“Una noce dentro un sacco non fa rumore”: il caso delle dimissioni del sindaco Lanzetta
Il primo cittadino di Monasterace, nella Locride, aveva scelto di lasciare già un anno fa: aveva ritirato la decisione in seguito all’intervento della politica nazionale
di Guglielmo Sano
Maria Carmela Lanzetta è stata il sindaco, coraggioso e coerente, di un comune di poco più 3.500 anime, Monasterace, in Provincia di Reggio Calabria. Da una settimana ha deciso di rinunciare al suo incarico “causa ‘ndrangheta”. Già un anno fa aveva deciso di dimettersi in seguito alle minacce subite ma, dopo l’intervento del segretario del suo partito, Pierluigi Bersani, aveva fatto marcia indietro.
Senza retorica, con pacatezza ma ostinatamente, Lanzetta ha affrontato la sfida alla malavita organizzata, dal primo momento successivo alla sua elezione: con il coraggio di ogni giorno, difendendo i cittadini onesti con scelte concrete e penalizzando quelli meno corretti, nei confronti delle istituzioni e del bene comune.
A Monasterace, la ‘ndrangheta è una presenza forte e tangibile, è territorio della famiglia Ruga. Ma come spesso accade oltre alle attività criminose, in senso stretto, la malavita si oppone a ogni tipo di crescita della coscienza civica e nella maggior parte dei casi opera per sostituire a essa una mentalità omertosa e parassitaria. Una mentalità funzionale ai suoi interessi e alla necessità di controllo non solo degli affari ma della mente, spesso dell’anima, delle persone che abitano in un determinato territorio.
Nel piccolo comune della Locride in molti si rifiutavano di pagare i consumi dell’acqua. Il sindaco Lanzetta, dopo numerosi avvisi, decise di interrompere l’erogazione per i morosi. Una scelta in qualche modo estrema, ma anche l’unico modo di tutelare quei cittadini che, pur non navigando nell’oro, i consumi li pagavano lo stesso. Una decisione che potrebbe perfino rientrare nella normalità dei doveri di un amministratore locale, ma che in terre come la Calabria assume il carattere dell’eccezionalità.
Probabilmente quest’ultimo atto rappresentò la famosa “goccia che fa traboccare il vaso” per il crimine cittadino. Non passò molto tempo e la macchina del sindaco venne trivellata di colpi e la farmacia dove lavorava prima dell’elezione fu danneggiata nello stesso modo. Ancora prima era stata data alle fiamme determinando l’assegnazione della scorta da parte dell’autorità competente. L’escalation degli atti intimidatori divenne insostenibile per il sindaco che, infatti, decise di dimettersi.
A questo punto intervenne Bersani, che in qualche modo convinse il sindaco Lanzetta a ritirare la decisione, anche perché le stava per essere assegnato l’ennesimo premio per la lotta alla mafia, in particolare quello intitolato alla memoria di un altro “eroe del quotidiano” qual era Giorgio Ambrosoli. Alla conferenza stampa, in presenza di Bersani, in cui (ri)accettava il suo mandato, Maria Carmela Lanzetta mostrò una maglietta con su scritto, in dialetto calabrese, “una noce dentro a un sacco non fa rumore”.
Un grido di aiuto rivolto all’attenzione in primis del suo partito che le promise la candidatura alle politiche, senza naturalmente mantenere l’impegno, in seconda battuta del governo e degli apparati statali, che spesso lasciano soli proprio quegli amministratori locali che giocano la partita più importante per lo Stato: quella contro l’anti-Stato, che vuole dettare leggi ma anche norme di comportamento criminali e socialmente dannose.
Ultimamente un ex-impiegato del comune calabrese è stato indagato e rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Il sindaco Lanzetta voleva che la sua giunta la sostenesse nella scelta di dichiararsi parte civile nel processo che lo vedrà coinvolto. Solo un assessore ha voluto appoggiarla nella sua lotta di giustizia che, d’altra parte, avrebbe anche permesso al Comune di essere risarcito degli ingenti danni economici dovuti alle sospette amicizie di alcuni dei suoi dipendenti.
In questi giorni il sindaco di Monasterace avrebbe dovuto incontrare il Presidente della Camera Laura Boldrini, ma per affermare i diritti della cittadinanza onesta Lanzetta non aveva altra scelta se non quella di ripresentare le proprie dimissioni. Le è stato impedito di ottenere gli strumenti per difendersi e per difendere chi in lei ha creduto, è stata ostacolata nella sua piccola-grande lotta, ancor prima che dalla ‘ndrangheta, da una politica cieca e sorda. A volte il dubbio resta: che il silenzio di Roma e di Reggio su tante di queste vicende, simili al caso del sindaco Lanzetta, sia un sintomo di una malattia ben più grave del disinteresse?
Link di approfondimento
http://www.articolotre.com/2013/07/si-dimette-maria-carmela-lanzetta-sindaco-antimafia/186983
http://www.scirocconews.it/index.php/2013/07/10/calabria-la-solitudine-delle-numere-prime
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/monasterace-maria-carmela-lanzetta-ndrangheta-1177410