L’Italia come l’utopia per Galeano
Porcellum, rigurgiti democristiani, partiti e governi immobili: ecco perché nel Bel Paese il rinnovamento è soltanto una chimera
di Adalgisa Marrocco
Che cos’è l’utopia per Galeano? “L’utopia è come l’orizzonte. Cammino due passi e si allontana due passi. Cammino dieci passi e si allontana dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora a cosa serve l’utopia? Serve per continuare a camminare”.
E l’utopia per Galeano è un po’ come il governo per noi italiani. Continuiamo a “camminare”, nella speranza che qualcosa venga incontro a rassicurarci. Ma, alla fine, non arriva niente. E l’orizzonte è la politica italiana, che tutto fagocita e niente restituisce.
Un esempio su tutti: la mancanza di alternativa a quella sventurata legge elettorale che è il Porcellum. Enrico Letta, ricevendo mandato dal presidente della Repubblica, prometteva che entro ottobre 2013 l’Italia avrebbe avuto un nuovo sistema elettorale. Ma adesso che ottobre sta finendo, il Porcellum è ancora al suo posto. Ed ecco che le parole di Galeano trovano applicazione pratica.
In fondo, le liste bloccate fanno comodo un po’ a tutti: ovviamente sono manna per Berlusconi, ma anche nel centro-sinistra i rimasugli strutturali targati PC traggono giovamento dalla certezza di vedere eletti uomini dell’Apparato.
Purtroppo non sono tutti come il democratico outsider Roberto Giachetti che, contro l’attuale e funesta legge elettorale, digiuna da giorni, raccogliendo l’appoggio di molti cittadini tramite social network. Il desiderio di appoggiare Giachetti sarebbe tanto, se non fosse che dei digiuni altrui la casta se ne infischia e continua a ingozzarsi (e a ingozzarci) di fuffa politica.
Visto che in Italia il rinnovamento è soltanto una chimera, ecco riaffiorare la vecchia carcassa della balena democristiana.
C’è tumulto in zona Scelta Civica, col declino montiano che impone ortodossi rigurgiti DC o esodi in zona berlusconiana. Caso lampante quello di Mario Mauro, uno che del Porcellum ha fatto l’essenza del proprio stile politico: prima suddito del Silvio dei tempi d’oro, poi seguace di Mario Monti nella fase tecnocratica e post-tecnocratica, ora allo sbando alla ricerca di una guida (che sia di zona UDC o pidiellin-forzista, poco importa).
È necessario che tutto resti uguale, per rendere chiaro nulla sia cambiato. Un “Gattopardo” rivisto e corretto allieta negativamente i nostri sguardi, portando sullo schermo una trama circolare. Fermi allo stesso punto da più di un ventennio, convinti che almeno il berlusconismo sia giunto al capolinea. E invece no. Nemmeno Berlusconi è finito.
I suoi guai (giudiziari e non) sono manna dal cielo, sono campagna elettorale 365 giorni all’anno. Anche la “scissione” e il tradimento alfaniano che hanno riempito i giornali nelle scorse settimane sono state frutto di una strategia.
Mettiamo insieme tutti gli elementi. Il Cavaliere nei guai fino al collo che, già proiettato in campagna elettorale, deve cercare di raccattare tutti i voti possibili (soprattutto quelli incerti, provenienti dall’area moderata). A questo punto, il Cav cerca di farsi credere vittima di un intero sistema: le condanne da parte della Magistratura politicizzata, lo “scoop” (sottolineo le virgolette) della telefonata di Piazzapulita che dimostrava contro lui ci fosse anche Napolitano (ve lo ricordate?), una faida interna al suo stesso partito.
C’era da domandarsi, fin dal primo istante, come fosse possibile credere alla favola dei servi che si rivoltano contro il padrone. E infatti, dopo nemmeno un mese, ecco la corte (rafforzata dalle Larghe Intese) che torna al suo posto, dimostrandosi più compatta che mai in difesa del proprio monarca interdetto.
Sarebbe necessario parlare anche del Partito Democratico, ma siccome Letta, Renzi e Cuperlo fanno solo rumore, di contenuti da analizzare non è facile trovarne.
Cammino dieci passi e la speranza di un Paese normale si allontana dieci passi.
(fonte immagine: www.giornalettismo.com)