La dieta amministrativa di Rajoy
Tagli, accorpamenti e chiusura di enti pubblici: il governo di Mariano Rajoy vuole risparmiare 37,7 miliardi di euro
di Maria Bonillo Vidal
Il risparmio è l’anatema di Mariano Rajoy. Da quando è arrivato al governo, il primo ministro spagnolo non pensa ad altro. L’austerità è il marchio di fabbrica dell’esecutivo “popular” che adesso, in tempo di crisi, punta a snellire l’amministrazione pubblica per recuperare 37,7 miliardi di euro fino al 2015.
Da quando la recessione è iniziata, ossia dal 2009 circa, il corpo dei funzionari ha subito diverse riforme e tagli – nello stipendio, come nella giornata lavorativa. Ora, con questa nuova riforma dell’amministrazione pubblica si pretende di cancellare o accorpare ben 57 organismi pubblici – con la conseguente riduzione dei dipendenti statali o regionali.
Raccolta in un dossier di circa 2.000 pagine, la manovra per la semplificazione dei servizi al cittadino è stata presentata la settimana scorsa dalla portavoce del governo Soraya Sáenz de Santamaría e dal ministro Cristóbal Montoro. Verranno soppressi circa 90 osservatori pubblici, ma non è ancora stato specificato quali di essi spariranno – quel che è certo, invece, è che il Consiglio per la Gioventù ed alcuni enti della Previdenza Sociale verranno accorpati ad altri enti.
La portavoce governativa sostiene che queste misure permetterano allo Stato di risparmiare 728 milioni di euro, 3.238 alle comunità autonome e 976 milioni agli enti localli. Interrogata circa la possibile perdita di posti di lavori, la Sáenz de Santamaría ha ammesso che “esiste questa possibilità” – benché si cercarà di reinserire chi eventualmente rischiasse di perdere il posto.
Come si evince dalle cifre snocciolate dalla portavoce governativa, lo sforzo maggiore sarà a carico delle regioni e l’ipotesi ha già destato forti malumori in alcune comunità – come la Catalogna e i Paesi Baschi, le comunità più autonome e decentrate rispetto allo Stato spagnolo. Organismi come i tribunali dei conti, le agenzie di protezione dati o di controllo delle università rischiano dunque di scomparire o di essere accorpati ad altri enti centrali. Tale riforma, come accennavamo qualche settimana fa, nasconde una motivazione ideologica oltre a quella economica: il ritorno ad un modello di stato centralizzato.
La controversa riforma ha suscitato molte polemiche da parte dei dipendenti statali – con ogni probabilità quelli più colpiti da questa crisi – ma il Governo sembra voler comunque imprimere a questa misura una connotazione positiva, inserendo nel pacchetto anche la creazione di un “grande centro di formazione pubblica” per offrire nuovi sbocchi lavorativi ai funzionari pubblici – in ogni caso non si conoscono ancora presupposti e data d’istituzione di tale centro.
La misura è strettamente legata all’obiettivo riduzione del deficit – dunque la pressione sulle regioni è evidente. La “dieta” alla quale verrà sottoposta l’amministrazione pubblica intende creare uno stato più compatto, snello ed economico. Uno sforzo ulteriore per un paese forse un poì troppo “grasso” sotto il profilo burocratico, ma certamente dimagrito nell’ottimismo e nella speranza dei suoi cittadini, che ancora faticano a vedere la luce fuori dal tunnel.
Una risposta
[…] catalanismo” – agitato da alcuni, applaudito da altri. Riflettori spenti su Gibilterra, sui tagli, sulla crisi, sui problemi di corruzione che investono Governo e Casa Reale. Ritorna il dilemma: la […]