Lorde, la “Pure Heroine” pop del femminismo
Esce oggi in Italia l’album della giovane artista neo-zelandese, all’orizzonte del fuoco incrociato con Taylor Swift, Selena Gomez e rispettivi cavalieri. Che sia la pecora nera del firmamento pop o l’ape regina, dipende da che punto guardate il mondo
di Valentina Palermi
Onesta e ambigua, come si confà al fascino da Lolita sedicenne eterea ed ipnotica che la contraddistingue. Aspirante star musicale, la neozelandese Ella Yelich-O’ Connor, per lo show business Lorde, è stata scoperta in un talent show locale, entrando a far parte di un piano di sviluppo con una Major ancora tredicenne.
Arriva oggi in Europa pubblicando il suo album “Pure Heroine”. Un titolo emblematico, visto che gli echi (o forse sarebbe più giusto parlare di cori) del singolo chillwave “Royals” hanno superato i confini dell’Oceania, partendo da Devonport – Auckland – e raggiungendo le vette delle classifiche di tutto il mondo, dalla Top 10 Album Chart di iTunes alla Top 10 Singles Chart USA. Una scalata verso l’Olimpo, unica solo artist femminile a posizionarsi al n°1 dell’Alternative chart di Billboard da quando il brano “Mother Mother” di Tracy Bonham raggiunse la cima nel Giugno 1996, proprio pochi mesi prima della nascita di questa nuova “Queen of Alternative”.
Con la sua voce miagolante, è riuscita a entrare nelle orecchie (e nelle teste) di milioni di persone, presentando dopo due anni e mezzo di preparazione – e senza una promozione degna delle reginette del pop – un lavoro influenzato dall’ammaliante Lana Del Rey, passando per il rap di A$AP Rocky e le particolari sonorità di Etta James, cresciuto sotto l’ala di producer quali Burial e SBTRKT, e caratterizzato da cupi riflessi elektro degli inglesi Massive Attack e The xx. Talvolta macchiati da un incedere ambient e melodico (come in “Ribs”), smorzato però dalla secchezza del beat hip-hop di “Team”, e animato di nuovo da ritmi dance e doo-wop, dalla pulizia del post-dubstep di “Tennis Court”, o del fumoso e distaccato “Still Sane” o “Glory And Gore”.
Con la sua lirica, ha preso le distanze dal panorama mainstream, dando prova di essere un’autrice matura nonostante l’età acerba, una che non molla il colpo. Cattura la contraddizione dell’essere adolescente, non ponendo al centro dei propri testi up&down ormonali o il proprio desiderio di urlare al mondo di essere una baby grown up, ma ribellandosi alla finzione eccessiva e alle finte ricchezze del pop contemporaneo, altalenando i propri status tra la noia della periferia urbana e una sorta di regalità dégagé.
La stessa Lorde, che educatamente ma con fermezza, ha rinunciato alla richiesta di Katy Perry di aprire i suoi concerti. Ma che meno diplomaticamente ha usato la sua ‘lingua lunga’, creando un bel po’ di baruffa con un’accesa – o accidentale? – polemica femminista contro le starlette statunitensi Taylor Swift e Selena Gomez. Accusando la prima di rappresentare “un’immagine troppo perfetta e ‘irraggiungibile’ per giovani fan”, e attaccando la seconda a proposito del testo del suo nuovo brano “Come and Get it”, reo di instillare nei giovani teenager il gioco dei ruoli machista della donna “in paziente attesa” che lui “si decida ad andare da lei a dimostrarle un po’ d’amore”. Senza fretta, naturalmente!
Mettendo da parte ogni ombra di maschilismo – o nel pieno rispetto del proprio ruolo di maschio dominante – in soccorso della giovane cantante pop-country e dell’ex prodigio Disney sono ovviamente accorsi i loro (ex?) principi azzurri Joe Jonas e Justin Bieber, che hanno difeso con intense reazioni le “vere regine” a suon di tweet.
Insomma, questa giovane artista sembra voglia dimostrarsi (o essere definita) una pecora nera del firmamento, facendosi un po’ di nemici qua e là, nonostante desideri solamente vivere questa fantasia.
Dopotutto dipende da che punto guardi il mondo. E in quello del pop, adesso, sembra essere proprio l’‘Ape Regina’.