Humanae litterae: il progresso morale dell’umanità e la cultura umanistica sempre più distanti
Dall’Antica Grecia a oggi: cos’è cambiato nel mondo delle arti umanistiche? Perché nelle facoltà universitarie di Lettere e Filosofia ci sono sempre meno studenti?
di Giulia Mirimich
In passato le persone che dedicavano la propria vita alle lettere, alla filosofia o alle arti erano considerate illustri, non tanto per la condizione sociale ma per lo spessore culturale e morale che raggiungevano.
Sin dall’antichità si diede largo spazio al sapere: in Grecia nacquero numerose biblioteche, scuole e centri di studio nei quali si formarono i più illustri filosofi e letterati del tempo. Dalla cultura greca, quella latina ereditò il profondo interesse per queste arti, considerate basilari per la formazione dei primi cittadini, della classe dirigente, degli oratori.
La grammatica, la retorica e la filosofia erano i pilastri sui quali doveva erigersi l’optimus civis. Non a caso nel corso del Rinascimento le culture “classiche”, la greca e la romana, furono prese come modello culturale e comportamentale, andando a sancire un profondo legame con il mondo antico.
Cos’è cambiato oggi? Perché le facoltà umanistiche nel 2013 vengono viste come un covo di futuri disoccupati? E perché sempre più spesso vengono definite “pseudo facoltà”?
La triste realtà è che il numero di iscritti ad esse, negli ultimi anni si è ridotto drasticamente, quasi del 30%. Aumenta invece il numero di ragazze e ragazzi che, spaventati dall’onnipresente crisi e dalla scarsa efficacia di una laurea umanistica, preferiscono dedicarsi a studi che sembrano poter dare possibilità di lavoro più concrete. Di conseguenza, anche il liceo classico sta perdendo sempre più studenti, quel liceo classico che fino a qualche secolo fa era considerato una vera e propria palestra per la mente, per lo sviluppo delle capacità logiche attraverso il complicato ma al tempo stesso affascinante studio della lingua greca e latina.
Probabilmente in questa non troppo lenta regressione delle discipline umanistiche, giocano il loro ruolo quei docenti che non sono in grado di educare ed aprire la mente dei giovani studenti alla comprensione di queste arti. Il ruolo dell’insegnante è ovviamente centrale sin dagli inizi del percorso di apprendimento dello studente. In molti non riescono a capire che anche lo studio di discipline considerate prettamente umanistiche in realtà favorisca lo sviluppo di determinate capacità e fornisca gli strumenti fondamentali per ogni tipo di attività.
L’abbandono di questi studi, specie in un Paese con un passato artistico come il nostro, è paradossale. Eppure i nostri governatori in primis hanno lasciato tali facoltà in uno stato di abbandono, come se non riconoscessero che saperi del genere influiscano sulle fondamenta della società e delle sue evoluzioni storico-politiche. Del resto, basta ricordare il recente e drastico ridimensionamento della Storia dell’Arte in moltissimi istituti italiani, in particolar modo quelli professionali.
Ma chi sono i pochi temerari che oggi decidono di iscriversi ad una facoltà come Lettere e Filosofia e impegnarsi in uno dei numerosi corsi di studio? Per lo più studenti che decidono di portare avanti una passione, un progetto che difficilmente, nell’Italia di oggi, potrà essere realizzato. Studenti che mirano all’insegnamento, al giornalismo, all’editoria: tutti settori fortemente colpiti dalla crisi. Le case editrici e le librerie chiudono, i libri rischiano sempre più di diventare un prodotto di lusso, i docenti lasciati fuori dalle graduatorie, seppur selezionati e ritenuti idonei dallo Stato, aumentano.
Quand’è che l’uomo ha smesso di considerare importante ciò che lo può arricchire nell’anima e nella mente anziché nelle tasche? Quand’è che qualcuno ha deciso che fosse più importante quello che c’è fuori piuttosto che quello che c’è dentro il nostro cervello?
Bella domanda. Me la pongo anche io, che studio Lettere e corrispondo perfettamente alla descrizione da te fatta: stessi presupposti, stesse aspettative, stessa frustrazione sociale. Non dimentichiamoci che la mia è una laurea stupida e facile eh…! Un giorno si accorgeranno dell’enorme errore.