Croazia europea: la fine di una contesa
Dal 1° luglio, un nuovo Stato è parte integrante di quell’Unione Europea che cerca di estendere la sua rete anche nella complessa regione balcanica. Sullo sfondo della lunga trattativa, si è spento il fuoco di una contesa confinaria
di Martina Martelloni
Zagabria è lieta di proclamarsi Stato membro di un organizzazione regionale che con precario equilibrio sfida la linea ostile della crisi economica, sociale e finanziaria. Una crisi di fiducia dei cittadini che fa, dell’equilibrista Europa, un destreggiatore ad alto rischio caduta nel vuoto. Eppure Zagabria è stata comunque accolta, abbracciata entro gli arti di quei 27 membri che per diversi anni approcciavano con fare distaccato e puramente turistico- commerciale a questa Croazia che oggi è lieta di annunciarsi come il 28° Stato membro dell’Ue.
Cosa comporterà a Bruxelles l’entrata in scena del nuovo componente, è cosa da valutare ed attendere col tempo – anche se con la Croazia potrebbe aprirsi uno spiraglio di luce anche per il resto di quei Paesi ancora fuori dal bacio dell’Unione. Macedonia, Kosovo, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, terre dal passato conflittuale per questione etniche, religiose e conseguenti al dissolvimento della Jugoslavia titina.
Le spalle di Zagabria sono voltate ad un lungo periodo storico fatto di contese e tormenti interni ed esterni. Le guerre degli anni Novanta ne sono testimoni oculari. In quella calda regione, solo la Slovenia tra gli ex stati uscenti dalla federazione socialista, vantava il timbro di membro Ue. Ed è proprio con Lubiana che Zagabria duellò per anni una sfida diplomatica tesa a realizzare l’entrata nell’Unione.
La disputa tra i due Paesi ha riguardato, per lungo tempo, un motivo di contenzioso su acque limitrofe. Gli eventi segnano sulla linea del tempo l’anno 2004, data di patto di fedeltà sloveno all’Ue e inizio delle rivendicazioni di Lubiana per la concessione da parte di Zagabria, di un corridoio di acque extraterritoriali al di là del Golfo di Pirano così da poter affiorare in mare aperto. Una richiesta comprensibile considerando l’esiguo sbocco sul mare del territorio sloveno a sud del Golfo di Trieste
I continui rifiuti croati hanno avuto, come controparte, una netta posizione sfavorevole della Slovenia nel consentire l’abbraccio dell’Unione alla Croazia, e questo è stato possibile grazie al diritto di veto sui nuovi ingressi che detiene la rappresentanza slovena in sede comunitaria.
Soltanto nel 2009, tra le due parti, si giunse ad un fantomatico compromesso secondo cui la Croazia si impegnò a non presentare le proprie carte geografiche riguardanti le acque territoriali, nel momento di presentazione dell’adesione all’Unione Europea. Soddisfatta dell’atto promesso dai croati, Lubiana ha potuto così evitare di porre il veto lasciando strada spianata alla Croazia per quella che dal 1 luglio è la ventottesima adesione all’organizzazione continentale.
La risoluzione della contesa confinaria sulle acque di mare, è stata possibile secondo la definizione di una linea di confine negoziata tra le due parti. Tornando alla neo matricola Ue, non vanno dimenticati quei fili storici che intrecciano incomprensioni socio-demografiche che non hanno mai consentito a nessuno di poter parlare di “nazione croata”. In tanti, troppi hanno calpestato e rubato quel territorio scoglioso – prima ungheresi, poi serbi, tedeschi, italiani, austriaci, rom, turchi. Una eterogeneità così vasta che ha reso la Croazia una terra indefinita che, tuttavia, oggi brinda a suon di stellette per l’entrata nell’Unione.
I cittadini, i croati, con mezzo sorriso tengono occhi ed orecchie sbarrati temendo un futuro incerto dovuto proprio all’appartenenza ora siglata con un continente europeo sempre più equilibrista scapestrato ma che comunque potrebbe risanare, nel Paese, un po’ di quell’ordine e guida facoltosa che tanto Bruxelles ama decantare ai suoi adepti.
Il confine, è risaputo, rappresenta terra difficile da controllare, da accettare, da tollerare, e lo è triplicamente di più se gli Stati che convivono spalla a spalla condividono un passato ad alto livello di travaglio.
Così è stato per Sloveni e Croati, popoli che nella Storia han sempre cercato di far valere la loro nazionalità pur calpestando terra dalle radici diverse, con etnie, culture, religioni variopinte. Tra le tante vicende e peripezie, molte hanno fatto si che i due Paesi sopravvivessero alle stesse tempeste straniere, alle medesime guerre regionali, alle incorporazioni in epoca asburgica, e poi il Regno di Jugoslavia solo retroscena di quella che sarà poi la stretta socialista dal secondo dopo guerra.
Un legame è presente e incancellabile. Che lo accettino o meno, la realtà ed i libri raccontano di un’unica linea del tempo per Slovenia e Croazia, che poi ha scelto di ramificarsi prendendo vie separate e che solo oggi, nel 2013, dopo anni ed anni di trattative, confronti e dibattiti a livello europeo, ritornano ad essere conviventi di un medesimo destino dalle mira comunitarie.