Il Piccolo Principe in teatro e… parla romanesco!

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Dopo settant’anni l’opera di Antoine de Saint-Exupéry torna sulla Terra, nelle librerie e nelle Biblioteche di Roma e uno dei libri più letti ed amati da grandi e piccini prende in prestito il dialetto di poeti come Trilussa e Belli

di Giulia Mirimich

Locandina Er Principetto TBQTutti i grandi sono stati bambini. Ma pochi di essi se ne ricordano”.

Così scriveva Antoine de Saint-Exupéry ne Il Piccolo Principe, il suo capolavoro che oggi è riconosciuto come vero e proprio classico della letteratura europea e non a caso uno dei libri più tradotti al mondo. Ed è proprio di un bambino che l’autore racconta, di quel bambino un po’ speciale, di quel piccolo principe che a volte si assopisce dentro ciascuno di noi. Attraverso gli innocenti occhi di un fanciullo si affaccia sull’universo, sui grandi perché lo affollano, sulle persone che lo popolano, ma soprattutto sui rapporti che queste ultime instaurano tra loro.

Pubblicato il 6 aprile del 1943, nel corso degli anni questo racconto intramontabile ha visto nascere numerose traduzioni, rivisitazioni e adattamenti. Nel 2013, anno del settantesimo anniversario dalla sua pubblicazione, arriva sugli scaffali una nuova traduzione: quella in romanesco, scritta da Maurizio Marcelli e a cura dell’Accademia Romanesca di cui è presidente. Er Principetto conserva tutta la poeticità dell’originale, riconsegnando però al dialetto quella funzione poetica che aveva in passato.

E dalle pagine scritte il Principetto prende vita diventando una rappresentazione teatrale in dialetto grazie ai soci e allievi di Duetto in Atto, associazione nata da qualche anno e che realizza laboratori didattici multi-disciplinari nelle scuole pubbliche della periferia romana, soprattutto nel territorio del V Municipio, promuovendo un teatro per ragazzi fatto da ragazzi.

Probabilmente è anche per questo che la scelta degli attori è ricaduta su quattro giovani: Gaia Ungherini (il Principetto), Simone Mangiaracina (l’Aviatore che vive e narra la storia), Davide Kazazi (nei ruoli dei vari personaggi che il principe incontra prima di scendere sulla Terra), Leonardo Falcioni (la Volpe).

In particolare, Gaia Ungherini, nel ruolo di protagonista, alla giovanissima età di 12 anni spicca nei panni di un timido e poetico Principetto, sia per la spontaneità che per la padronanza del romanesco. Le parole, le espressioni tipicamente romane sembrano uscire dalla sua bocca in modo così naturale da lasciare lo spettatore estremamente affascinato oltre che coinvolto: lo spettacolo infatti richiede in alcuni momenti l’ausilio della platea.

Ogni spettatore, prima che gli attori facciano la loro comparsa sulla scena, viene dotato di una rosa di carta. Quando il Principetto arriva sulla Terra, prima di incontrare la volpe si trova davanti agli occhi una distesa di rose. Le rose che ciascun spettatore tiene in mano. Il pubblico diventa quasi parte della scenografia, una scenografia semplice, con un melo cartaceo, mille fogli sparsi in un armonioso disordine, un globo rappresentante ciascun asteroide o pianeta in cui il fanciullo approda in esplorazione e una meravigliosa rosa, sempre di carta, poi coperta da un velo che la protegga.

La tradizione scritta incontra quella orale: non a caso lo spettacolo è stato promosso all’interno del circuito delle Biblioteche di Roma, a partire dalla “Gianni Rodari” il 6 aprile per concludersi nel Teatro Biblioteca Quarticciolo lo scorso 7 dicembre, dove allo spettacolo è seguito un confronto con l’autore del libro.

L’Associazione Culturale Duetto in Atto per l’allestimento dello spettacolo, oltre che alla collaborazione di @roma in barattoli e dell’associazione periferie, ha dovuto autofinanziarsi. La raccolta di fondi è stata possibile grazie all’aiuto dell’Associazione di Volontariato per l’infanzia La Primula, che si occupa anche di persone disabili e che ha coinvolto i suoi associati per la realizzazione di origami di volpi dal naso vermiglio dalle quale ricavare un piccolo contributo. Al termine dello spettacolo è stato possibile acquistare le volpi rimanenti, come souvenir, come un ricordo di quella breve ora di poesia viva, di quella breve ora in cui l’Aviatore, la Volpe, la Rosa, il Principetto e tutti i personaggi in cui si imbatte sembrano volerci ricordare che ognuno di noi dentro è pieno di cose meravigliose. Basta solo cercarle.

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