L’anno nero della cultura
Il Rapporto 2013 di Federculture dipinge un quadro nazionale da brividi. E Ignazio Marino propone idee per un rilancio culturale che parta dalla Capitale
di Alessia Signorelli (@lasignorelli)
A voler essere brutalmente onesti, un po’ ce lo aspettavamo. Nel 2012, secondo quanto emerge dal Rapporto 2013 di Federculture, presentato lunedì scorso a Roma, si è registrato il primo calo “culturale” in Italia dopo una decina d’anni di crescita costante. Sempre continuando sulla falsariga della “brutale onestà”, non sorprendono certo i dati, definiti allarmanti e sconcertanti, che disegnano la situazione del rapporto tra utenza e offerte culturali, dal cinema al teatro, ai musei fino ad arrivare ai concerti e tutto quel che c’è in mezzo. Cali che vanno dal 5 a poco più dell’8%. E la stessa Roma non fa eccezione. Ammonta all’8% il calo per quanto riguarda i consumi relativi alla cultura, con quel 6,3% in meno di visitatori che si sono recati ai Musei civici della Capitale.
Per fronteggiare questa caduta libera, Ignazio Marino, neo eletto sindaco, propone paragoni con altre città europee che hanno fatto dell’offerta culturale più ampia e svariata uno dei punti di forza principali sia per quanto concerne il loro prestigio che la loro economia, e nomina Berlino, Barcellona, Manchester ed è proprio di questi giorni la proposta, che sta sollevando dubbi ed anche qualche polemica, della pedonalizzazione della zona dei Fori Imperiali.
Lo abbiamo ripetuto oramai fino alla nausea che l’Italia sembra proprio non essere in grado di tutelare ed investire in maniera adeguata in quella che è una delle sue risorse maggiori, e cioè la cultura. A questo, va aggiunta la zampata letale data dalla crisi che continua, imperterrita.
In Italia, oltre a “crisi”, i termini più (ab)usati sembrano essere giovani e cultura. Di questi due si parla ad ogni piè sospinto, ma, nuovamente, tutto resta a galleggiare in una serie di “buone intenzioni” che però sembrano non riuscire a prendere una forma davvero concreta. Da una parte, si propone, si dice, si vuole fare, si mettono sul tavolo cifre, problemi ed ipotetiche soluzioni, ma dall’altra continua ad essere ignorato tutto quell’universo che, in teoria, rappresenta il futuro, e cioè i giovani. Sempre per quella vecchia storia stantìa che con la cultura non si mangia e che occuparsene è poco più che una graziosa perdita di tempo: un condizionamento tanto potente da radicarsi in maniera endemica.
Sempre Ignazio Marino, durante il suo intervento di lunedì scorso all’Assemblea annuale di Federculture, ha tratteggiato un’idea per far incontrare, in maniera fruttuosa, i giovani e la cultura, attraverso la creazione di laboratori creativi da situare negli immobili pubblici inutilizzati. Gli spazi saranno assegnati tramite bandi a quelle associazioni, organizzazioni e giovani artisti che si dimostreranno possessori dei requisiti ideali.
Si pianifica, e si pensa. Tutto encomiabile e tutto giusto. Ma forse, è arrivato il momento di andare più a fondo e di agire alla base. Il rapporto che abbiamo con la nostra eredità culturale è logoro e denso di sensi di colpa – forse è per questo che ci riesce, spesso, più semplice andare ad ammirare le bellezze e gli splendori fuori dai nostri confini, che trovarci faccia a faccia con il nostro passato con il quale fatichiamo così tanto ad instaurare un rapporto. La crisi c’è, ed è vero. Ma non è solo una crisi economica; è anche una densa crisi di valori.