Ziano, da Ethret a Roma a suon di rap
Il rapper italo-tunisino ci ha raccontato il suo passato da baby-gangster, della fuga in Italia e della salvezza chiamata rap
di Francesca Britti
Classe 1985, italo-tunisino, vanta illustri collaborazioni con Inoki, Amir ed altri artisti. Un passato rivoluzionario a Ethret e poi la fuga verso l’Italia per raggiungere il padre. E la fortuna chiamata rap. Un genere musicale che più di ogni altro consente di sfogare la propria rabbia e liberarsi dai propri fantasmi del passato. È ciò che ha permesso a Ziano di uscire dal tunnel della criminalità e cambiare strada.
Quanto il rap ha curato le tue ferite?
Sinceramente, non riesco a immaginare la mia vita senza rap, l’unica cosa che mi dà l’equilibrio, riesco a esprimere tanti lati del mio essere che sia rabbia, felicità o vanto in un modo che mi fa sentire unico e completo, e questo ha curato tante delle mie ferite.
Ferite che, una volta arrivato nella “terra della speranza” come spesso viene chiamata, hanno trovato terreno fertile. Nonostante i centri di accoglienza che ospitano gli immigrati non possiamo definirci un paese accogliente. E Ziano lo racconta nelle sue rime “la dittatura ha solo un destino: morto oppure clandestino… vi racconto la storia che non vi raccontano i mass media”.
Questa rima de Il cimitero dei mie fra rappresenta la tua condizione di immigrato. Cosa non sanno gli italiani che dovrebbero sapere perché i media non lo raccontano?
Si parla di immigrati che si imbarcano a Lampedusa come se fossero colonizzatori mentre è solo gente che scappa dalla morte affrontando la stessa, nessuna storia comincia con la fine e se i mass media raccontassero da dove viene questa gente, la vita che ha fatto, la loro sofferenza gli italiani capirebbero molte cose. Chi non cammina sul fuoco non sente il bruciare.
Ziano il fuoco l’ha provato nel suo paese e anche in Italia. Il suo rap è impregnato del suo passato rivoluzionario, che lo ha costretto a lasciare la sua città dopo essere stato cacciato, proprio per la sua ribellione, da tutte le scuole all’età di 16 anni. La paura della morte dopo il viaggio della speranza in cui tu arrivi salvo ma altri tuoi “fratelli” a toccare terra non ci arrivano. E quindi la rabbia mista a dolore che sfoghi rappando. E poi ancora un altro ostacolo, quello della gente che ti guarda perchè sei immigrato, perchè sei diverso.
“La morte l’attraversiamo paura noi non ne abbiamo… La causa che noi portiamo la dittatura, il razzismo e la stupidità dell’uomo”. Nel pezzo che canti insieme a Fankam, rapper immigrato come te, sfoghi la tua rabbia sull’immagine che si ha dell’immigrato, contro cui si riversa la rabbia dei cittadini. Di cosa hai paura ora dopo aver affrontato il viaggio della morte? E come hai combattuto/combatti il razzismo verso di te e i tuoi “fratelli”?
Non è paura, è soltanto questione di mettere i puntini sulle i e dire che noi esistiamo. Penso sia una cosa normale, fa parte della nostra sopravvivenza, ma ora dopo tanti anni non do più peso alla “stupidità dell’uomo”. Il razzismo ha provocato una scintilla dentro di me che ho spento con delle rime di rabbia, ora ho cambiato metodo.
Un razzismo alimentato dall’incomunicabilità fra chi accoglie e chi viene accolto. Ma ormai questi tempi bui per Ziano sono passati. La determinazione di affermarsi come cittadino e come rapper hanno vinto su queste barriere. In primis quella linguistica.
“Non sapevo l’italiano nel 2002 ora faccio rime italiane meglio delle tue”. La condizione dell’immigrato è quella dell’emarginato ancor oggi, soprattutto appena arriva in Italia. Qual è stato il tuo percorso di ambientamento nel nostro paese? E quanta credibilità hai ora nel mondo rap?
“Non sapevo l’italiano nel 2002 oggi ho rime più italiane delle tue” è una frase che ha molti significati: sono un immigrato e mastico l’italiano meglio di tanti colleghi nati qua e questa frase è per provocare chi pensa che io sia qualcosa al di fuori del rap italiano, cerco di essere un esempio ai miei fratelli che vogliono anche loro emergere. Ho cercato di imparare la lingua velocemente, conoscere gli usi e i costumi e la cultura, ho pianto, ho riso, ho amato, ho odiato, sono cresciuto in questa terra. Oggi la mia credibilità aumenta un giorno dopo l’altro, sarà il tempo a decidere.
E c’è da credergli se vanta già un’illustre collaborazione con Inoki in La morte o la prigione. Gabbia o cimitero è il destino di chi si trova a combattere ogni giorno con la criminalità e spesso ne rimane coinvolto. Lo canti insieme ad Inoki in La morte o la prigione. Tu il mondo della criminalità l’hai vissuto. Come ne sei uscito fuori?
La vita da criminale finisce o morto o in prigione, nel mio caso sono stato sparato quando facevo parte di una baby-gang e sono passato vicino alla morte, ma era presto per capirlo e quando da adolescente sono finito dietro le sbarre ho capito che sfuggendo alla prima non potevo sfuggire all’altra.
Il percorso musicale di Ziano si presenta tutto in salita. Dopo il primo street album pubblicato in rete nel 2009 dal titolo Rima prima che rima, il rapper è uscito lo scorso luglio con il suo secondo album intitolato La seconda Italia e ne ha per tutti. Per le major discografiche per esempio, destinatari del singolo di lancio Non mi stressare.
“Tu rimani la carcassa mentre io il motore”. In Non mi stressare lanci questa rima sui produttori. A lanciare i cantanti nell’Olimpo della musica servono di più le visualizzazioni su YouTube o l’aggancio delle major discografiche? Firmeresti il contratto con una major?
Non mi stressare è stata scritta dopo aver disdetto un contratto discografico con un’etichetta di cui per questioni legali non posso rivelare il nome, è stato un pezzo di “vendetta”. Per ora sto cercando di farmi conoscere il più possibile e se arriva il contratto major quando sarò già una realtà ben venga…
Chi sono, quindi, i destinatari di Non mi stressare?
Sono i produttori-squali, i finti gangsta virtuali figli di papà, e tutta la gente che ha cercato in tutti i modi di bloccarmi perché per loro io sono un rapper che viene troppo dalla strada, quella vera e questo porterebbe un dislivello poiché confrontati a me non risulterebbero più credibili. Io a tutta questa massa gli dico “non mi stressare” e penso l’abbiano capito bene.
Il rischio, come capitato già per altri rapper nostrani, è di diventare commerciali, abbandonando il flow che li ha lanciato nel mondo del successo. Un rischio che pare non sfiorare Ziano, secondo cui il sound de La Seconda Italia “non c’entra molto con il rap italiano” nè tantomeno riconosce un cambiamento musicale, “non sono cambiato, sono solo cresciuto facendo le mie scelte“, fra mixtape Contro il mondo del 2011 e i due singoli dell’album La seconda Italia, in cui a prevalere è un elettrorap che è in voga in questi anni in Italia.