna vittima degli abusi, inerme e immobile in quella casa diventata prigione. Incapace di scappare, forse incapace di affrontare e guardare in faccia la realtà.
E in ultimo la più classica delle storie. Una coppia all’apparenza innamorata e felice, e di colpo l’uccisione brutale di lei, ancora incapace di comprendere il perché dietro quel gesto. Perché si arriva a un simile epilogo se solo in precedenza l’amore era stato così grande?Una riflessione che porta necessariamente a un’altra valutazione ben spiegata dalla stessa Dandini. Le donne sono forti sempre tranne che con i propri uomini, perché non possono credere che questi le possono uccidere. E’ una sorta di incapacità di realizzare il pensiero di un gesto così estremo e brutale, il non voler snaturare il sentimento esistente. Ma si può poi davvero parlare di troppo amore? Di gelosia? Di raptus di follia? Spesso è stato proprio l’escamotage dell’irrazionalità a mimetizzare evidenti esempi di casi in cui di irrazionale forse c’era veramente poco.
Storie, quelle di Ferite a morte, che si intrecciano con quelle presentate dalle altre scrittrici intervenute per l’occasione. Farian Sabahi scrittrice e giornalista italo-iraniana racconta uno spaccato della buona borghesia piemontese. Una famiglia perfetta, che nasconde una storia lunga dodici anni di violenza domestica. L’incapacità della donna, Ginevra, di lasciare il marito e andarsene con i suoi quattro figli e la beffa finale: il perdono continuo, a fine di ogni confessione, da parte del prete di campagna nei confronti di quell’uomo violento che un tempo aveva amato. E viene da chiedersi perché questo atto, questo perdono venga concesso a tutti con tale facilità.
Si prosegue con gli interventi della poetessa siriana Maram Al-Masri che incanta il pubblico con alcuni dei suoi versi in arabo capaci di colpire per l’intensità, seppur condensata in poche parole, in cui proclama l’amore per la sua terra “una donna violentata ogni notte da un vecchio mostro, abusata, prigioniera, costretta al matrimonio.” E’ un’ode alla Siria, martoriata da una guerra che sembra non avere alcuna fine.
Taiye Selasi, scrittrice inglese di origine ghanese, ci regala un breve ritratto di una famiglia africana e della sua rigida gerarchia. Al tentativo di violenza di una giovanissima adolescente da parte dello zio consegue il tragico confronto con la zia e l’amara constatazione che “più in basso di una ragazza rimasta orfana, c’è solo una moglie senza figli.”
Termina l’incontro il racconto “Dalia”, tratto dal libro “Malamore” di Concita De Gregorio letto dalla stessa autrice che ci trascina nel percorso di una giovane ragazza costretta a prostituirsi appena adolescente. “Le femmine sono una ricchezza, ma per poco. Vivono solo dodici anni.” L’età alla quale è stata venduta dalla sua famiglia e tradita così da chi amava di più.
Storie brevi, dannatamente intense, forti e implacabili. Storie affilate e taglienti, schegge di vetro che si conficcano nella carne, impossibile dimenticarle, impossibile restare indifferenti.
(fonte immagini: http://www.meridiananotizie.it)