Dossier Legambiente: dove è finita la “green economy”?
Tra finanziamenti diretti e occulti, il comparto dei combustibili fossili riceve oltre 12 miliardi all’anno. Questi incentivi permettono alle fonti di energia “tradizionali” di costare meno rispetto alle “rinnovabili”. Il cambiamento climatico causato dall’uomo è un fatto ”inequivocabile”, ma in Italia non si riesce a sognare in “verde”
di Guglielmo Sano
Mentre le vittime di disastri vicini e lontani cominciano velocemente a essere dimenticate nell’alluvione di notizie alla quale giornalmente siamo esposti, prepotentemente torna alla ribalta il problema dell’inquinamento e delle responsabilità umane che lo provocano, lo mantengono e ciecamente lo accrescono.
Solo pochi mesi fa, precisamente il 27 Settembre 2013, l’Ipcc (intergovernmental panel on climate change) consegnava al “mondo” il suo ultimo rapporto sul riscaldamento globale: entro fine secolo la temperatura sulla Terra aumenterà oltre i 2 gradi Celsius. Per gli scienziati dell’organizzazione promossa dalle Nazioni Unite, quella dei 2 gradi Celsius è la “soglia” oltre la quale il riscaldamento globale diverrà un fenomeno “irreversibile”.
Gli studiosi hanno anche dimostrato che la presenza di CO2 nell’aria non è mai stata così alta negli ultimi 800 mila anni: dall’epoca preindustriale al 2013, la sua quantità nell’atmosfera, è cresciuta del 40% – aumento causato soprattutto dai combustibili fossili. Entro il 2100 gli oceani, che si stanno progressivamente acidificando a causa dell’anidride carbonica che assorbono, si potrebbero “alzare” ulteriormente di 26-82 cm.
Le responsabilità dell’uomo riguardo a un cambiamento climatico di questa portata sono ormai inequivocabili: merito del convegno è stato proprio quello di affermare la necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica e mantenerle al di sotto delle 1000 gigatonellate – meglio sarebbe tenerle tra le 800-880. Il 54% già lo abbiamo sfruttato, possiamo produrne solo altre 350 prima di raggiungere il limite sostenibile per il pianeta.
Di fronte a una situazione del genere sarebbe un “bisogno”, ancorché un dovere “morale”, che i governi si impegnino nello svolgimento di un serio programma di riduzione delle emissioni di CO2 per avviarsi sulla strada della transizione che porta dall’uso smodato dei combustibili fossili a un’economia sostenibile – ancor meglio se “verde” e “rinnovabile”.
Niente di tutto questo all’orizzonte: dal 2000 le emissioni crescono del 20% ogni anno, e nel mondo si investono 544 miliardi di dollari nelle “tradizionali” fonti energetiche – riferisce l’ultimo dossier di Legambiente “stop sussidi alle fonti fossili”, alle rinnovabili solo 101 miliardi.
“L’energia costa cara a causa dei 12 miliardi elargiti alle “fonti rinnovabili” ogni anno”. Era così certo il Ministro per lo Sviluppo Economico Flavio Zanonato, quando gli capitò di affermare queste parole, che si riusciva quasi a credergli. Il problema è che 12 miliardi finiscono in realtà, sotto forma di incentivi diretti e occulti, al compartimento dei combustibili fossili.
È il vicepresidente di Legambiente Zanchini a illuminarci: “nella Strategia Energetica Nazionale approvata nel 2013, il tema dei sussidi alle fonti fossili, semplicemente, non compare. Eppure stiamo parlando di 4,4 miliardi di sussidi diretti distribuiti ad autotrasportatori, centrali da fonti fossili e imprese energivore, e di 7,7 miliardi di sussidi indiretti tra finanziamenti per nuove strade e autostrade, sconti e regali per le trivellazioni, per un totale di 12,1 miliardi di euro a petrolio, carbone e altri fonti che inquinano l’aria, danneggiano la salute, e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici”.
Secondo la ricostruzione di Legambiente, dal 2000 al 2013 al settore dell’autotrasporto sono andati quasi 5 miliardi e mezzo, mentre alcuni impianti da fonti fossili ricevono sussidi diretti per la produzione di energia elettrica – tra i quali, il più noto è il Cip 6. In pratica chi produce energia elettrica “bruciando rifiuti” per mezzo di “termovalorizzatori”, ad esempio, può vendere le sue “forniture” a un prezzo più alto rispetto a quello di mercato – in base all’applicazione del suddetto sussidio Cip 6, in quanto esso stabilisce dei prezzi incentivati per chi produce elettricità da “fonti rinnovabili”. In Italia i “termovalizzatori” sono giudicati “fonte rinnovabile”, anche se per alcuni una direttiva della commissione europea, la 2001/77/CE, contraddice questa scelta.
Dal 2001 al 2012 agli impianti a fonti fossili sono stati regalati complessivamente
più di 40 mila milioni di euro e, inoltre, si può stimare che da oggi al 2021 gli incentivi del Cip 6 costeranno alla comunità quasi 5000 milioni. 250 milioni verranno elargiti nel 2013 a centrali elettriche inquinanti per sostenere possibili riduzioni della quantità di gas inviata dalla Russia e come riporta La Repubblica: “Invece di investire su metropolitane e tram per aiutare i cittadini a lasciare l’auto a casa, invece di migliorare la logistica delle merci per avere un alternativa più efficiente con treni e navi, in Italia la priorità degli investimenti infrastrutturali continua ad andare a strade e autostrade, con la conseguenza di favorire il trasporto privato su gomma e quindi il consumo di fonti fossili. Nel 2012 la spesa per gli investimenti in nuove opere stradali e autostradali è stata pari a 2,4 miliardi di euro, erano 3,3 nel 2011”.
Come se non bastasse: “Ancora, altri sussidi indiretti e sconti sono applicati a coloro che sfruttano le risorse fossili nel territorio italiano. Un esempio sono le irrisorie royalties previste per trivellare in Italia, che sono state portate con il Decreto Sviluppo al 10% (a parte il petrolio a mare dove è al 7%). A questi aiuti indiretti vanno aggiunti i sussidi diretti costituiti dalla riduzione dell’accisa sul gas naturale impiegato negli usi di cantiere, nei motori fissi e nelle operazioni di campo per la coltivazione di idrocarburi, che nel 2010 è stato pari a 220 mila euro”. Insomma “chi più ne ha più ne metta”.
Possiamo capire la tradizionale sfiducia dei governi nei confronti degli ambientalisti tacciati di “allarmismo”, ma da anni anche l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) rileva l’insostenibilità di tali livelli produttivi e la necessità di una riduzione delle sovvenzioni alle fonti fossili. A simili conclusioni è giunto poco tempo fa anche il Fondo Monetario Internazionale. Solo Zanonato imperterrito a chi chiede delucidazioni, sui dati riportati nel dossier di Legambiente, risponde: “che c’entra il trasporto su gomme con l’elettricità?”.