Starbuck 533 figli… e non saperlo!
Arriva il 29 agosto la commedia canadese migliore dell’anno, sul caso limite di un’inseminazione artificiale, che ha conquistato anche Steven Spielberg
di Giulia Marras
Non lasciatevi spaventare dall’imbarazzantissimo sottotitolo italiano: purtroppo ormai siamo abituati ai tanti stravolgimenti ridicoli dell’originale, che non c’è più bisogno di stupirci se ci viene il sospetto che gli adattatori abbiano una considerazione ben poco lusinghiera (per non dire di peggio) del pubblico italiano. In realtà, Starbuck non è la solita commedia tirata su da un’idea comica ma con una trama traballante, gag ridicole e personaggi macchietta. E’ invece un film sulla paternità e sulla famiglia. Se poi ne tratta basandosi sul concept dell’inseminazione artificiale allargata a 533 figli dello stesso seme, beh, non può che essere originale e divertente.
Ma non solo: la storia di David Wosniak, un quarantenne indebitato e ancora ragazzino – indossa ancora magliette di supereroi e coltiva marijuana in casa – è un’escalation che parte dal ritratto della vita scapestrata del peggior fattorino del Canada fino ad arrivare alla maturazione, seppur ritardataria, di un padre inconsapevole dotato, sotto la maschera dell’egoista pasticcione, di un grande amore verso la famiglia, gli amici e la vita. Non si finisce nel sentimentalismo banale, piuttosto nella più semplice e rassicurante dolcezza.
Insomma, qualche lacrima può scendere, siete avvertiti. Qual è la famiglia di David? Oltre i due fratelli e un padre vedovo, tutti proprietari della macelleria di famiglia, una fidanzata incinta che non nutre la minima fiducia nei suoi confronti, e ben 533 figli nati in provetta, dopo la donazione, non proprio disinteressata perché pagata profumatamente, dello sperma di David. Dopo che 142 di loro presenteranno un’istanza alla clinica per conoscere l’identità del padre, la curiosità prevarrà sulla paura iniziale e per il protagonista comincerà un’avventura alla scoperta degli adolescenti di oggi: la tossicodipendente, l’emo, l’aspirante attore, il disabile, il musicista di strada. Tutti lasciano una traccia, sullo spettatore e su David, che ne diviene “angelo custode”. Dalla sua posizione ancora di figlio, capisce subito che i ragazzi vanno incoraggiati, supportati nelle loro scelte e accompagnati con fiducia e presenza.
Scritto e diretto da Ken Scott, “Starbuck” è stato acclamato dal pubblico e dalla critica fin dalla sua uscita nel 2011, al festival di Toronto, mentre uscirà qua in Italia questo 29 agosto. Nonostante sia una produzione prevalentemente canadese però, il film ha i tratti tipici della commedia francese, la sua delicatezza, la sobrietà comica che non eccede mai nella volgarità, riuscendo a far ridere con sapiente intelligenza. Una delle ultime scene quando la coppia si ritrova a litigare sottovoce, bisbigliando parole amare, (perché e come sarebbero oggetto di spoiler) sembra quasi una voluta antitesi con la commedia moderna italiana dell’urlo e del volgare sbraitare.
La struttura narrativa ereditata dal film classico americano e un’eccellente e colorata fotografia fanno il resto. Insieme infine ad una colonna sonora internazionale molto indie/pop che ne acuisce la dolcezza.
Un equilibrio complessivo saltato all’occhio anche di Steven Spielberg che non ha aspettato un attimo per comprarne i diritti e cominciare il remake hollywoodiano – per chi scrive, assolutamente non necessario quando l’originale è la piccola perla che; ma sappiamo ormai come sono fatti gli americani quando si parla di produzioni straniere.
Certo, non si parla di capolavoro, né di mancanza di imperfezioni, ma se sceglierete di vedere Starbuck saranno due ore di intensa leggerezza.