Il gioco delle parti
Il governo di coalizione rende la sua anima progressista, mentre persecuzioni giudiziarie e finte promesse pidielline dettano l’agenda
di Adalgisa Marrocco
Berlusconi chiama, il governo Letta risponde. Siamo punto e a capo: il Pdl scalpita e il Pd si sgretola, dimostrando tutta la debolezza di un partito (pure troppo) plurale.
Il Cavaliere usa le armi del populismo, concentrandosi ancora una volta sull’accanimento giudiziario e sul tema del mattone, sempre caro agli italiani. Due argomenti diventati bandiera pidiellina già nella passata campagna elettorale, come prosecuzione del percorso pseudo-politico dello pseudo-partito degli pseudo-onesti.
Oltre ad essere uno scacco matto al traballante Partito Democratico, le ultime mosse del Pdl costituiscono un successo dal punto di vista comunicativo: preservare il ruolo di vittima giudiziaria per il leader partitico, mentre agli italiani si sussurra la bugia “niente nuove tasse”.
Gli uomini di Berlusconi si dimostrano sempre compatti in aula. Un esercito inarrestabile che fa sfoggio della propria aggressività. É ancora tempo di falchi per il centrodestra, a dispetto dell’irritazione che questi potrebbero provocare nell’elettorato moderato, in previsione di futuribili elezioni.
E anche se appare distante l’ufficiosa scadenza del governo, costituita dal semestre di presidenza UE made in Italy, il clima che si respira è bellicoso. Ma con un attacco a senso unico. Infatti, il Partito Democratico non solo è incapace di imporre temi, ma sembra inadatto perfino a costruire una trincea personale di natura politica e comunicativa.
Risaputo è che il Pd sia dilaniato da correnti e scissioni interne. Ormai però abbiamo anche la conferma che il governo di coalizione centrosinistra-centrodestra ha come condicio sine qua non la resa della sua anima progressista. Volendo usare una metafora grammaticale, la frammentazione democratica si comporta come una doppia negazione in inglese: invece di negare, la frase afferma e perde di senso. Ed ha perso di senso anche il Pd, già da tempo.
Poche rimangono le speranze che, dopo la baraonda IMU, il governo Letta riesca a portare in aula la discussione sulla legge elettorale. I riflettori verranno manovrati ancora una volta dal Pdl, concentratissimo (neanche a dirlo) sulla sentenza senatoria per la decadenza di Berlusconi ed i correlati effetti postumi.
Eppure Enrico Letta, intervistato dal TG5, rassicura: “La faccenda Berlusconi è importante, ma riguarda il Senato e la giunta. Il governo è un’altra cosa e credo che gli italiani apprezzino questa distinzione”. Sembra quasi uno scherzo che il presidente del Consiglio abbia affidato tali dichiarazioni proprio al telegiornale dell’ammiraglia Mediaset. E sembra mancanza di rispetto per l’intelligenza dei cittadini voler far passare l’idea che l’esecutivo, già minacciato di stacco della spina, non dovrà effettuare alcuna deviazione di percorso a causa della sentenza diritti TV.
A riprova del fatto il governo avverta le scosse sismiche dei guai berlusconiani, giunge notizia della nomina di quattro nuovi Senatori a vita da parte di Napolitano. Al di là degli indiscussi meriti individuali, i quattro nuovi nomi fungeranno da tappabuchi nel caso all’ala democratica dovessero mancare i numeri in aula.
Nel gioco della parti, a perdere è l’Italia.
(fonte immagine: http://www.dagospia.com)