Un Paese di poeti, santi e scommettitori: il gioco d’azzardo è la “terza impresa” italiana
Bingo, videopoker, scommesse sportive e “gratta e vinci”: in Italia spendiamo quasi 1.500 euro a testa per tentare la “fortuna”
di Guglielmo Sano
Quanto costa la speranza di cambiare la propria vita in un attimo? In Italia, secondo i dati forniti da Libera, spendiamo 1.450 euro pro capite, 1.890 contando solo i maggiorenni. Bingo, videopoker, slot-machine e “gratta e vinci”: 800.000 italiani ne sono vittime patologiche, quasi due milioni di giocatori sono a rischio “dipendenza”.
Dopo ENEL ed ENI, il gioco d’azzardo, è la “terza impresa del nostro Paese, ma ha già messo la freccia e si prepara a diventare la seconda. Bilanci sempre in attivo e in continua crescita: si contano 80 miliardi di guadagno legale a cui ne vanno sommati (almeno) dieci di profitto illegale (secondo le stime del 2011).
La “crisi” non ha messo in difficoltà il settore, se consideriamo che (secondo le statistiche che fanno riferimento ai primi mesi del 2012) si contano su tutto il territorio nazionale più si 6.000 agenzie di scommesse. Senza parlare dei profitti, in aumento del 10%, che ormai sfiorano i 105 miliardi di euro, sommando autorizzato e sommerso.
Dal 1990 il ricavato del gioco d’azzardo è cresciuto dell’810%, ormai rappresenta il 5% del PIL. Primi tra i Paesi europei, terzi nel mondo dietro Stati Uniti e Giappone: considerando anche i guadagni legati al comparto illegale, riportati nelle ultime stime, presto potremmo guadagnarci il primato mondiale. Benvenuti ad “Azzardopoli”!
Gongolano i concessionari autorizzati dallo Stato tra i quali vi sono Lottomatica, Sisal, Snai, Bplus, G.Matica, Cogetech, Gamenet, Hbg, Cirsa, Codere, ma gli affari vanno bene anche per i “soliti noti seduti al tavolo verde”. Dai Bidognetti, agli Schiavone per arrivare fino ai Santapaola e ai Lo Piccolo: sono ben 49 i clan che gestiscono il gioco illegale, “da Chivasso a Caltanissetta, passando per la Via Emilia e la Capitale”.
Ma i punti oscuri della questione non si fermano unicamente al coinvolgimento delle associazioni mafiose. La “cupola” delle 10 sorelle elencate sopra ha beneficiato nel 2009 di una norma, contenuta nel decreto “Abruzzo”, che ne ha aumentato notevolmente gli introiti.
Si presentarono come le salvatrici delle città colpite dal sisma e fecero in modo di installare una fitta rete di macchinette per la “videolotteria” (molto più lucrose delle semplici slot machine: si gioca con le banconote invece che con le monete, si possono vincere fino a 5.000 euro, mezzo milione se il montepremi è concertato a livello nazionale), che avrebbero dovuto finanziare la ricostruzione.
Ma a L’Aquila sono arrivate solo le briciole dei finanziamenti promessi dall’introduzione di nuovi “giochi”: grazie a un articolo del decreto (articolo 18, comma D, tra la riga 21 e la riga 28) solo la “quota parte delle maggiori entrate” vanno alla “ricostruzione”, dopo il 2011 questa “parte” non viene neanche più calcolata, lo ha dichiarato lo stesso Ministero dell’Economia a Il Fatto Quotidiano, in pratica i soldi entrano nelle casse dello Stato e da li non si muovono più.
Le macchinette, d’altra parte, continuano a macinare miliardi di euro e proprio in Abruzzo si arriva a spendere il 5% del proprio reddito per scommesse e gioco d’azzardo in generale. Paradossi si sommano a paradossi: di fronte a una crescita della raccolta complessiva di circa 60 miliardi, negli ultimi dieci anni, le entrate erariali sono aumentate solo di 3.
In pratica tra ruberie e interessi, collusioni con la criminalità e defiscalizzazione, disinteresse e disattenzione per il dilagare della “ludopatia”, il gioco d’azzardo per lo Stato non è più un costo sostenibile ma per salvare le casse bisogna che gli italiani giochino di più: un vero e proprio circolo vizioso. Alla situazione si oppongono solo sporadici e velleitari interventi come il decreto Balduzzi.
Nessuno oggi ricorda i nomi di Giuliana Boccenti, soffocata con un cuscino dalla propria figlia a causa dei debiti di gioco, o del capogruppo dell’ IdV del Lazio Vincenzo Maruccio, il “bombardiere del videopoker”, che è stato capace di perdere oltre 100.000 euro nella sala scommesse del tesoriere del suo stesso partito. I loro nomi si sommano a decine di migliaia di altri nomi di persone disposte a tutto per rimettere in sesto la propria vita, distrutta dalla compulsione per l’azzardo.
Magari suona più familiare il nome di Luigi Preiti. L’uomo di 49 anni è salito agli onori della cronaca per aver sparato a due Carabinieri davanti a Palazzo Chigi, rischiando di ferire anche dei passanti, tra cui una donna incinta.
Era affetto da disturbi psichiatrici quest’ultimo? No, ma era un accanito scommettitore, si era rovinato la vita a causa del videopoker, letteralmente. In tanti furono accusati di essere i mandanti di tale gesto, probabilmente i mea culpa dovevano venire dalle stesse istituzioni che hanno dato vita alla bisca legalizzata.
Per ulteriori approfondimenti
http://www.caposele5stelle.it/videolotterie-il-tesoro-fiscale-sottratto-a-laquila/