Papa Francesco e Vladimir Putin: focus su Siria e cristianesimo
Incontro a Roma tra il Pontefice e il Presidente Russo per parlare delle violenze in Medio Oriente e dell’apertura verso la Chiesa Ortodossa a 52 anni esatti dallo storico telegramma tra Kruscev e Giovanni XXIII
di Francesca Romanelli
Un colloquio di 35 minuti fra le mura vaticane, in un pomeriggio romano di sole e vento gelido, ma l’orizzonte su cui si sono incontrati Papa Francesco e Vladimir Putin è in realtà quello siriano. Lo stesso dove si erano lasciati lo scorso settembre in occasione del G20 di San Pietroburgo, quando il Pontefice aveva indirizzato una lettera al Presidente russo invocando il rifiuto di una risoluzione militare per il conflitto che sta insanguinando il Medio Oriente.
La guerra in Siria, dunque, è rimasta l’argomento principale dell’incontro, in particolare è stata sottolineata “l’urgenza di far cessare le violenze”, la volontà di “favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto” e Putin ha ringraziato il Papa per la sua precedente missiva. Allo stesso modo è stata affrontata la questione della sicurezza dei cristiani in determinate zone del mondo e la loro difesa e, tema caro a entrambi, si è discusso della condizione della comunità cattolica in Russia e dell’influenza dei valori cristiani sulla società.
La piena cooperazione tra le parti, in particolare sul caso siriano, è un fattore di grande importanza a livello internazionale che ha già fatto sentire il suo peso lo scorso settembre, rafforzando il pressing russo sulla Casa Bianca per evitare l’ultimatum militare ad Assad. L’accordo bilaterale con gli Usa per la distruzione delle armi chimiche in territorio siriano, accettato formalmente in toto dal regime, è considerato una vittoria della diplomazia russa e ha ricevuto il plauso della Santa Sede. Uno scenario quasi “idilliaco” che, però, non può far dimenticare i reali motivi dell’azione tattica delle diverse cancellerie e che, nel caso del Presidente russo, sono da ricercarsi nella storica alleanza politico-economica con Bashar al-Assad, piuttosto che in non ben definiti e francamente poco credibili intenti “umanitari”.
Il colloquio tra Putin e Papa Francesco, cui è seguito quello con il Segretario di Stato Mons. Parolin, si è infine concluso con uno scambio di omaggi reciproci. Jorge Mario Bergoglio ha donato all’ospite un mosaico raffigurante i Giardini Vaticani e ha ricevuto un’icona della Madonna di Vladimir, molto venerata in Russia. Il Presidente ha inoltre porto al Pontefice i saluti del Patriarca di Mosca Kirill, capo della Chiesa Ortodossa, una circostanza che lascia ben sperare sulle prospettive di un incontro tra i due, nonostante non vi sia stato alcun invito formale.
All’esterno delle stanze dei palazzi pontifici, però, non sono mancate le proteste per la visita del Capo di Stato russo. Hanno manifestato gli ambientalisti, uno dei quali travestito da orso polare, che chiedono la libertà per gli attivisti di Greenpeace e le associazioni per i diritti gay che si oppongono alle recenti leggi russe che vietano la “propaganda omosessuale”. Nella Chiesa di San Lorenzo al Verano è andato in scena persino un blitz femminista a sostegno delle attiviste della band Pussy Riot, attualmente incarcerate. Ma nulla di tutto questo, apparentemente, ha raggiunto il luogo dell’incontro.
La data del 25 novembre si inscrive nella cornice di un rafforzamento dei rapporti diplomatici tra il Vaticano e le autorità russe e sorprende la curiosa coincidenza con un altro episodio che, forse più di tutti, rappresentò l’inizio del disgelo tra la Santa Sede e l’Unione Sovietica. Fu proprio nello stesso giorno 52 anni fa, in piena guerra fredda nel 1961, che il Presidente Kruscev con un gesto assolutamente inatteso inviò un telegramma a Papa Giovanni XXIII facendogli gli auguri per il suo ottantesimo compleanno. Non si può dire però che da allora i rapporti tra i successori di Pietro e Mosca siano stati rosei. In particolare l’ascesa al soglio pontificio nel 1978 di Karol Wojtyla, un polacco, ha rappresentato per molti anni un forte elemento di tensione, almeno fino allo storico incontro con Gorbaciov a tre settimane dal crollo del muro di Berlino. In seguito Giovanni Paolo II ha incontrato in due occasioni Vladimir Putin e allo stesso modo vi è stato una visita a Benedetto XVI, cui va il merito di una distensione dei rapporti anche con la Chiesa Ortodossa, specialmente dopo la morte del Patriarca Alessio nel 2008.
Frutti, questi, che sembrano vicini ad essere portati a maturazione e colti proprio durante il pontificato di Bergoglio. Il nuovo Papa si è rivelato capace di aprire un efficace dialogo sulla questione siriana e, nondimeno, è fautore di una significativa apertura verso i fratelli ortodossi specialmente dopo l’incontro con il “ministro degli esteri” degli ortodossi russi, Hilarion Alfeyev. Con questi auspici non sembra irragionevole pensare concretamente alla possibilità di un colloquio tra Papa Francesco e il Patriarca, probabilmente in uno stato “neutro” o, persino, a quel viaggio del Pontefice a Mosca che sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è sempre rimasto soltanto un miraggio.
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