Teatro: a Roma “Farà giorno”

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Al Teatro Sala Umberto “Farà giorno”. Due antipodi che si incontrano, per una storia che racconta come un semplice incontro può rivoluzionare una vita

di Alessia Carlozzo                                                                                                                   su Twitter @acarlozzo

faràgiorno

Non può alzarsi, il bagno è troppo lontano e Renato finisce per bagnare le sue lenzuola. Viene scoperto da Manuel, che con una dolcezza inaspettata lo solleva da quello stesso letto, lo adagia su una sedia e con calma lo spoglia e lo lava. Poi sistema il letto, cambia le coperte, rimette a posto i cuscini. Infine riprende Renato e lo sistema nuovamente.

Stesso gesto, stessa delicatezza che scalda il cuore.

Renato non è un bambino. E’ un anziano partigiano, uno che la Resistenza non solo la ricorda perfettamente ma la porta marchiata a fuoco sul proprio corpo. Manuel è un ragazzotto romano, un fascistello, uno per il quale il mondo è diviso in amici e “stronzi”. Uno che sul corpo non ha tatuato ricordi indelebili, ma segni di un’ideologia mai forse davvero conosciuta.

Due vicini di casa, due sconosciuti che si scontrano per caso in una giornata estiva a Roma. Manuel ha fretta, un attimo di disattenzione e uscendo in retromarcia dal box investe Renato. La prognosi prevede sessanta giorni di assoluto riposo immobile a letto causa gamba rotta. Manuel è reduce già da qualche segnalazione alla polizia, patente ritirata in precedenza e poca voglia di dar spiegazione alla famiglia. Implora Renato di non denunciarlo, in cambio diventa il suo infermiere per tutto il periodo di convalescenza.

Inizia una convivenza sui generis, dove lo scontro non solo ideologico ma anche culturale diventa presto routine. Manuel impara a convivere con quel vecchio comunista, con quei libri impolverati che popolano ogni angolo della casa, con i silenzi dell’anziano troppo preso spesso dalla lettura di Guerra e Pace, iniziato tre volte e mai terminato.

Renato non si lascia intimorire dal gergo sprezzante del ragazzo e dalla sua apparente aggressività. Riesce a creare un contatto e cerca di instillargli valori fondamentali per poter vivere al meglio la propria vita, aiutandolo a tirar fuori una maggior consapevolezza delle sue capacità e non limitandosi a vivere così superficialmente.

La degenza di uno e l’assistenza forzata dell’altro si trasformano in un percorso che porteranno entrambi a tirare le somme delle rispettive vite costellate da rimorsi e prospettive mancanti. Salvo creare un legame forte, un affetto quasi filiale che li segnerà indelebilmente. Non manca l’ingresso in scena di un terzo personaggio, Aurora (Marianella Laszlo) l’amata figlia di Renato le cui scelte estreme di vita l’hanno allontanata per trent’anni dal padre.

Una parabola nella parabola con quel ritorno della figliol prodiga a casa, pronta ad affrontare i nodi del passato mai sciolti del tutto insieme al padre. Pronta a fornirgli una sorta di “benedizione” finale prima del viaggio conclusivo.

La potenza dello spettacolo risiede in Gianrico Tedeschi, giovane novantatreenne capace di regalare una performance intima in continuo equilibrio tra il suo dramma famigliare e la comicità che riserva nell’approcciarsi con un aplomb quasi nordico alla romanità verace del giovane Manuel. Mai scontato, il noto attore milanese tratteggia un personaggio che sulla carta poteva risultare quasi scontato e banale. Un vecchio partigiano intrappolato tra i ricordi di un passato ormai lontano e i rimorsi di una vita senza alcuna apparente speranza.

Diventa invece un atipico Caronte, capace di traghettare un ragazzo, anch’egli senza apparente speranza, verso un destino diverso. Stesso plauso per Alberto Onofrietti capace di strappare risate sincere per quella romanità così verace portata sul palco, non cadendo mai eccessivamente nel cliché del coatto romano e riuscendo allo stesso tempo a commuovere con un semplice gesto delicato.

E tutto termina proprio dove era iniziato. Manuel solleva nuovamente Renato, nel suo gesto fluido la stessa dolcezza, forse solo più chiara e potente, accompagna un volto solcato di lacrime e la consapevolezza di poter essere una persona migliore. Una promessa finale fatta a quel vecchietto capitato per sbaglio in una vita giovane e sbandata. “Io sono felice di averti conosciuto Manuel.” E’ il tempo di un nuovo libro, è il tempo di finire Guerra e Pace, lì dove lo aveva lasciato Renato.

Farà giorno
con Gianrico Tedeschi
al Teatro Sala Umberto fino al 1* dicembre
Biglietti: platea 32€ | balconata 23€

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