Dietro i tuoi passi: in scena a Roma la storia di Peppino Impastato
La lotta alla mafia di Giuseppe Impastato al Fringe Festival a San Lorenzo: cinque attori sul palco, per la regia di Massimo Natale
di Isadora Casadonte
Scrive Roberto Alajmo in Passaggio di Testimone: “Morire ammazzati lo stesso giorno di Aldo Moro è un ottimo presupposto per essere dimenticati dalla Storia […] A rigor di logica, specie in una nazione smemorata come la nostra, di Impastato Giuseppe nessuno si dovrebbe ricordare più. Nessuno si doveva manco accorgere che era morto uno come lui, sedicente giornalista in un’oscura radio di provincia, nell’estremo sud di un paese che in quel periodo ha tutt’altro a cui pensare. Ma alla prova dei fatti non è stato per niente così. […] Impastato ha di gran lunga molti più amici da morto di quanti ne avesse da vivo”.
Cinque attori sulla scena: Calogero Macaluso (Luigi Impastato), Gianpiero Pumo (Peppino Impastato), Duan Melodia (Giovanni Impastato), Domenico Cangialosi (Salvo Vitale) e Claudia Perna (Felicetta, madre di Peppino e Giovanni, moglie di Luigi), diretti da Massimo Natale, hanno portato sul palco del Fringe Festival di Roma dal 30 giugno al 2 luglio la storia coraggiosa e tormentata di Peppino Impastato.
Dopo precedenti illustri come il film I Cento Passi di Marco Tullio Giordana, lo spettacolo Dietro i tuoi passi ci racconta la lotta di Peppino a partire dalle complesse dinamiche familiari che l’hanno animata. La madre di Impastato (toccante l’interpretazione di Claudia Perna) si offre al pubblico come narratrice: devastata dal dolore per la perdita del figlio, non sopporta più di dover accettare silenziosa il fango gettato sulla reputazione di Giuseppe.
(Ghigliottina alla presentazione di Passaggio di testimone il 23 maggio 2013)
Negli anni Settanta, a Cinisi, lo spirito ribelle alle convenzioni ed il conflitto aperto con la figura paterna non possono essere attribuiti semplicemente al fenomeno dilagante della “rivoluzione giovanile”. Far sorgere un’emittente radiofonica libera come Radio Aut in un piccolo paese significa esporsi in prima persona alle conseguenze delle proprie parole. E di conseguenze ce ne furono per Peppino, che usava l’arma della satira per ridicolizzare i boss mafiosi del luogo e le loro losche attività come “Il patto Z11”.
Eppure il problema più grande è un altro: l’appartenenza di Giuseppe. Peppino fa parte di una famiglia mafiosa e nel momento in cui se ne rende conto, una distanza incolmabile ed una profonda incomunicabilità cominciano a minare il felice legame d’infanzia con il padre.
È proprio questo rapporto di estrema conflittualità e disprezzo fra Peppino ed il padre Luigi che gli attori si impegnano, con esito emozionante, a riprodurre sulla scena.
A regnare nella famiglia Impastato è quel sentimento che tanto caratterizza le storie di mafia: la paura. La paura bambina di Peppino nei confronti del padre, nel momento in cui capisce che anche lui appartiene a Cosa Nostra. La paura che Luigi Impastato dice di provare ascoltando i comizi pericolosi del figlio. La paura di Giovanni Impastato, quando al funerale del padre stringe le mani dei mafiosi che il fratello disprezza, nello sconvolgente timore che possano ammazzargli pure lui. E infine la paura impotente della madre, succube di un marito padrone, che implora Peppino di portare con sé una pistola, perché è troppa l’angoscia che prova ogni volta che il figlio esce di casa.
Gli ostacoli sono tanti (anche il palco è pieno di barriere ed impedimenti) ma Peppino sceglie di affrontarli a testa alta, di proseguire nella sua lotta a Cosa Nostra consapevole dei rischi che corre.
Dietro i tuoi passi ben rappresenta il rapporto affettuoso e la fervente collaborazione tra Peppino e l’amico Salvo, tra Peppino ed il fratello Giovanni, eppure nel paese di Cinisi la gente a poco poco isola il giornalista ribelle che irride alla mafia. I suoi comizi con il tempo sono sempre meno frequentati, le persone lo ascoltano solamente sedute ai tavolini del bar intorno alla piazza e “si sa… le mafie uccidono quando vieni lasciato da solo”.
Il legame d’appartenenza a Cosa Nostra, da cui Peppino cerca con tutte le forze di liberarsi, diventa un cappio che lo condanna a morte a due giorni dalle elezioni comunali a cui si era candidato. Peppino Impastato viene fatto saltare in aria sui binari della ferrovia con sei chili di tritolo perché il suo era “l’esempio di un riscatto personale che violava le regole dell’appartenenza. Un esempio potenzialmente contagioso”, dice ancora Roberto Alajmo.
Ebbene, la trasposizione teatrale della storia di Peppino muove dalla convinzione che il teatro può e deve salvare dall’oblio e dalla dimenticanza uomini come Giuseppe Impastato, perle rare che, pur attraversando un campo minato dalle losche ombre degli affari mafiosi, riescono ad affermare: “Io voglio vivere di giustizia”.