Vecchie e nuove “High Hopes”, nel sicuro stile del Boss
Nessuna attesa sulle spine, anzi. Tutto l’album in streaming e qualcosa in più, grazie ad una “piccola svista” di Amazon. Esce domani il nuovo album di Bruce Springsteen, tra brani nel cassetto, complete rivisitazioni e importanti collaborazioni. Ma a supportarlo c’è sempre la fedele E Street Band
di Valentina Palermi
su Twitter @ValPalermi
Una differente percezione di brani del passato, di quelli che lo avevano colpito, che erano rimasti chiusi in un cassetto, di quelli che aveva scritto, che aveva rimesso via, e che improvvisamente riprendono ritmo. Semplicemente, grazie all’ispirazione che viene dalle sensazioni sonore o visive che lo circondano, anche in studio. Oppure con la collaborazione di chitarristi come Tom Morello, ex Audioslave e Rage Against The Machine. E che gli fanno dire “Non si tratta di outtakes, è solo il modo in cui lavoro”.
Bruce Springsteen è tornato senza andarsene, continuando a lavorare anche durante il Wrecking Ball World Tour, giunto al termine lo scorso settembre dopo aver riempito anche le piazze e gli stadi di Roma, Milano, Firenze, Padova e Napoli. Il risultato è un lavoro che corona le sue “grandi speranze” di portare a completamento quella canzone a suo avviso ancora monca, oppure spenta, magari già suonata sul palco, a cui finalmente è riuscito a dare “quel sound che doveva avere quindici anni fa”.
Nessuna operazione teaser per i suoi fan, se non un errore di Amazon, che per alcune ore ha consentito l’acquisto dell’album sulla versione per smartphone e tablet del proprio sito, rimuovendolo poi, appena registrato l’errore. Una svista che odora di malizia, e che prima dell’uscita ufficiale di domani 14 gennaio, ha portato alla diffusione in streaming su Soundcloud delle dodici – vecchie ma nuove – tracce.
Cominciando proprio dal brano degli Havalinas, band di Los Angeles influenzata – si dice – dalle sonorità del Boss, che a quanto pare ha subito la fascinazione di sé stesso, riproponendo in chiave diversa quanto già inserito nell’EP. Una scarica funky che apre l’album, e smuove gli animi come “Harry’s Place”, più elettronica rispetto alla versione contenuta in The rising (2001) – ma nostalgicamente accompagnata dal sax del defunto componente della E Street Band, Clarence Clemons, per confonderli poi con le commistioni indoeuropee implicite in “This Is Your Sword”, passando al classico rock di “Frankie Fell in Love” – in compagnia di Steve Van Zandt – e ai cori gospel di “Heaven’s Wall”.
Canzoni completamente scollegate dalle altre ballad più o meno sostenute, proprio perché conseguenze di impulsi. Come alla penetrazione della chitarra – e della voce, meno apprezzata – di Morello, che accompagna otto brani e infiamma “The Ghost of Tom Joad”, title-track dell’album del 1995. Oppure ai temi sociali, dagli echi della denuncia dell’assassinio dello studente Amadou Diallo raccontata in “American Skin (41 Shots)” – inserita in Live in New York City (2001) – alla ruvida dolcezza della sua “The Wall”.
La delicatezza delle note più rilassate caratteristiche di Springsteen risale dalle profondità di “Down In The Hole”, per affiorare in “Hunter of Invisible Game”, sussurrata dalla riflessiva “Just Like Fire Would” degli australiani Saints, ed enfatizzata nella cover dei Suicide “Dream Baby Dream” a chiudere la serie.
Facendoci uscire da un sogno rivisitato dalle ambientazioni indiscutibilmente ninenties, riportandoci una chiara visione del cantautore statunitense, che magari può apparire un po’ sfocata e indefinita – come nella cover dell’album – ma che ritorna pur sempre alle origini del suo desiderio di fare musica – dichiaratamente ispirato dalle pose di copertina alla Elvis Presley.
The Boss ha saputo – e voluto aspettare – per farle uscire dal suo archivio, senza accelerare i tempi o affrettarsi. Lui non cambia, continua a scrivere: “altre cose sono a metà strada, altre ancora son cose che non ho mai fatto prima”.
A noi, dopo le grandi speranze, ulteriori attese.
I migliori dischi del Boss possono essere visti come dei libri che raccontano una storia ben precisa: ogni canzone è il capitolo del romanzo più completo. Lo stesso Wrecking Ball, pur con qualche difetto sotto il profilo musicale, dal punto di vista narrativo manteneva una coerenza poetica ed una profondità emotiva come pochi altri album della sua discografia. Purtroppo faccio fatica a trovare un filo conduttore narrativo tra le canzoni di High Hopes.
Alla fine mi torna sempre in mente una frase che ripeteva spesso mio nonno: Apri la bocca solo quando hai veramente qualcosa da dire, altrimenti è meglio che la tieni chiusa.
Dopo un album poeticamente e politicamente impegnativo come Wrecking Ball ci sta che Springsteen sforni qualcosa di più leggero, però se la leggerezza tende a sfumare nella superficialità allora c’è qualcosa che non funziona.
PS: ciao e complimenti per il tuo blog!!!!!