La Francia vince l’Eurobasket. L’Italia chiude all’8° posto.
Niente Mondiali per gli azzurri. Bilancio amaro per gli uomini di Pianigiani
di Laura Fois
Francia, Lituania e Spagna. È questo il medagliere degli Europei 2013 finiti ieri in Slovenia. L’oro è stato vinto dalla squadra che più è cresciuta nel corso del torneo, capace di permettersi che il suo miglior giocatore (Tony Parker) restasse quasi a guardare la prima finale continentale vinta da una selezione francese. Il senso di questa vittoria l’ha spiegata proprio Parker: “Ringrazio i miei compagni di squadra che hanno sempre creduto in me. Nel 2000 con Pietrus e Turiaf vincemmo l’Europeo a livello giovanile. Ci eravamo giurati di vincerlo anche a livello senior. Sono passati 13 dal mio primo tentativo, e tutte queste sconfitte non sono state un male. Il basket francese viene da molto lontano, l’attesa ci ha permesso di migliorare tanto. Prima della partita coach Collet mi ha detto: ‘Fidati dei tuoi compagni, se fai 10 punti oggi vinciamo. Hai fatto il tuo lavoro (32 punti in semifinale, ndr), ora è compito loro’. Aveva ragione”.
La finale per l’oro (80-66 il risultato finale) si è chiusa già al secondo quarto, e la Lituania non ha potuto fare altro che limitare i danni, ma questa Francia era troppo forte, e troppo completa. Capace, soprattutto, di liberarsi dal complesso d’inferiorità con le furie rosse spagnole, battute in semifinale per quella che per molti è stata la vera finale della rassegna europea. I lituani acchiappano comunque un argento meritato, e tra loro Kleiza è stato votato giustamente tra i migliori 5 del torneo (insieme a Parker, Dragic, Bogdanovic, Gasol). Neanche la finale per il bronzo ha avuto storia, con la Spagna sempre avanti contro la Croazia, e che sale sul podio per la quarta volta consecutiva in un Europeo (92-66).
L’Italia ha fatto un percorso a ritroso rispetto alle squadre che occupano i primi posti del medagliere finale. Non soltanto in termini di vittorie, ma soprattutto a livello di atteggiamento mentale. È questo, soprattutto, che è mancato agli uomini di Pianigiani, che sconsolato ha dato in pasto alla stampa dei commenti alla stampa piuttosto deboli: “Siamo in mano a troppi fattori”, “Non posso chiedere di più ai ragazzi”, “Vedremo quel che succederà”, “Questa delusione ci prende allo stomaco”, “Accetto consigli, ne ho davvero bisogno!”. Sarebbe riduttivo, comunque, affibbiare tutte le colpe al coach azzurro. Le varie rinunce causa pressoché infortuni (da Bargnani ad Hackett, da Mancinelli a Gallinari) hanno pesato, soprattutto in termini di centimetri. La nostra panchina sarebbe stata più profonda e saremmo stati coperti in ogni ruolo. Non si dimentichi neanche che il nostro paese da troppo tempo non sforna dei lunghi e il settore giovanile si ritrova spesso a non riuscire a investire in un potenziale che poi spesso si perde in panchina a guardare americani e comunitari che sfrecciano. Da questo punto di vista, le politiche di italianizzazione non sono certo pensate per il lungo periodo di un intero movimento.
Tornando a questa nazionale, è pure vero che non è stata mai capace di reinventarsi: non si è mai provato ad andare a zona o a giocare un’alternativa d’attacco diversa al pick-and-roll. I cambi sono stati sempre gli stessi e puntuali, e troppe volte i palloni hanno pesato nelle mani di Datome, Belinelli e Aradori, che hanno chiuso il torneo spompati e con percentuali imbarazzanti (Belinelli soprattutto). Certo è, quindi, che il c.t. azzurro avrà parecchio da lavorare in vista di Ucraina 2015, visto che l’anno prossimo in Spagna non ci saremo per giocare i Mondiali, a meno che la Fip non giochi la carta della wild card.
Le note positive dell’Italbasket sono sicuramente Marco Cusin e Alessandro Gentile, gli unici due giocatori ad essere riusciti a stare sempre in partita. Datome merita senza dubbio una menzione speciale: il capitano della nazionale non ha mai mollato e ha provato a caricarsi sulle spalle padelle e coperchi quando la squadra ne aveva più bisogno. La nuova ala dei Detroit Pistons approda in NBA al momento giusto, ovvero quando la sua maturazione è arrivata a compimento.
Nota dolente quella di chi oltreoceano gioca già da 4 anni ma sembra ancora incapace di dimostrare, più a se stesso che agli altri, di essere un leader. Ci ha provato Belinelli nelle primissime partite, abbagliando molti. È stata una stella cadente. Cinciarini è stato quello che più ha preso fiducia in se stesso e che ha chiuso il suo primo Europeo, giocando tanto, in positivo; è mancato Diener, spaesato e limitato nel ruolo che Pianigiani aveva disegnato per lui, ma anche in evidenti difficoltà fisiche. Aradori, reduce dal suo miglior campionato in carriera, è arrivato a fine torneo a corto di energie; Melli ha avuto delle prestazioni altalenanti ma sarà un giocatore fondamentale per molti anni a venire. Vitali, Poeta, Rosselli e Magro hanno avuto pochi spazi.
Come ha detto Datome, da ora si pensi alle cose positive: “Le sconfitte subite son state tutte meritate e questo mi fa venir voglia di lavorare ancora più duramente per presentarmi al prossimo appuntamento con la Nazionale più forte possibile”. Sperando che sia un atteggiamento condiviso dalle tante, splendide individualità che nonostante tutto ci hanno fatto sobbalzare dinanzi gli schermi TV. Gli azzurri hanno riscoperto un campionato continentale in cui da tempo non alzavamo la voce, ma purtroppo hanno un po’ deluso in termini di forza mentale sul più bello, quando bisognava avere fame di vittorie e volontà spietata di vincere, come hanno fatto Parker e compagni, divertendosi. Non ci si finisce a caso nel gradino più alto.
(fonte immagine: http://www.eurobasket2013.org)