Libri: dallo scaffale al digitale. È una rivoluzione materiale?
È davvero iniziata la supremazia degli e-book e dei dispositivi tecnologici rispetto allo sfogliare delle pagine di carta?
di Giulia Mirimich
“Una stanza senza libri è come un corpo senz’anima”, scriveva Marco Tullio Cicerone. Niente di più vero per lo studente di lettere standard, quello che gira con un’edizione economica tascabile in borsa, che quando entra in libreria tuffa il naso tra le pagine e inspira forte.
Ma cosa succede invece là, fuori da quella libreria? Basta guardarsi intorno nel vagone di un treno o di una metropolitana. Sotto i nostri occhi oggi è più facile vedere pagine digitali, altro che cartacee. La verità è che ormai le stanze senza libri sono sempre più diffuse proprio perché un e-book (o un tablet) è in grado di contenere ancora più libri. La crisi della lettura è evidente, la crisi del libro cartaceo lo è ancora di più: basti pensare che l’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea con il più basso indice di lettura.
Probabilmente è per questo che le case editrici sono alla continua ricerca di soluzioni economiche che invoglino i pochi lettori italiani ad acquistare libri, come le edizioni della Newton Compton Editori ad appena 1€.
Ma nessuna edizione economica cartacea, a quanto pare, riesce ad eguagliare gli e-book, che in soli due anni hanno raddoppiato le loro vendite, mentre le pagine restano sugli scaffali delle librerie sempre meno frequentate. Recentemente è stato anche annunciato un programma che permetterà agli acquirenti di edizioni cartacee di trasferire queste ultime sul lettore digitale ad un prezzo stracciato, così da avere le letture preferite sempre con sé.
Inoltre con il DM 209/2013 (qui il testo completo) è stata ufficializzata l’adozione, a partire dal prossimo anno scolastico, di libri di testo digitalizzati, così da poter risparmiare fino al 20%. Tuttavia sorge spontaneo chiedersi come si possa rendere accessibili a chiunque i testi digitali poiché non tutte le famiglie italiane, ad oggi, possiedono un tablet o un e-book reader.
Eppure fino a qualche anno fa, la letteratura e in generale le discipline umanistiche sembravano essere rimaste immuni al fascino della tecnologia e di tutto ciò che riguardava il digitale. In realtà con l’avvento del World Wide Web, risalente ormai a oltre vent’ anni fa, si iniziò ad imporre un nuovo statuto della testualità. Il web infatti ha dimostrato come fosse possibile incrementare la tecnologia relativa all’archiviazione e alla circolazione di testi ed informazioni, fino ad arrivare ad oggi, età in cui si sta seriamente ripensando l’intero corpus delle testimonianze della nostra tradizione culturale, in cui si sta elaborando un metodo valido per trasferire questo patrimonio culturale negli ambienti digitali, a partire da biblioteche ed archivi. Una vera e propria rivoluzione materiale.
Fondamentalmente possiamo dire che il libro e lo strumento digitale svolgono le stesse funzioni, cioè raccogliere e trasmettere dati, con una differenza fondamentale: il libro continua e continuerà sempre ad assolvere una funzione estetica che non gli potrà mai essere sottratta. Probabilmente è per questo che la maggior parte degli umanisti, ma anche degli informatici, afferma con sicurezza che la tradizione letteraria resta inevitabilmente sempre scritta e cartacea.
È però un errore comune vedere queste due risorse come l’una l’antitesi dell’altra. In realtà, guardando oltre i pregiudizi personali, si capisce come esse colmino a vicenda le proprie lacune, laddove possibile. Originariamente la digitalizzazione infatti non vuole sostituirsi al testo cartaceo ma semplicemente codificare il materiale testuale per dare vita ad ipertesti, ad ampi repertori facilmente accessibili ad un qualsiasi utente.
Quella che oggi viene chiamata “informatica umanistica” nasce e si sviluppa nell’ambito della linguistica: ci si rese conto che i calcolatori potevano essere utili nel compiere ricerche automatiche su ampi insiemi di dati linguistici. In questo primo momento il testo, anche se di natura poetica, veniva strutturato e analizzato come un semplice testo referenziale o informativo. Con la diffusione di questa interdisciplina furono elaborati ed affinati sistemi per la codifica di materiali testuali, come i linguaggi standard, in particolar modo il TEI (Text Encoding Initiative), linguaggio per la codifica dei testi umanistici.
Dunque non è il digitale che deve essere demonizzato o visto come una minaccia, neanche dagli studenti di discipline umanistiche che proprio non riescono a concepire l’idea di girare pagina toccando uno schermo. D’altra parte è anche vero che la carta è sempre la carta. Bianca, gialla, a righe. Si può odorare, leccare, strappare e volendo la si può anche far volare. Provateci con un dispositivo elettroni se avete coraggio.
Una risposta
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