Grandi prove per il Nabucco e per la Ricerca
Il Teatro dell’Opera di Roma, BNL e Telethon insieme aprono le porte alle prove generali del Nabucco di Verdi diretto dal Maestro Riccardo Muti. E voce a importanti risultati nella ricerca genica
di Valentina Palermi
“Una bellissima coincidenza”. Così Fabio Gallia, Amministratore Delegato e Direttore Generale di BNL, definisce l’appuntamento con le prove generali del Nabucco di Giuseppe Verdi, che hanno avuto luogo al Teatro dell’Opera di Roma lo scorso giovedì 11 luglio.
Cento anni per la Banca Nazionale del Lavoro, e duecento dalla nascita del compositore italiano, vengono celebrati con un evento a sostegno di Telethon e della Ricerca, alla presenza Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione, e del Professor Luigi Naldini, direttore dell’ Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget), che insieme annunciano il raggiungimento di importanti obiettivi nella cura di malattie genetiche come la la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich, risultato di un complesso e lungo lavoro portato avanti da un’équipe di 70 persone.
L’emozione e la passione che muovono l’impegno di questi ricercatori, lascia spazio a quella di un’orchestra altrettanto numerosa, pronta ad essere diretta dal Maestro Riccardo Muti, e del pubblico del Teatro Costanzi, pronto ad accoglierlo con un fragoroso applauso, che al suo ingresso rompe il religioso silenzio. La semplice eleganza del suo abbigliamento e la leggerezza dei gesti che le mani compiono fendendo l’aria contrastano con l’impeto dell’opera dalle prime note.
Il sipario si alza sul Coro del Teatro dell’Opera (diretto da Roberto Gabbiani) ornato dalle bianche vesti dei costumi di Maurizio Millenotti, che candide si stagliano sulla lavica scena dell’interno del Tempio di Salomone (e la regia) curate da Jean-Paul Scarpitta. Le cromie degli abiti di scena seguono per tutta la rappresentazione l’alito vitale dei suoi personaggi, come anche quelli secondari (Il Gran Sacerdote di Belo – Luca Dall’Amico; Abdallo – Saverio Fiore; Anna Simge – Büyükedes).
Nell’imponente geometria dei ricami e delle quinte, si staglia su Gerusalemme e negli appartamenti della reggia di Babilonia, tra gli orti pensili e le sponde dell’Eufrate, la potenza delle loro voci e di quelle del re Nabucodonosor (il baritono Luca Salsi), del gran pontefice degli ebrei Zaccaria (il basso Riccardo Zanellato) e di Ismaele (il tenore Francesco Meli), nipote del re degli ebrei, che annuncia l’avanzata senza freno di Nabucco e dei suoi guerrieri. All’orizzonte si stagliano le ombre dei soldati, metalliche, lignee, fredde e funeste come l’ira del re di Babilonia che accorre a salvare la figlia Fenena (il mezzosoprano Sonia Ganassi), affidata come ostaggio a Ismaele. Segretamente innamorati l’uno dell’altra e complici della loro libertà.
“Una furia è questo amore, vita o morte ti può dare”. Le voci degli amanti, come anime sole si uniscono in contrappunto le une alle altre con l’apparizione di Abigaille (la soprano Tatiana Serjan), che riporta le tenebre. Schiava creduta figlia primogenita di Nabucco, della sorella vorrebbe avere l’oggetto del desiderio, del padre la corona. Lei, che se il suo sentimento per Ismaele non potrà essere appagato, allora darà sfogo a tutto il suo livore per il popolo ebraico, unico modo perché “del perduto incanto” le torni “un giorno sol”.
Dapprima lente, poi veloci corrono le nuvole, pannelli plumbei su un leggero clivo brullo. La luna lascia spazio alla tempesta, che imperversa sulla folla, colpendo tra loro con un suo fulmine il re babilonese. Nabucco poderoso, ora debole e impaurito, ma pur sempre orgoglioso, rimane così vittima dell’ardente attesa di Abigaille del suo “giorno di gloria”, nel quale sale incontrastata al trono.
Torna poi la luna, nascosta da un velo onirico, alla luce della quale il popolo ebreo, costretto al lavoro e in catene, intona un silente “Va pensiero” alla patria perduta, mossi dal doloroso e nostalgico ricordo del Giordano, di Gerusalemme e del suolo natio.
Quando Nabucco si desta da un sonno pieno di incubi, il Maestro Muti rimane abbagliato da una luce impertinente che per pochi istanti lo riporta al centro dell’attenzione del pubblico, trasportato dalla preghiera implorante del re babilonese al Dio degli ebrei, e dal precipitoso tentativo di andare a salvare Fenena e punire quelli che lo hanno tradito. La libertà giunge anche per gli ebrei, che hanno il permesso di ritornare in patria, e Nabucco esorta tutti a prostrarsi all’“Immenso Jehovah”, adorato anche da Abigaille, negli istanti prima di morire suicida.
Il sipario scende e i sorrisi e le emozioni degli interpreti vengono in superficie. Sale sul palco anche il Maestro Muti per raccogliere la gratitudine e gli applausi del Teatro, senza dimenticare di ringraziare ogni singolo elemento dell’orchestra che ha contribuito in quest’occasione a rendere ancora più corale quest’opera.
La sua forza? Una grande prova generale, per il Nabucco, per la Cultura, per la Ricerca.