La sabbia dei migranti
Attraversare distese sconfinate di terra rossa, provare a camminare fino allo sfinimento. Emigrare comporta questo, un immenso sacrificio che a volte ti toglie via la tua stessa vita. E nel deserto del Sahara odora nuovamente di morte
di Martina Martelloni
Seguire il mare, farsi attrarre da quel tanto conclamato Mediterraneo che bagna le coste dell’Europa meridionale e che fa sognare una vita da vivere e non più solo da sopravvivere. Con questa idea che corrode la mente, le folle di migranti africani si spingono verso i confini attraversando diversi Stati, regioni, luoghi ostili alla vita umana. Il deserto del Sahara è uno di questi.
Non è solo notizia di pochi giorni fa, di oggi o di domani. La morte dei sognatori in cammino verso l’ignoto di un Paese diverso dal proprio, è un dato di fatto che vige nella Storia da anni, da sempre. Ancora disperati tentativi finiti col perdere ogni senso posseduto, questa volta sono nigerini e il loro unico desiderio era raggiungere l’Algeria.
Il loro viaggio si è concluso prima dell’arrivo, in ottantasette di loro hanno perso la vita nella regione di Agadez dopo essere stati indegnamente abbandonati dal camion sul quale viaggiavano per attraversare il deserto.
Così, nel più profondo orizzonte dal colore oro che si possa immaginare, i camminatori hanno cercato di andare avanti, non fermarsi e toccare terra algerina. La natura questa volta, non è stata madre florida e soccorritrice. Di sete e disidratazione si muore, così come è accaduto a quei 7 uomini, 32 donne e 48 bambini.
Con un numero di tale portata, i media internazionali non hanno impiegato molto per raccontare e diffondere la storia reale dell’Odissea dei migranti. Fermarsi a solo queste cifre, comporta indifferenza e cecità di fronte ad un fenomeno che quasi giornalmente conta le vittime delle rotte migratorie. I trafficanti di esseri umani speculano sulla voglia di andare oltre i confini del proprio Paese in guerra, in miseria o in preda ad un regime opprimente. Ci si lascia convincere da questi “passeur” fino a quando non si viene traditi e lasciati soli con la sabbia tra le mani e sotto i piedi.
Il problema degli attraversatori del deserto, esiste da troppo tempo oramai ed esige una congiunta collaborazione di Stati Africani e non solo in grado di stroncare la maledizione. Agadez, è una grande città del Niger che si avvale della nomina di principale zona di transito per i migranti diretti in Algeria e Libia, dove, ricordiamo, si è dimostrato territorio ostile e gabbia serrata per chi tenta di attraversarlo.
Chi riesce a salvarsi continua il suo viaggio cercando sentieri migliori, opportunità di vita umile e dignitosa senza mai cancellarsi di dosso la cruda esperienza di un viaggio chiamato migrazione ma che lascia segni indelebili si disperazione e crudeltà. C’è chi cammina oltre il deserto e viene salvato, come è accaduto a quei 72 nigerini ritrovati vivi in pieno deserto del Sahara da una delegazione del governatorato di Agadez. Ognuno di loro si era garantito un posto sul quel camion fantasma che li lascia cadere giù, nel bel mezzo del nulla e del caldo africano.
La rotta migratoria del Niger è celebre per chi conosce cosa succede lungo il suo tragitto, vent’anni di migrazioni e conseguenti morti di cui spesso non si hanno notizie poiché così distanti e così silenziosi ai riflettori dei media ma soprattutto dei capi di Stato, di Governo e di tutte quelle autorità che stentano ancora a toccare con mano quella sabbia e quella terra cimitero.