Arrugas, quella “cosa naturale” chiamata vecchiaia
Il film animato tratto dal graphic novel di Paco Roca ritrae il “problema” internazionale della vecchiaia e della malattia. Uno humour sentimentale che colpisce i sensi
di Francesca Britti
Basato sull’omonimo graphic novel di Paco Roca e premiato dal Dipartimento di Cultura con il National Comic Award, il film animato Arrugas (‘Rughe’ in italiano) ha riscosso lo stesso destino fortunato vincendo numerosi premi tra cui il miglior film animato e miglior sceneggiatura non originale al Premio Goya 2012.
Humor e melodramma, come sottolineato da El Pais, a caratterizzare questo cartone “dedicato a tutti gli anziani di oggi e a quelli di domani”. Già, perché spesso ci si dimentica che la vecchiaia è uno status che riguarda tutti, chi prima, chi dopo. E forse la dedica andrebbe rivolta più ai figli che agli anziani, rinchiusi in un ospizio perché ormai ingestibili. La colpa dei figli non è quella di “abbandonare” i genitori malati ma di non accettare che un genitore possa ammalarsi e dedicargli del tempo per una visita, per un sorriso, una carezza. Generalizzare su questo argomento è sbagliato così come lo è, però, giustificare i figli dietro le solite frasi di circostanza. Troppi impegni, il lavoro, una famiglia da gestire, etc.
Il protagonista, Emilio, è un ex banchiere di una succursale e soffre di Alzheimer. Il figlio decide di portarlo in un ospizio dove avrà tutte le cure di cui necessita. Ma Emilio ha ancora coscienza e non è d’accordo. Si sente abbandonato e disorientato in un posto dove gli anziani non hanno nulla da fare se non guardare la tv e per di più solo documentari di animali, che a lui non sono mai piaciuti. Una piscina, una palestra, tutto inutilizzabile, costruiti solo per fare una bella figura con chi sceglie di far “alloggiare” i propri anziani genitori in questa struttura. Come se fosse una vacanza con tutti i comfort. La realtà è ben altra cosa invece.
Senza neanche accorgersene Emilio peggiora di giorno in giorno. Il rischio di essere trasportato al temuto piano di sopra dove sono ricoverati gli anziani non autosufficienti e in fase di Alzheimer avanzata è vicino. Il suo punto di riferimento diventa, allora, Miguel, suo compagno di stanza. Uomo cinico e un po’ imbroglione va in giro per l’ospizio a sottrarre soldi ai residenti con scuse assurde. L’incontro tra i due, nonostante alcuni forti scontri verbali, si rivela determinante, soprattutto per Miguel, che si scopre un uomo sentimentale. Per questa profonda amicizia con Emilio, ricoverato al piano di sopra dopo un incidente stradale che gli ha fatto perdere conoscenza, decide di dare una sferzata alla sua vita e cominciare ad essere quello che non è mai stato. Dove non arriva l’amore della famiglia, arriva quello dell’amicizia, si potrebbe dire.
Emilio e Miguel e gli altri personaggi di contorno regalano il ritratto umoristico-sentimentale della vecchiaia, “una cosa naturale, non una crisi nazionale. Non chiamateci vecchi perchè non siamo rami secchi”, dice una delle residenti dell’ospizio.
Una “cosa naturale” che accomuna tutti i paesi del mondo. Come una foglia matura si stacca da un albero e vola via così un figlio si distacca dal genitore una volta divenuto “ramo secco”. E il finale del film, un cane che aspetta il padrone scodinzolando, nonostante il suo padrone distratto lo schiaccia nella porta dell’ascensore rischiando di ucciderlo, è il segno che il problema internazionale andrebbe risolto in una sola maniera: la fedeltà, quella “cosa naturale” che noi umani non abbiamo.
(fonte immagini: arrugaslapelicula.com)