Basket: Datome ai Pistons, NBA sempre più italiana
Il grande mercato si è aperto con Howard, Smith, Iguodala. Ma soprattutto Gigigante, Belinelli e Bargnani
di Stefano Brienza
@BrienzaStefano
Provate a pensare a quante volte avete letto o sentito la ridonante espressione, prettamente giornalistica, “tre moschettieri italiani d’oltreoceano”. Fino ad oggi non avevate l’impressione che qualcosa non quadrasse rispetto al romanzo di Dumas? La correzione è arrivata nel pomeriggio di ieri, con una notizia che si aspettava da mesi, se non da anni: Gigi Datome è approdato in NBA.
L’ala sarda occhieggiava la Lega più importante del mondo da quando era un ragazzo prodigio, ma senza mai affondare pienamente la lama del talento nel cuore di qualche GM.
C’è voluta una stagione da MVP della Serie A ed una finale raggiunta con una squadra andata oltre i propri limiti proprio grazie al suo apporto, a 26 anni, per chiamare al Palazzetto dello Sport di Roma numerosi scout e permettergli poi di fare il grande salto, anche per via della rinuncia all’Eurolega da parte dell’Acea.
Pare che Gigigante avesse estimatori da varie squadre, che è già un discreto segnale di rispetto. Suns, Celtics e Bucks gli avrebbero (forse, perché non è mai scontato) dato più opportunità di giocare, ma senza alcuna velleità di vincere nel breve termine. Spurs, Rockets e Grizzlies – interessi lusinghieri – gli avrebbero permesso di partecipare alla corsa verso il titolo della Western Conference, ma forse come spettatore effettivo più che come protagonista in campo, almeno inizialmente.
La scelta è dunque ricaduta sui Detroit Pistons, franchigia che quest’anno riprenderà quota e si giocherà i playoff con ottime possibilità di riuscita, dopo qualche anno grigio a causa di una cattiva gestione nel post-titolo 2004. Detroit è una via di mezzo, una scelta che pare ponderata anche per via della strutturazione di squadra, bisognosa di uno scorer con tiro da fuori.
È stato appena firmata l’ala Josh Smith (56 milioni per 4 anni per uno dei più grossi free agent del 2013), che completa un reparto lunghi competitivo e versatile con i giovani gioiellini Monroe e Drummond. Lo spot di ala piccola è debole, se si esclude qualche minuto a partita dello stesso Smith, che però ha dimostrato di essere un peso – soprattutto in attacco, dove le sue limitate skill perimetrali rimpiccioliscono terribilmente il campo – in quel ruolo.
Dunque, Datome dovrebbe avere minuti veri; la possibilità di firmare un biennale, e per di più a 3.5 milioni complessivi (Memphis offriva 900mila dollari per un anno), è una conferma che in Michigan si punta su di lui, oltre che un gustoso incentivo. Oltretutto non bisogna scordarsi che alle spalle ha già 9 anni di professionismo, un’esperienza non da poco rispetto ai suoi giovani compagni. Dall’altra parte, occhio ai facili entusiasmi: quando un europeo entra in NBA con un fisico “all’europea” l’adattamento non è quasi mai veloce.
Datome non è il solo italiano di cui si parla in questa offseason, che ha già visto Dwight Howard “pugnalare” i Lakers per costruire una nuova potenza a Houston insieme al Barba Harden, la razzia di Brooklyn a Boston per sfidare Miami, Cleveland che scommette (ottimamente, vale a dire con le dovute precauzioni contrattuali) sul fisico di Bynum, Iguodala che rinforza una Golden State sempre più pericolosa.
Marco Belinelli ha compiuto una scelta più che lodevole, professionalmente parlando, accettando di prendere solo 6 milioni in due anni a San Antonio, dove troverà una delle organizzazioni al top dello sport mondiale e potrà essere un ingranaggio del sistema di Popovich; pare che i rampanti Cavaliers gli avessero offerto molto di più, ma il bolognese ha preferito accasarsi in Texas, in una realtà con garanzie di successo, da anni terreno fertilissimo per gli europei.
Dopo aver mostrato doti (tiro, grandi letture del pick’n’roll, pulizia tecnica, e i maroni mostrati nei playoff, metaforicamente e non) che sembrano perfettamente aderenti alla filosofia Spurs, il Beli dovrebbe avere minuti importanti, che a San Antonio in regular season non si negano mai a nessuno, tanto meno ad un giocatore che ha dimostrato duttilità e grande capacità di produrre all’interno di sistemi ordinati.
Con Danilo Gallinari unico fermo fra i nuovi tre moschettieri più uno, anche Andrea Bargnani s’è spostato, verso New York, sponda Knicks. Sulla sua sistemazione, più domande che certezze: Stoudemire andrà via per fargli spazio? Quanto può fruttare un quintetto con ‘Melo Anthony, il Mago e Chandler insieme? E una coppia di lunghi Anthony-Bargnani è sostenibile difensivamente? Tanti dubbi, forse troppi in una realtà come quella newyorkese; sicuramente il romano può ripartire da zero dopo un paio d’anni di smarrimento, giocando per la prima volta in una squadra d’élite (a margine, indosserà il numero 77).
In un’estate scoppiettante, per l’intera Lega e in particolare per l’Italia, il rammarico più grosso è pensare che mancano ancora tre mesi e mezzo prima di poter giudicare le scelte dei moschettieri. Osservare l’adattamento in nuove realtà, studiare i minutaggi, percepire l’emozione nei loro occhi: in generale, godersi lo spettacolo di quattro italianissime facce nella Lega migliore del mondo. E soprattutto, chi interpreterà D’Artagnan?
Una risposta
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