La porta balcanica verso l’Europa
Dopo 8 anni di trattative, la Croazia entra a far parte dell’Unione Europea. E’ il 28° membro UE
di Domenico Spampinato
Correva l’anno 1989, quando il tecnico croato Ante Marković prese le redini della Repubblica Federale Jugoslava. Non appena insediatosi al governo, questi decise di percorrere “la via del mercato” attuando nel paese socialista una serie di coraggiose riforme strutturali in senso liberista – stabilizzazione della moneta, privatizzazioni, liberalizzazione degli scambi commerciali. La Jugoslavia cominciava a coltivare il Sogno Europeo, ma l’adesione alla CEE avrebbe dovuto essere accompagnata da una necessaria riorganizzazione dell’assetto politico.
Pochi mesi più tardi, apparve evidente quanto tale via fosse impraticabile: le politiche liberiste di Marković e le riforme istituzionali che avrebbero portato alla nascita di una nuova Jugoslavia, furono occasione di scontro tra i delegati delle varie regioni balcaniche presenti al quattordicesimo congresso della Lega dei Comunisti Jugoslavi (20 gennaio 1991). Slovenia e Croazia decisero di ritirare i propri delegati, la Jugoslavia si avviava verso il disfacimento.
Ben presto, nelle due regioni venne indetto un referendum per formalizzare l’indipendenza dalla Federazione Jugoslava. Il risultato plebiscitario di entrambi lasciava pochi dubbi sui sentimenti secessionistici sloveni e croati, ma la rabbiosa reazione dell’Armata Popolare Jugoslava non si fece attendere: la Jugoslavia veniva sconvolta da un conflitto bellico che si sarebbe protratto per i quattro anni successivi.
Eccezion fatta per la regione della Krajina, il conflitto sul suolo croato durò solo sei mesi: il 4 gennaio del 1992 la Croazia veniva riconosciuta dalla CEE e, nel maggio dello stesso anno, entrava a far parte dell’ONU. Cominciava l’era autocratica di Franjo Tuđman, il primo Presidente della Repubblica che mai ha lesinato di rimarcare le profonde differenze che intercorrevano tra la sua Croazia e la «Balkan-style democracy» serba – e che per la deportazione di civili serbi venne condannato post mortem dal Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia.
In quegli anni, Ivica Račan sedeva sui banchi dell’opposizione. Quello stesso Ivica Račan che all’ultimo congresso della Lega dei Comunisti si oppose alle ingerenze serbe di Slobodan Milošević e che, divenuto Primo Ministro croato nel 2000, aprì i negoziati con Bruxelles per l’adesione di Zagabria all’Unione Europea.
Oggi, 1 luglio 2013, il sogno di Ivica Račan si è realizzato: la Croazia è il 28° membro dell’Unione Europea – avvenimento dalla portata storica indiscutibile, che non manca di dividere l’opinione pubblica croata.
I sondaggi nazionali stimano infatti che soltanto il 40% dei cittadini croati è favorevole all’ingresso nell’UE. Certo, il prestigioso riconoscimento porta con sé il non trascurabile effetto di smarcare ulteriormente Zagabria da Belgrado – spianandole la strada verso maggiore mobilità e integrazione nel contesto socio-economico europeo. Tuttavia, non sono ancora accertati effetti e ripercussioni economiche che la misura eserciterà sui cittadini.
Possibilità di studiare e lavorare fuori, abolizione delle imposte doganali, conseguente riduzione del prezzo dei prodotti d’importazione (-10%) e magari, chissà, possibilità maggiori nel settore turistico – che dall’abbattimento delle frontiere e dal calo del prezzo dei beni alimentari d’importazione dovrebbe beneficiare.
Ma l’adesione al programma dell’UE dovrebbe comportare anche un calo fisiologico nelle esportazioni e, conseguentemente nel Prodotto Interno Lordo. Si stima che il prezzo delle esportazioni verso gli altri partner balcanici aumenterà del 10% e che entro la fine del 2013 il PIL subirà una contrazione dell’1% – nel 2014 dovrebbe tornare a crescere, seppur lentamente. Stesso discorso per il debito pubblico, che salirà dal 54% al 60%.
Ciò che la gente teme maggiormente, tuttavia, è un possibile aumento dei prezzi che ridurrebbe ulteriormente il potere d’acquisto ai cittadini croati che, del resto, già da qualche tempo accusano il rincaro. Insomma: difficile ipotizzare benefici immediati in un paese peraltro flagellato da un tasso di disoccupazione altissimo – fra i giovani esso raggiunge il 51%, il più alto nella UE dopo Grecia e Spagna.
Festeggiamenti in tono minore, dunque. Chissà se l’adesione all’Unione Europea comporterà per i cittadini croati un decisivo aumento nelle possibilità – in termini economici, sociali, culturali. Quel che è certo, tuttavia, è che l’avvio dei negoziati con Bruxelles hanno indotto la Croazia verso una maggiore “disciplina” politica – soprattutto rispetto all’era Tuđman. Oggi la Croazia si ritrova una società più matura, più coesa, più “trasparente”. E magari, chissà, più europea.