Dal profondo di Valentina Pedicini al Festival Internazionale del Film di Roma
Il documentario sulla miniera sarda Carbosulcis protagonista del primo lungometraggio della regista pugliese. Un’assenza, quella di un padre e il ricordo di una figlia, Patrizia, unica minatrice italiana. Una riflessione esistenziale, nella profondità e nell’oscurità, sul sotterraneo, contemporaneamente luogo di vita e di morte
di Francesca Britti
“Una volta sei tornato con un grillo. Come grilli siamo, mi hai detto, infilati nelle fessure, schiacciati sotto le pietre. Nascono e muoiono qua. E non si fanno prendere, maledetti. Urlano senza fermarsi, ma il canto non supera il buio. Avevi ragione tu. Stretti fra le pietre, schiacciati fra la polvere ed il silenzio, come i grilli siamo“.
Patrizia, unica minatrice italiana, ricorda, fra sguardi persi nel vuoto e una voce stanca, i racconti del padre, minatore anche lui, scomparso come tanti per silicosi. Un richiamo “dal profondo”, da quell’oscurità che nasconde e schiaccia 150 “grilli” minatori della miniera sarda Carbosulcis il cui canto “non arriva fino a lassù. Non finisce mai“. Una vita alla ricerca del mare ma legata alla terra.
Silenzi che raccontano il “canto” di protesta contro la chiusura della miniera, le solite rassicurazioni del governo e poi il buio finale, che determina la fine di un luogo simbolo della Sardegna e il baratro per quei 150 lavoratori i cui stipendi “per i politici sono spiccioletti”.
Lo sguardo azzurro e profondo come il mare, quello di Patrizia, che rappresenta la forza delle donne in un posto di lavoro di predominanza maschile. Ancora una volta. Per lei il padre aveva immaginato una vita diversa, ma, invece, il suo esempio l’ha spinta a seguire lo stesso destino. La sua figura al centro del film perchè “mai nessuno ne aveva raccontato i dolori, come se morire all’aria aperta accanto ai propri mariti valesse meno di morire schiacciate da macchinari difettosi…lì, al buio“.
Il documentario di Valentina Pedicini dal titolo Dal profondo, attualmente in concorso nella sezione Prospettive Doc Italia del Festival Internazionale del Film di Roma, s’incentra su questa donna, forte e intensa. Sui suoi colleghi, con cui lotta per il posto di lavoro. Su coloro che non ci sono più, su quelli che hanno dedicato una vita sottoterra, che affascina ma distrugge. In particolare tutto gira attorno al padre di Patrizia, che diviene figura emblematica di quella presenza/assenza nella quotidianità familiare, tipica del minatore.
Due anni di lavoro per portare alla luce storie di vita, di solitudine, di sofferenza. Sono storie di “uomini neri” che camminano lungo chilometri di tunnel, che respirano carbone ogni giorno, ammalandosi, ma che, nonostante i contro, difendono il loro territorio, quello sardo, particolarmente dimenticato dalla politica nazionale, e la loro miniera, come se fosse casa loro. Perché è lì sotto che vivono e muoiono.
La miniera diventa quasi luogo sacro, stando alle parole della regista, che ha avuto l’opportunità di scendere in quelle gallerie “con un sentimento di curiosità infantile e di rispetto reverenziale un po’ come entrare in un castello abbandonato, dove è possibile sentire ancora la presenza di tutti quelli che ci abitavano un tempo. Di più; come attraversare da unico superstite un mondo scampato all’apocalisse“.
Il documentario debutterà in esclusiva, dopo il Festival, nelle sale del Cinema Aquila il 19 novembre. Alla proiezione, coordinata da Massimo Vattani, sarà presente il montatore del film, Luca Mandrile.