Social Network e Giornali: il peso di un click
L’informazione su “carta stampata” è oggi in crisi, costretta com’è a dover fare i conti con i nuovi media. I giornali hanno bisogno di andare sul web, di curare la propria diffusione sui social network. Facebook e Twitter, secondo alcuni, restano solo un “megafono” per le notizie ma, in realtà, stanno determinando un vero e proprio cambiamento nell’informazione, dimostrato dalla crescente importanza delle testate digitali
di Guglielmo Sano
E pensare che Facebook era stato inventato per raccogliere le foto degli studenti universitari sul web, proprio come gli annuari tanto diffusi nei campus americani. Twitter, invece, all’inizio somigliava più a una chat pubblica. Chi poteva immaginare che i social network avrebbero cambiato totalmente il modo di fare informazione e di informarsi? Gli esempi che confermano questa vera e propria “rivoluzione” non mancano: i giornalisti del The Guardian riuscivano ad arrivare, nei luoghi dei disordini che si sono svolti a Londra nel 2011, seguendo le indicazioni date da normali cittadini nei propri tweet.
Le rivoluzioni in Egitto, Tunisia e Libia sono stati copiosamente raccontati su Facebook, invece, andando oltre varie forme censura. Si sprecano anche i commenti, sempre e comunque giustificati, sull’affidabilità delle notizie riportate dai social: dopo il terribile terremoto che ha colpito Haiti nel 2010, per esempio, era stata diffusa la notizia, poi rivelatasi decisamente falsa, della possibilità, per medici e infermieri, di recarsi gratuitamente a portare aiuto alla popolazione dell’isola. Insomma, il confronto con le bufale, è giornaliero per chi usa i propri profili “sociali”.
Detto questo, è ormai indubbio, a ogni modo, che “non si può restare in edicola”. L’avanzata dei social nel mondo dell’informazione è ormai inarrestabile se consideriamo anche che, secondo una ricerca di Lewis Pr, l’83% dei giornalisti ha un profilo su Facebook, il 70% su Linkedin e il 69% su Twitter. Mentre solo il 9%, degli intervistati dichiara di non aver sottoscritto nessun account. Per quanto riguarda il lavoro di redazione: il 38% li ritiene una fonte d’informazione, di cui bisogna poi comunque verificare la veridicità, il 25% unisce i vari post per confrontare i punti di vista.
Ma la rete sociale non è solo un modo per trovare la notizia, ancor di più, è il canale sempre più usato per diffonderla in maniera esponenziale, a volte virale. Secondo uno studio condotto da Pew research, basato su un campione di 5000 intervistati, Facebook nel 2013 ha incrementato il numero di lettori che porta ai siti editoriali del 170%. Sempre secondo la stessa ricerca: il 30% delle persone che accedono a internet usa Facebook per informarsi, in pratica stiamo parlando di 150 milioni di persone, d’altra parte il 50% degli utenti di Twitter usa quest’ultimo per “tenersi aggiornato”. Ci informiamo su internet? Sì e lo facciamo attraverso i social media.
D’altronde le “piazze virtuali” sono luoghi così affollati, Facebook ha raggiunto 22 milioni di utenti solo in Italia cioè il 78% degli utenti che si connettono quotidianamente alla rete in un mese, che non potevano non attrarre la stampa italiana sempre più in crisi: l’88% dei quotidiani italiani ha ormai una pagina Facebook, contro il 51% dei mensili e il 48% dei settimanali. Su FB vanno alla grande La Repubblica, 5 milioni di interazioni in 3 mesi, Il Fatto quotidiano, Fanpage.it e Leggo, seguono Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Praticamente uguale la situazione su Twitter.
“Rispetto allo scorso anno emerge una maggiore presa di coscienza dell’importanza dei social media, anche se l’uso è meramente strumentale a veicolare traffico sul sito web principale”, questo è il risultato dell’ultimo studio, presentato sul tema, al “Festival Internazionale del Giornalismo” da Vincenzo Cosenza. “Scarso l’uso del coinvolgimento del lettore. I link puri e semplici sono preferiti alle foto, che però risultano più apprezzate dai lettori” insomma “i social vengono utilizzati ancora come una discarica di link” senza una vera e propria cura del “contenuto postato” e del “dialogo con fan e follower” (solo La Stampa e Il Sole 24 ore hanno un Social Media Editor).
In pratica, le testate tradizionali che hanno una versione “cartacea”, non investono sui social media, d’altronde possono contare sui buoni risultati riscontrati negli “accessi diretti” al proprio sito. All’estremo opposto vi sono le testate “all digital” che fanno grande affidamento sulla condivisione, il 19% degli italiani “scopre” le notizie grazie a quello che postano gli “amici”, ma che hanno anche un tasso molto alto di “rimbalzo”, in pratica si arriva sul sito della testata on-line, grazie al social, ma si abbandona la pagina dopo neanche 30 secondi.