Quando la Germania è un esempio… di segregazione
Grave anomalia nella legislazione tedesca sul voto dei disabili, probabile la sua correzione in vista delle prossime elezioni
di Guglielmo Sano
Siamo abituati a ritenere la Germania un esempio, non solo teorico ma anche un paradigma da seguire nella pratica, in ogni settore della vita politica, sociale, economica. È diventato quasi un riflesso involontario per gli italiani, unanimemente riconosciuti “in ritardo” su questo versante, prendere come modello, in particolar modo, il sistema del welfare tedesco.
D’altronde quest’ultimo è il migliore d’Europa se consideriamo che i Paesi scandinavi, obiettivamente all’avanguardia nell’equa distribuzione del reddito e nella lotta a ogni tipo di discriminazione e di disuguaglianza, contano una popolazione media uguale, o di poco superiore, a quella della Provincia di Milano, da parte sua la Germania, invece, ha una ventina di milioni di abitanti in più dell’Italia intera.
Eppure in molti evidenziano una falla, molto grave, nella legislazione tedesca che regolamenta il diritto di voto. I disabili che in Germania che necessitano di un’assistenza “totale” non hanno il diritto di eleggere i propri rappresentanti. La legge tedesca è palesemente in contrasto con la convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone portatrici di Handicap, ma l’anomalia tedesca potrebbe essere sanata molto presto.
Grazie all’impegno di associazioni che hanno a cuore il problema, a quello profuso dall’ex ministro della Salute Ulla Schmidt, ora presidente dell’Associazione Lebenshilfe, e dal Commissario Federale alla Disabilità Hubert Huppe: il suffragio universale dovrebbe essere esteso alle persone disabili prima delle prossime elezioni politiche, che si terranno a settembre.
È ora di cambiare una legge “ferma agli anni ’60 che ormai non è più applicabile. Le persone con disabilità sono nostri concittadini e hanno il diritto di partecipare alla vita politica” ha dichiarato a questo proposito la Schmidt intervenendo nella seduta parlamentare durante la quale, Huppe, ha ufficialmente posto il problema. Il Parlamento, trasversalmente, si è dimostrato disponibile ad approvare un provvedimento che si occupi di risolvere il problema.
Per una volta possiamo dire di essere qualche passo avanti come “sistema Paese” ma soprattutto come “società”, quasi come “comunità” rispetto alla “moderna” Germania. La nostra legislazione sembra, almeno in teoria, favorire l’esercizio del voto da parte delle persone disabili: attraverso modalità che permettono il voto assistito ma anche domiciliare. Sono tutelati anche i cittadini disabili “interdetti”.
I cittadini “fisicamente impediti” (quindi non vedenti, amputati delle mani, affetti da paralisi o con altri gravi impedimenti) possono esercitare il proprio diritto di voto con l’assistenza di un altro elettore, un proprio familiare oppure un’altra persona, scelto come accompagnatore, che può essere iscritto nel registro elettorale di qualsiasi Comune italiano (Legge 17 del 2003). Per poter usufruire di assistenza bisogna presentare la propria documentazione sanitaria, per evitare di presentare il certificato medico ad ogni elezione, si può chiedere all’Ufficio elettorale di competenza l’annotazione permanente del diritto all’assistenza sulla tessera elettorale.
Secondo la Legge 7 del 2009 hanno il diritto di votare presso il proprio domicilio tutte le persone intrasportabili, anche perché collegate ad apparecchi elettro-medicali che ne tengono le condizioni vitali nella norma. La Legge 15 del 1991 invece dispone che le persone “non deambulanti” possono recarsi se vi è presenza di “barriere architettoniche” nel proprio seggio, in qualsiasi altro seggio che ne garantisca l’esercizio del voto. La “Legge Basaglia”, del 1978, prevede il diritto di voto anche per gli individui “interdetti”, permettendogli di lavorare, cosa che la mancanza di tale diritto gli impediva.
Sembra che in Italia la “disabilità” non costituisca un impedimento alla partecipazione e al coinvolgimento nella vita politica, neanche in quella attiva. Dal 2012 Cuneo ha un sindaco “non vedente”, in pratica “cieco”, come si definisce, “perché non ama i pietismi”. Si chiama Federico Borgna, ex consulente finanziario di 38 anni che è stato anche presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti del Piemonte.
Nella lotta alle disparità c’è molta strada ancora da percorrere e molte battaglie da vincere, ma partiamo da una situazione legislativa che afferma con forza il diritto, delle persone disabili, a esprimere la loro opinione. Da questo punto di vista stiamo meglio dei tedeschi, forse questa volta possiamo essere noi il loro modello di riferimento.
Link approfondimento
http://www.west-info.eu/it/i-disabili-tedeschi-voteranno-forse/
http://www.disabili.com/aiuto/speciali-famiglia-a-aiuto/voto-assistito-disabili/23588-voto-assistito-disabili-interdetti