Caso Kazakistan: ministri a propria insaputa, accordi petroliferi e “cattive amicizie”
Ancora una volta l’Italia fa un passo falso in politica estera: come sempre la colpa non è di nessuno
di Guglielmo Sano
Di Kazakistan, nelle cronache nostrane, non se ne discute spesso, più esattamente non se ne discute mai. Oltre al ristretto gruppo di specialisti che si occupano della storia, della società e delle vicende politiche dei paesi dell’ex blocco sovietico: la maggior parte degli italiani, probabilmente, non sa neanche dove si trova il paese dei “cosacchi”.
Negli ultimi giorni il paese euroasiatico, con inusitata ma giustificata violenza, è giunto alla ribalta delle cronache nazionali, fino ad intasarle: il governo Letta, ai suoi massimi livelli, sprezzante di leggi e normative interne, ha autorizzato e concretamente lavorato per attuare l’espulsione di una donna e della sua piccola figlia, proprio verso il Kazakistan (che poi è il loro luogo di provenienza).
L’azione di per sé deprecabile, assume un valore particolare se consideriamo chi sono le vittime del grave abuso, da chi tale abuso è stato ordinato, chi ne è stato attore, consapevolmente in malafede, chi testimone silenzioso e colpevole.
I fatti si sono svolti alla fine di maggio, tra il 28 e il 31, siamo nei pressi di Roma, località Casal Palocco. In una villa in affitto abitano Alma Shalabayeva insieme con la sua figlioletta di pochi anni Alua Ablyazova. Sono la moglie e la figlia di Mukhtar Ablyazov, personaggio controverso della politica kazaka.
Quest’ultimo abita a Londra, dal 2011 è rifugiato politico. La sua famiglia dopo aver ottenuto un permesso di soggiorno in Lettonia, ma valido in tutta l’Ue, si è trasferita in Italia. La piccola Alua frequentava una scuola romana, particolare che indicherebbe la volontà degli Ablyazov di trattenersi nel nostro paese.
Ablyazov è stato un’importante imprenditore e uomo politico kazako, era tra le giovani promesse della nuova classe di politici-businessmen voluta dal dittatore Nazarbayev, che addirittura gli affidò il ministero dell’energia (il più importante in un paese petrolifero quale è il Kazakistan). Nel 2001 si è dissociato dal suo “maestro”, fondando un proprio partito e passando all’opposizione.
Dopo essere stato rinchiuso per diversi anni in galera, per motivi (solo apparentemente) lontani dalla politica, venne rilasciato in seguito alle pressioni di alcune associazioni umanitarie e dal Parlamento Europeo.
Da allora non può tornare in Kazakistan, ma neanche in Russia, perché su di lui pesa un mandato di cattura, dovuto all’accusa di aver sottratto quasi 5 milioni di euro alla Banca che ne ha fatto un ricco oligarca: la BTA. Quest’ultima, da lui acquistata nel 1998, è ormai saldamente nelle mani del regime di Astana. Non è stata ancora totalmente chiarita la sua estraneità ai fatti che gli sono contestati.
Ablyazov è sfuggito a vari tentativi di omicidio, suo figlio è riuscito a salvarsi da un rapimento, per sua moglie e sua figlia invece la fortuna è stata diversa. Erano in casa quando una quarantina di uomini della Digos fanno irruzione: è il primo blitz, la Shalabayeva sarà portata in Questura e successivamente in un centro di “detenzione” temporanea prima di essere imbarcata su un aereo, a quanto pare messo a disposizione dall’Austria, in direzione Kazakistan.
Alla moglie di Ablyazov viene contestata l’autenticità e la validità dei documenti che ne garantiscono la permanenza in Italia. I suoi avvocati dimostreranno l’inattendibilità della contestazione e riusciranno a bloccare per qualche momento l’aereo ma l’ordine di partire scavalca anche le disposizioni della Magistratura, grazie alle oscure manovre dell’ambasciatore kazako a Roma Yelemenessov.
Successivamente al blitz del 28 maggio, la polizia si recherà altre due volte nella villa di Casal Palocco: giorno 29, gli agenti mostreranno dei mandati di perquisizione prima di entrare in casa della signora Ablyazov, cosa che non avevano fatto la notte del “rapimento” della Shalabayeva, per continuare a cercare degli elementi che potessero ricondurre ad Ablyazov, per poi, il 31 maggio, portare via anche la piccola Alua che verrà, infine, deportata insieme alla madre.
Sembra che adesso la moglie del dissidente sia costretta agli arresti domiciliari presso la casa del padre nella città di Almaty, ma le autorità kazake hanno voluto informare la Farnesina dell’infondatezza di tali indiscrezioni affermando che, per la Shalabayeva, è stato disposto solo il divieto di lasciare il paese senza autorizzazione.
Il governo sapeva? Il ministro degli esteri Emma Bonino e il vicepresidente del consiglio Angelino Alfano potevano non sapere che, sotto il loro naso, si stava svolgendo una tale violazione dei diritti, non solo politici, ma anche umani, vista la notoria crudeltà del regime kazako nei confronti degli oppositori? Naturalmente no, ma anche se fosse vero la situazione non sarebbe migliore: un ministro è pagato per “sapere”, tra l’altro, per l’articolo 95 della Costituzione è responsabile, personalmente, degli atti del suo dicastero. Che sappia o meno.
Nello specifico, però, sembra difficile che il governo fosse all’oscuro dell’operazione: risulterebbe anche dalla corrispondenza delle autorità kazake, che chiaramente chiedono la deportazione della moglie di Ablyazov, con quelle italiane.
Messaggi venuti fuori dopo che, il capo della Polizia Pansa aveva profuso notevoli energie nella difesa del Ministro degli Interni che, d’altra parte, è il suo diretto superiore: tanto per sottolineare che non lo avrmbbe mai messo in difficoltà.
Il Capo-gabinetto di Alfano, Procaccini, ha già fatto un passo indietro, anche se da parte sua afferma di aver informato il ministro. Dopo essere stato salvato dalla mozione di sfiducia proposta da M5S e Sel, grazie alle larghe intese, Alfano ha predisposto un “giro di vite” per i vertici degli Interni, le sue dimissioni sembrano da escludere al momento, anche se la situazione sembra aggravarsi di ora in ora, non solo per lui ma per tutto il governo.
Il caso ricorda quello dell’imam di Milano Abu Omar, rapito e deportato in Egitto per fare un favore all’alleato americano. Questa volta più che un favore sembra una scelta obbligata per mantenere “idilliaci” i già ottimi rapporti commerciali che legano il nostro paese a quello di Nazarbayev.
L’ENI ha investito notevoli risorse per sfruttare i giacimenti petroliferi e di gas kazaki, ed è noto poi, anche se oggi nega, l’ottimo rapporto del nostro ex Presidente del Consiglio Berlusconi con il dittatore del Kazakistan.
Qualche tempo fa, l’Italia si era candidata a ospitare i mondiali di Basket, Berlusconi scioccava un importante esponente dell’associazione internazionale di pallacanestro raccontando i mirabolanti Bunga Bunga organizzati per lui dal “premier” di Astana. Questi sono i risultati dei grandi “inciuci”, alla fine si condividono anche le “cattive compagnie”.
Link approfondimento
http://www.today.it/politica/caso-shalabayeva-petrolio-kazakistan.html
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/20/caso-kazakistan-carta-smentisce-alfano-deportate-moglie-di-ablyazov/661834/
http://www.blitzquotidiano.it/berlusconi/il-fatto-nazarbayev-bunga-bunga-berlusconi-1623166/