Salari e brogli: la rabbia della Cambogia
Centinaia di migliaia in piazza per paghe più alte e nuove elezioni. Violenta reazione dei militari: uccisi 4 manifestanti
di Sara Gullace
Si è aperto con fuoco e sangue il nuovo anno in Cambogia. Si è aperto male, ancor peggio di come era terminato. Non erano stati mesi facili, infatti, gli ultimi, per la popolazione cambogiana.
Alle prese con l’ombra dei brogli elettorali sulla vittoria di Hu Sen lo scorso Luglio, eletto primo ministro per la quarta volta consecutiva, e prostrati dallo sfruttamento salariale, i cambogiani sono scesi più volte in piazza per rivendicare paghe più alte e nuove votazioni politiche.
L’ultima manifestazione, venerdì 3 Gennaio, nella capitale Pnom Pehn, ha visto spargere il sangue di quattro vittime e diversi feriti. La polizia, che fino ad allora si era opposta ai “disordini” con idranti e manganelli, ha deciso di sparare sulla folla per fermare “i manifestanti muniti di sassi, bastoni e bombe molotov” – secondo quanto dichiarato dal portavoce della Polizia Militare.
La repressione ha sfollato la piazza e inasprito gli animi, aggiungendo risentimento alla frustrazione. Per settimane le piazze e le strade della capitale erano state scena di un disagio crescente, con centinaia di migliaia di dipendenti in sciopero pronti a manifestare davanti alle fabbriche ed alle istituzioni o a bloccare il traffico della città. La pressione era tanto alta che l’ associazione di categoria degli imprenditori tessili prima di Natale aveva sollecitato i suoi aderenti a chiudere le fabbriche per una settimana, temendo che le manifestazioni potessero prendere di mira edifici e macchinari, in quelle aziende in cui una parte dei lavoratori non avesse aderito allo sciopero.
In Cambogia il settore tessile è traino dell’economia e delle esportazioni estere: tanti sono i marchi stranieri presenti sul territorio. Alla crescita del paese, che rimane comunque tra i più poveri al mondo, non è corrisposto un miglioramento delle condizioni dei lavoratori che, ormai da anni, denunciano una condizione di vero e proprio sfruttamento in termini di stipendi e numero di ore lavorate.
I 650 mila operai, di cui 400 mila dipendenti di aziende che vendono all’estero, chiedono da mesi un salario mensile di 160 dollari invece degli attuali 80. Il governo di Hu Sen ha risposto promettendo una corresponsione di 90 dollari a partire dal prossimo aprile. Troppo poco per lavorare anche 10 ore al giorno anche tutti i giorni. I sindacati locali hanno più volte denunciato all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIT) diversi casi di svenimento sul luogo di lavoro e malnutrizione degli operai.
Lo sfruttamento della manodopera in Cambogia è una questione che si protrae da anni. Adesso, alla frustrazione che affligge i lavoratori del tessile, si è aggiunto il malcontento generale scaturito dalla crisi politica dovuta alle vicissitudini post-elezione di quest’estate. Come detto, Hu Sen (Partito Popolare Cambogiano) è stato rieletto primo ministro; è al potere dal 1993, ma l’opposizione del Partito di Salvezza Nazionale (CNRP) guidato da Sam Rainsy ha da subito denunciato frode elettorale.
Il partito al governo, il 28 Luglio ha battuto di pochi seggi la parte concorrente, riportando il peggior risultato della sua storia. Da allora i rappresentanti del CNRP chiedono, per ora invano, un’investigazione sulla procedura elettorale: con il passare dei mesi, il dissenso si è acuito e l’animo di rivolta ha finito per coinvolgere i manifestanti del tessile.
La reazione militare di inizio Gennaio è stata nettamente criticata dallo stesso Rainsy, che ha tenuto a prendere le parti degli operai: “E’ stato un tentativo inaccettabile non solo di fermare lo sciopero degli operai – ha dichiarato all’Agenzia di stampa francese – ma tutto il movimento sindacale e, di riflesso, il processo di democratizzazione dell’intera Cambogia”. Secondo il leader politico “La popolazione è, adesso, più determinata che mai ad ottenere maggiori diritti salariali ed un nuovo governo, attraverso nuove elezioni”.
L’Onu, attraverso il portavoce dell’Alto Commissariato ha denunciato “grave allarme per lo sproporzionato uso della forza” chiedendo un’investigazione in merito: in questi giorni il rappresentante speciale Onu per la Cambogia, Surya Subedi, è in visita nel Paese asiatico per incontrare Hu Sen, gli attivisti pro diritti umani e gli organismi indipendenti.
Il fuoco di inizio anno ha disperso i manifestanti e interrotto gli scioperi, ma non ha di certo messo a tacere la ribellione.