Davide Manuli ci racconta “La leggenda di Kaspar Hauser”
Ultimamente inserito nella sezione Le Perle del MedFilm Festival, tra i film ”introvabili” della nuova ondata cinematografica indipendente italiana senza uno straccio di distribuzione, La leggenda di Kaspar Hauser è un film del 2012 diretto da Davide Manuli, che solo in questi mesi sta avendo la giusta – ma ancora troppo poca – visibilità in patria, dopo aver conquistato decine e decine festival europei ed extra-europei
di Giulia Marras
“Il mio sogno è la fine di tutti i sogni.”
Seguito ideale di Beket, il precedente lungometraggio di Manuli, che utilizzava già la pellicola, il bianco e nero, la colonna sonora elettro-techno e l’ambientazione nelle terre sarde galluresi più incontaminate e selvagge, Kaspar Hauser riprende queste caratteristiche creando un dittico convergente e modernissimo, che ha il sapore rivoluzionario di Godard e della Nouvelle Vague.
Se in Beket i due protagonisti cercavano e attendevano Godot con un moto circolare del tempo senza speranza né fortuna alcuna, in Kaspar Hauser Godot finalmente arriva ed è Kaspar stesso, atteso come un re dagli abitanti dell’isola X, sotto forma di una figura androgina arrivata dal mare. Strutturalmente lontano anni luce dal capolavoro di Herzog, Manuli sceglie di interpretare l’enigma di Kaspar Hauser, il trovatello d’Europa, secondo il punto di vista di Rudolf Steiner che lo immaginò come una reincarnazione del Cristo, un Messia.
Ed è come tale che è atteso e accolto dal Vincent Gallo Sceriffo, o come riconosciuto dal Prete o dalla Veggente/Puttana. Impostore invece per l’altra metà dei personaggi archetipi, come il Pusher, sempre interpretato da Vincent Gallo, o la Duchessa Claudia Gerini. L’evento reale inspiegabile e misterioso, un tipo di storia che meglio si presta alle molteplici interpretazioni, viene qua riletto e riscritto con grande libertà e un surrealismo che rasentano il nonsense.
In realtà in quest’opera allo stesso tempo arcaica e futuristica, si nascondono diversi sotto-testi che potrebbero parlare della difficoltà moderna della comunicazione tra gli uomini, delle inutili congetture sociali, della sensazione umana di isolamento, di smarrimento nel nulla, di solitudine: potrebbero perché alla fine Kaspar Hauser sfugge ad un’unica spiegazione; forse sono tutte, o forse nessuna. Così tra monologhi spiazzanti, come quello scritto da Giuseppe Genna per il Prete, e deliranti momenti, come le lacrime di Kaspar che qua si trasformano in “vomito” bianco, o l’ingenua sottomissione del personaggio del Servo, il mistero si mantiene tale, diventa per l’appunto leggenda quasi mitologica.
Altri personaggi fondamentali oltre alle poche figure proppiane che reggono il film, sono l’isola, luogo incognito e deserto, dove “non c’è né dentro, né fuori”, dove una cabina telefonica convive anacronisticamente a fianco di un nuraghe, mentre il mare è portatore del corpo inanimato di Kasper Hauser. “Ma se non c’è né dentro, né fuori, da dove arriva lo straniero” (forse dagli Ufo?), e l’inspiegabile straniero allora diventa perseguitato e ucciso da chi non riesce a comprenderlo.
L’unico che si occuperà del Kaspar in tuta Adidas, anche in paradiso, il suo precettore, è lo Sceriffo, un Vincent Gallo dedicatissimo al progetto di Manuli, il quale introdurrà il protetto e creduto a Re all’altare del dj. Altro personaggio centrale ma invisibile è infatti la musica, causa del risveglio di Kaspar e suo motore vitale; la scelta di utilizzare l’elettronica di Vitalic, famoso dj francese, rende il film ancora più speciale e straniante. Il suono riempie, colorandola, l’immagine in bianco e nero e sostituisce l’assenza di voce all’altra protagonista, la Sardegna.
La leggenda di Kaspar Hauser vuole e deve essere l’esempio per un cinema italiano diverso, lontano dalle solite storie di trentenni e intellettuali depressi, e soprattutto l’esempio di come non deve lavorare la distribuzione che lo ha ignorato fino ad oggi. La leggenda di Kaspar Hauser perché deve essere visto da tutti; non per forza per capirlo, ma anche solo per goderne. Altrimenti l’innovazione, quale è il film di Manuli, continuerà a ristagnare.
Per chi è a Roma, La leggenda di Kaspar Hauser lo si può trovare ancora per un po’ al cinema Madison.
“Io sono Kaspar Hauser. Io sono ripulito all’essenza.”
3 risposte
[…] Calderoni, premio Ubu 2009 come Miglior Attrice under 30 (vista recentemente nel sorprendente film La Leggenda di Kaspar Hauser). Apparentemente distantissime, nel corso dello spettacolo il confronto le avvicina, non c’è […]
[…] per esempio, a differenza invece di progetti “esterni” molto più interessanti, come quelli di Manuli, Beket e La Leggenda di Kaspar […]
[…] crisi della rappresentazione greca di Yorgos Lanthimos, il western filosofico dell’italiano Davide Manuli e il dolore della pura realtà di Ulrich Seidl, il sub-realismo di Bruno Dumont e […]