Aborto: la Spagna torna indietro di 30 anni
Il governo di destra di Mariano Rajoy prepara una legge che trasforma il diritto delle donne alla interruzione della gravidanza in un reato
di Maria Bonillo Vidal
L’aborto non sarà più un diritto, ma un reato. Questa è l’idea di fondo che caratterizza la nuova legge sull’interruzione di gravidanza concepita dal governo spagnolo. Una norma che, sposando le ideologie più conservatrici e vicine alla Chiesa cattolica, riporta il Paese indietro di quasi trent’anni.
Il cambio ideologico è ben visibile sin dallo stesso nome della legge: Legge di protezione della vita del nascituro e dei Diritti della Donna Incinta – ovviamente non si parla tanto dei diritti delle madri, ma dei feti. Alberto Ruiz Gallardón, il ministro della Giustizia che porterà avanti il progetto nel Congresso e teoricamente membro dell’ala più centrista del Partito Popolare, ha difeso la sua riforma “pensata per più deboli, i non nati”. Secondo il ministro la legge attuale, approvata dal partito socialista nel 2010, non rispetta “l’equilibrio” tra i diritti delle madri e dei feti.
Il punto più controverso della bozza consiste nella cancellazione del diritto ad abortire per “scadenze o periodi”: le donne non potranno più decidere da sole se interrompere o meno la gravidanza – come prevede la legge attuale, che permette l’interruzione nelle prime settimane – ma potranno farlo soltanto nel caso in cui la salute della madre corra pericoli “seri e durevoli” o quando questa sia stata violentata. Gli eventuali rischi, inoltre, dovranno essere accertati da due dottori diversi da quello che interverrebbe per effettuare l’aborto – questi due medici dovranno appartenere a due diversi ospedali.
Infine, viene abolita la grave malformazione del feto quale motivo per decidere di non dare alla luce il nascituro. Solo nel caso in cui questa malformazione dovesse costituire un pericolo (di nuovo) “serio e incompatibile con la vita del feto o della madre”, si potrà interrompere il processo – circostanze che dovranno essere valutate da specialisti. L’unica via d’uscita per evitare la condanna penale è argomentare un eventuale rischio per la salute mentale della madre – su questo punto, dovrebbe valutare uno psichiatra. Se la futura madre non è ancora maggiorenne, saranno i genitori o i tutori legali gli incaricati di portare avanti la decisione.
Ovviamente l’indignazione e il malcontento delle donne iberi che non ha tardato a farsi sentire, l’1 febbraio è stata convocata una manifestazione a Madrid per chiedere lo stop di questa legge. “Non accettiamo imposizioni che limitino i nostri diritti sessuali e riproduttivi e, dunque, la nostra capacità di realizzazione come persone autonome. Non vogliamo accettare maternità forzate. Non siamo bambine, vogliamo prendere autonomamente le decisioni riguardanti il nostro corpo”, spiegano le organizzatrici della manifestazione.
Inseme ad esse, l’intera opposizione politica e sociale critica il Partito Popolare cui “interessano solamente i diritti delle persone non nate, non la dignità di quelle vive” – indicando come questa riforma sia in sintonia con i tagli ai servizi sociali e le riforme austere che hanno generato povertà nella popolazione spagnola. Donne, uomini, associazioni e partiti politici chiederanno il prossimo febbraio la cancellazione di queste riforme, le più restrittive di tutta la storia democratica del Paese.
i perversi effetti del cristianesimo, sul corpo delle Donne. Un sentito grazie da parte delle mammane