Ciclismo: tutto come previsto, Froome domina il Tour numero 100
L’inglese nato in Kenya vince su un grande Quintana. Kittel re delle volate, Trentin unica gioia italiana
di Stefano Brienza
@BrienzaStefano
Con un verdetto insindacabile e sfacciato, è Christopher Froome il vincitore del Tour numero 100, una delle edizioni più attese della storia della corsa a tappe più prestigiosa del mondo. Lo si potrebbe ribattezzare Tour de Froome, visto il dominio che ha contraddistinto questa Grande Boucle 2013.
Secondo inglese a vincere il Tour dopo il compagno di squadra Wiggins l’anno scorso, con Sir Wiggo a riposo dopo un Giro disastroso, Froome ha goduto di tutta la libertà che non ebbe nella scorsa corsa gialla, quando da gregario di lusso arrivò secondo, dopo aver aspettato il capitano in montagna. Si disse che senza ordini di scuderia avrebbe potuto trionfare lui, ma in fondo doveva solo pazientare un anno.
Per lui un Tour ai limiti della perfezione: imprendibile in salita quando decide di scattare (ma senza mai alzarsi sui pedali), quasi mai in difficoltà dopo attacchi altrui, secondo a 12” dal super specialista Martin nella cronometro piana, vincitore di tappa sia sui Pirenei, che sulle Alpi, che nella crono più dura. L’unico neo, una crisi di fame alla terzultima tappa prontamente bloccata dall’aiuto del compagno Richie Porte (altro fenomeno, di mestiere gregario di lusso), con una procedura peraltro illegale e penalizzata con 20”.
Questo Froome è spesso stato definito un automa, un luccicante prodotto in scatola del Team Sky. Quasi computerizzato, con la testa sempre volta verso l’apparecchio tecnologico montato sul manubrio che gli comunica quanti watt sta generando, e quasi immacolato nel suo intercedere. Com’è ovvio che sia, la sua apparente assenza di debolezze lo pone in una situazione molto delicata in un mondo come quello del ciclismo, nel Tour successivo alla squalifica di Armstrong.
Il confine fra legittimo dubbio, sospetto infondato e paranoia è molto labile, e quelle sul doping sono tutte congetture fino al momento della verità. Quantomeno stavolta non ci vorranno, si spera, anni per scoprirla: l’inglese è stato controllato ben 19 volte durante la Grande Boucle. Se dovesse risultare tutto regolare, però, pronti a decantare le lodi di uno che non s’era mai visto, per tanti motivi.
Un metro e 85 centimetri, magrissimo, nato in Kenya da genitori inglesi, e quella capacità unica di produrre scatti secchi di una violenza inaudita, sorpassando gli avversari a velocità doppia senza mai il bisogno di alzarsi sulle gambe, quasi a dimostrare la propria superiorità. È sembrato quasi che, a parte pallide speranze, i suoi concorrenti già conoscessero il loro destino.
Alberto Contador è finito persino giù dal podio dopo aver rappresentato la minaccia numero uno per Froome per quasi tutto il Tour. Lo spagnolo non è più quello del pre-squalifica. Valverde aveva ottime speranze di podio, ma è naufragato in una tappa di pianura nella quale il ds della Saxo (squadra di Contador e Kreuziger, finiti quarto e quinto) Bjarne Riis ha sfruttato a suo piacimento i venti del centro della Francia, offrendo uno spettacolo raro e grande movimento sia all’interno della tappa che in classifica.
Gioisce la Germania, vincitrice di sei tappe, di cui quattro con Marcel Kittel. Il giovane velocista ha dominato le volate, dalla prima con tanto di maglia gialla all’ultima, l’ambitissimo circuito degli Champs-Elysées, per la prima volta percorso in sessione serale. Un astro nascente che lascia le briciole al connazionale Greipel, a Peter Sagan e soprattutto a Cavendish, tutti vincitori di una sola tappa: per l’inglese è la venticinquesima (terzo di sempre), ma non lenisce la ferita degli schiaffi presi da Kittel.
Sagan è riuscito a completare il suo obiettivo, la seconda maglia verde (per la classifica a punti) consecutiva. Sempre davanti a lottare, il piazzamento è il suo pane. Così come la montagna è il pane di uno straordinario Nairo Quintana, colombiano esploso sulla ribalta internazionale a 23 anni con la clamorosa tripletta maglia a pois – maglia bianca dei giovani – secondo posto finale, condita dall’ultimo tappone ad Annecy. Aveva cominciato il Tour come gregario di Valverde, alla Movistar: il futuro, molto prossimo, è tutto suo.
Oltre a lui contento sicuramente Joachim Rodriguez, che agguanta un podio inaspettato dopo la prima settimana. Ed un solo italiano: il bravissimo Matteo Trentin, classe ’89, primo vincitore di tappa tricolore da tre anni a questa parte con una gran volata dopo una fuga. La consolazione? Con spagnoli e francesi (una sola tappa portata a casa, con Riblon all’Alpe d’Huez), è lotta fra poveri. Sembra follia, ma il ciclismo del 2013 è dominato da inglesi e tedeschi. Ed una gazzella keniana fa il cannibale nel Tour numero 100.
Una risposta
[…] sue spalle in questa speciale classifica, Froom, dominatore del Tour. Il britannico, liberatosi di Wiggins, non ha lasciato spazio ai rivali. Sul secondo gradino del […]