Una via per la Catalogna
Lo scorso 11 settembre migliaia di catalani si sono radunati formando una lunga catena umana per chiedere l’indipendenza della regione
di Maria Bonillo Vidal
Catalogna, anno 2013. Anche quest’anno l’11 settembre è arrivato e con esso la “Diada” – ossia la festa della comunità catalana – e gli immancabili dibattiti sul tema dell’indipendenza. Quest’anno i media hanno cominciato a scaldare l’ambiente già qualche giorno prima della ricorrenza: dichiarazioni del presidente catalano Artur Mas; puntuali risposte da parte dei membri del Partito Popolare, che governa in Spagna; immagini di bandiere “indipendentiste”; testimonianze varie da parte dei “cittadini” catalani. Catalogna, anno 2013. E anche per quest’anno, per due o tre settimane è tornata alta l’intensità del discorso sul “fantasma del catalanismo” – agitato da alcuni, applaudito da altri. Riflettori spenti su Gibilterra, sui tagli, sulla crisi, sui problemi di corruzione che investono Governo e Casa Reale. Ritorna il dilemma: la Spagna si dividerà?
Quest’anno i catalani hanno risposto con una catena umana che, lunga piú di 400 km, percorreva tutta la Catalogna da nord a sud. Tenendosi mano nella mano lungo autostrade occupate per protesta, i catalani hanno chiesto ai propri governatori – e a quelli spagnoli soprattutto – che li ascoltassero. L’obiettivo era quello di creare una sorta di “Via Catalana”, per richiamare l’attenzione su una consultazione sovrana e popolare per il 2014 – anno in cui il presidente catalano dovrebbe convocare un referendum.
Con questa promessa, infatti, Artur Mas ha vinto le elezioni autonome del 2012: “Adesso Mas deve convocare il referendum”, sostengono le migliaia di persone che hanno partecipato alla catena umana – sono passati ormai due anni da quella mega-manifestazione in cui sembrava che il giorno dopo Catalogna sarebbe stata indipendente ma niente è accaduto, fin’ora.
La “via catalana” è iniziata alle ore 17:14, poichè fu nel 1714 che Barcellona perse la propria battaglia contro le truppe borboniche – sostanzialmente si tratta della commemorazione della caduta del regno in mani castigliane, dunque. Da allora sono passati esattamente tre secoli (300 anni, nel 2014), e le voci che urlano contro la Spagna sono ancora tante: “spoglio fiscale” e uso della lingua sono un po’ la versione moderna di un attacco militare – ma benché normalizzate, entrambe le questioni sono ancora un punto critico nel rapporto tra Spagna e Catalogna.
Come ogni anno, contro l’indipendentismo catalano si sono sollevate voci polemiche. La prima da parte del governo spagnolo, che ha affermato che “Bisogna rivedere la Costituzione, che è chiara” – come ha affermato la vicepresidente Soraya Sáez de Santamaria. Frattanto è trapelato che il presidente catalano ha spedito una lettera a Mariano Rajoy, chiedendo lui una consultazione. “Possiamo lavorare insieme al dialogo, senza data di scadenza” – ha risposto il premier spagnolo. Da Bruxelles lo spagnolo Joaquin Almunia, vicepresidente della Comissione Europea, ha dichiarato che la UE vede “con preocupazione” lo sviluppo del “processo catalano”, ma che uno stato catalano non esisterebbe dentro della Unione.
E’ passata già una settimana, ma i dialoghi sembrano continuare su diversi fronti: con la Spagna, con l’Europa, all’interno della stessa Catalogna. Frattanto si pensa già alla Diada del prossimo anno. “Speriamo sia per festeggiare, non per commemorare una sconfitta”, augurano i nazionalisti.