L'ennesimo teatro perduto di Roma: cancellata la programmazione del Palladium di Garbatella

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È un domino a cadere il rapporto di Roma con i suoi teatri. La velocità e il numero delle tessere che vengono buttate giù vanno aumentando, di anno in anno, mentre le altre, che ancora rimangono in piedi, traballano

di Giulia Marras

fonte immagine: romafutura.org

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Non solo teatri, ma anche cinema, librerie, e antichi negozi. Vecchie istituzioni che male si inseriscono nella nuova società digitalizzata. E non si tratta solo di crisi economica: è la crisi di un certo modo di usufruire della cultura; è crisi di partecipazione. E in questi momenti in cui il recupero di partecipazione è fondamentale, i luoghi maggiormente adibiti a farlo vengono a mancare. E’ un circolo vizioso.

Così dopo il Teatro Valle, il Cinema Palazzo, il Cinema America, di cui ci siamo occupati in passato, anche il Teatro Palladium perde la sua stagione, organizzata dalla Fondazione Romaeuropa. Non si chiudono completamente i battenti, ma mancano i fondi per poter completare una programmazione degna di un teatro che, seppur giovanissimo (inaugurato nel 2003), ha sempre vantato spettacoli di respiro internazionale (Marina Abramovic, Peter Sellars, Peter Brook) e i nomi più rappresentativi della scena contemporanea italiana. Sono stati salvati dalla cancellazione esclusivamente il nuovo spettacolo di Emma Dante, Le sorelle Macaluso (29 Gennaio – 9 Febbraio), quello di Peter Stein, Il ritorno a casa di Harold Pinter, in scena da questo 14 Gennaio fino al 26, nonché Journal d’un corps di Daniel Pennac dal 19 al 23 marzo . Ma non è solo il prestigio di un cartellone che svanisce per l’indifferenza degli organi istituzionali; è soprattutto il centro culturale di un quartiere, Garbatella, che proprio negli ultimi anni era riuscito a trasformarsi e a rinnovarsi in un punto nevralgico e attivo della città.

fonte immagine:romaeuropa.net

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Il Palladium non è solo un teatro: grazie alla gestione, condivisa con Romaeuropa, dell’Università Roma Tre e in particolare del Dipartimento di Musica e Spettacolo, è un laboratorio continuamente aperto, uno spazio di creazione e condivisione, laddove e quando ai giovani mancano i mezzi e la possibilità di esprimersi attraverso il proprio lavoro. Il pubblico che vive il teatro Palladium c’è sempre stato, grazie all’offerta diversificata dei generi e degli eventi.

Da una parte quindi si segnala l’urgenza e la voglia di ri-trovarsi fisicamente, per respirare vita ed arte; dall’altra la chiusura di questi luoghi spinge sempre di più il cittadino a rimanere immobile, connesso ma isolato. La conseguenza paradossale è che questi spazi di aggregazione saranno i primi sacrifici di un’economia (e di un governo) che, per salvarsi, considera ciecamente la cultura come prima vittima dei tagli.

Per fortuna, in risposta a questa tendenza auto-distruttiva, se ne sta verificando un’altra: quella della mobilitazione; della ribellione alle decisoni dei piani alti, la presa di coscienza e l’autogestione. Da qui le occupazioni (Valle), le resistenze agli sfratti (Scup), le raccolte fondi autonome (Centro Sociale La Strada). E anche per il Palladium si stanno muovendo personalità note dello spettacolo, attori, musicisti, giornalisti e registi, associazioni e organismi culturali come la CReSCo – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, ma anche consiglieri e assessori.

E’ importante, come sottolinea la CreSCo, che anche il Palladium non finisca nel controllo di Zètema, società di Roma Capitale che ammministra la maggior parte dei musei e dei teatri romani. La cultura non può essere solo di pochi, deve rimanere pubblica.

fonte immagine: sangiovanni.romatoday.it

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Soprattutto anche quando quei teatri che sono diventati istituzioni della città rischiano la caduta: il Teatro India chiuso per ristrutturazione, il Teatro Argentina per un soffio salvato dai debiti, il Teatro dell’Opera appena uscito dal commissariamento.

Ultimamente sono invece sempre più i Centri Sociali occupati a fornire servizi e cultura liberi ai cittadini dei propri quartieri: per ritrovare il giusto senso di comunità, vivibilità, accessibilità, e mai per ultima, cultura.

Speriamo che il Palladium sia solo l’ultimo degli esempi di inutile e dannosa sospensione sociale e culturale. 

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