Dove lo Stato non c’è arriva Gomorra
“Quello che manca” di Esposito e Petrella è un viaggio impietoso nella Napoli abbandonata a se stessa
di Federica Salzano
Quello che manca. Non è una domanda e non è un’affermazione. Si tratta più semplicemente di una constatazione, una presa d’atto. È così che Salvatore Esposito descrive il suo lavoro. Il fotografo napoletano ha presentato domenica 13 ottobre, durante il festival Fotoleggendo organizzato dalle Officine Fotografiche di Roma, il libro di cui è coautore insieme a Angelo Petrella, edito da Contrasto. Scorrendo le pagine di “Quello che manca. Un viaggio intorno a Napoli” si viene accompagnati in un percorso alternativo e impietoso nella città e nella sua periferia.
Le foto di Esposito si alternano ai racconti di Petrella. Parole e immagini che si uniscono per mostrare una città diversa da quella che appare negli itinerari turistici. Un’immersione in quelle realtà nascoste che solo film o libri come Gomorra hanno cominciato a svelare in tutta la loro crudezza. Le foto sono state scattate infatti in alcune delle zone più disagiate del napoletano: Scampia, Castel Volturno, Forcella e Marigliano.
Durante l’incontro, Esposito va dritto al punto: “Quello che manca è quello che l’Istituzione non dà, è l’Istituzione stessa. È assente una risposta al territorio che si faccia garanzia di un diritto, quello di poter essere uguali agli altri”.
Nelle sue foto, quello che manca si vede benissimo. Anzi, è evidenziato soprattutto da quello che c’è. Droga, pistole, degrado, siringhe, sporcizia, sguardi penetranti. Ritratti di un’umanità lasciata ai margini, che sopravvive nella difficoltà e che fa dell’illegalità la sua routine quotidiana. Bambini tatuati con pistole e frasi roboanti, prostitute sul ciglio della strada e tossicodipendenti all’ultima spiaggia.
Queste persone hanno delle mancanze, ma mancanza è sinonimo di assenza. Nel libro si tenta quindi di raccontare quello che non c’è, l’invisibile o anche gli invisibili. Interi strati di società dimenticati nonostante le denunce sempre più frequenti. I due autori ci mettono davanti proprio a questi. “Fa comodo avere un posto come Scampia” spiega Esposito. Come dire: un ghetto, una discarica dove confinare il “male”, illudendosi di esserne lontani, di essere al sicuro.
Il lavoro del fotografo vuole mostrare tutto ciò senza dare necessariamente un giudizio. L’intento è guardare con “occhi aperti” – come recita il claim di questa edizione di Fotoleggendo – la realtà per quella che è. Le immagini parlano da sole ed è per questo che il risultato è un’indagine che non nasconde nulla: lucida, spietata, eppure tenera, a tratti intima.
Esposito è entrato nelle vite di queste persone, le ha conosciute ed è riuscito a non far perder loro la spontaneità davanti all’obiettivo. Possiamo così scrutare, tra una siringa e un corridoio cadente, anche un abbraccio, un tuffo in piscina o una risata tra amici. Perché è l’elemento umano, quello “vitale”, che anche nel degrado non viene mai perso. E l’esempio più lampante è quello di Colmana, la casa di recupero dei minori incoraggiati a cambiare strada. In questo posto iniziano a lavorare, hanno regole rigide eppure quello che colpisce – spiega Esposito – è il rispetto che dimostrano nel momento in cui si vedono rispettati. Il loro impegno nel lavoro e i loro sorrisi rappresentano un impeto di speranza.
Tra le immagini, le parole di Petrella danno simbolicamente voce alle persone raffigurate. Storie di chi vive quelle realtà e che ha deciso di sopravvivere e non perdere la fiducia in un cambiamento. I racconti non illustrano le foto ma si accompagnano a queste, in un viaggio tra narrazioni parallele che, ognuna con la propria sintassi, si incontrano per dare stimoli diversi e regalare uno sguardo a tutto tondo.