La leggerezza raccontata da Giorgio Albertazzi

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Il grande attore toscano reinterpreta la prima delle “Lezioni Americane” di Italo Calvino. Tema della conferenza: la leggerezza nella letteratura.

di Alessia Carlozzo                                                                                                                   (Twitter @acarlozzo)

Rivivono nuovamente sul palco del Teatro Ghione, a Roma fino al 17 novembre, le “Lezioni Americane” di Italo Calvino che avrebbe dovuto tenere presso l’Università di Harvard nell’autunno del 1985, in un ciclo di conferenze nell’ambito delle rinomate “Poetry Lectures”.

lezioni-americane-defLo scrittore, primo italiano ad avere tale onore, non riuscì a presentarle in quanto scomparve nel settembre di quello stesso anno. Usciranno postume nel 1988, grazie all’intervento della moglie Ester che le intitolerà idealmente “Six memos for the next millennium”.

Sei le caratteristiche analizzate, valori fondamentali per la letteratura secondo Calvino, che vengono via via trattate attraverso una serie di percorsi che spaziano tra differenti autori ed epoche storiche.

La prima e più importante caratteristica, la leggerezza, è nuovamente protagonista dello spettacolo portato in scena da Giorgio Albertazzi, per la regia di Orlando Forioso, riproposto a distanza di tredici anni dalla prima che avvenne a Parigi al Théatre du Rond-Point per la stagione del Théatre des Italiens. Il successo inaspettato convinse il noto attore a ripresentarlo nel corso degli anni.

Sul palcoscenico è accompagnato da un’allieva (Stefania Masala) che lo segue con l’occhio vigile della sua telecamera, fornendogli quella spalla necessaria per costruire il tema della lezione. A completare la scena le note del violoncello di Anca Pavel che accompagna dolcemente i due attori.

Lezioni che sono la cornice dentro la quale si muove Albertazzi, giovane novantenne che regala un’immaginaria galoppata letteraria a quel pubblico che letteralmente pende dalle sua labbra durante tutto l’atto unico.

Su un gioco continuo basato sull’eterna dicotomia leggerezza – peso, Albertazzi ripropone seguendo la conferenza calviniana alcuni passaggi della stessa. Una sorta di testamento spirituale dello scrittore, che lascia ai suoi lettori forse il suo pensiero più intenso: la letteratura come ricerca di quella leggerezza necessaria reazione alla pesantezza di vivere.

Un concetto che estrapolato dal contesto letterario, si può ben applicare all’essenza di ogni esistenza umana, in fuga dall’inerzia e opacità e districandosi su un continuo equilibrio tra pesantezza e leggerezza.

Una leggerezza che pervade il letto di foglie preparato dall’eroe Perseo dove adagiare la testa della Gorgone o i corpuscoli invisibili di cui si compone la materia come descritto da Lucrezio. Una pesantezza che viene sfidata dalla pioggia leggera che bagna l’Ermione dannunziana o sconfitta dal salto improvviso del poeta Guido Cavalcanti, che dimostra come sia la sua gravità a contenere il segreto della leggerezza stessa.

Non manca poi una breve divagazione di Albertazzi che, affrontando il tema dell’amore nell’opera di Dante, si sofferma sul canto V dell’Inferno, sottolineando come un vero sentimento d’amore sia suscitato nello stesso poeta dalla figura di Francesca da Rimini e non dall’angelica Beatrice. Ed è in quei versi eterni pervasi da una passione senza fine che scopriamo la leggerezza come motore dei sentimenti, parole soffici che capace di catturare nuovamente lo spettatore grazie alla voce di Albertazzi, che sembra non essere mai intaccata dallo scorrere del tempo.

Il viaggio continua con il celebre monologo di Amleto, nel quale uno strepitoso Albertazzi coniuga la melanconia, ovvero “ la tristezza diventata leggera” con lo humour o “il comico che ha perso la pesantezza corporea” per dar vita al suo Principe di Danimarca.

Si arriva così al finale, incontriamo Kafka e un suo racconto “Il cavaliere del secchio” ed è proprio questo contenitore miseramente vuoto, privo di carbone, a condurci idealmente nel nuovo millennio. Un secchio che ci porta a librarci in aria e nel quale non si può non desiderare di consegnargli idealmente i pesi che ci trasciniamo dietro nel nostro viaggio.

Citando lo stesso Calvino: “A cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi. La leggerezza, per esempio, le cui virtù questa conferenza ha cercato d’illustrare”.

Lezioni Americane

con Giorgio Albertazzi

Roma, Teatro Ghione

fino al 17 novembre

Biglietti: platea 25€ | galleria 20€

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