Flusso di coscienza e limite linguistico: Joana Corona
L’artista brasiliana racconta la sua esperienza artistica con la città di Roma con una mostra sull’oblio e il limite linguistico
di Caterina Mirijello
Cosa sarebbe un libro senza parole? Sarebbe comunque un libro?
Joana Corona, artista brasiliana che per la prima volta espone a Roma nella Muga GAllery, ci presenta il suo percorso artistico e interiore con la mostra “Per il letto del fiume (ciò che sfugge da me)”, aperta fino al 16 prossimo febbraio.
L’artista nelle sue opere abbina l’idea di fugacità del tempo al limite semantico intrinseco in ogni linguaggio. Sentimenti, sensazioni, emozioni, paure che spesso si rivelano inesprimibili nel sistema di regole linguistiche, e quindi tutto un mondo destinato all’oblio, al non ricordo perché non materializzabile. Con un oggetto estremamente simbolico: il libro.
Joana lavora su questo concetto, e lo fa privandolo del suo senso più profondo, denaturandolo. Libri vuoti, libri senza parole, libri epurati di frasi, libri violentati, libri svuotati del loro essere semantico più profondo per riproporli così, come oggetti, inspiegabili, senza legame con la realtà.
Un oblio che scaturisce dalla lettura, in cui le parole si trasmutano, si cancellano, il flusso cronologico perde la sua successione ordinata e fa si che le frasi si sovrappongano fra loro, le parole si confondono e si accavallano, recidendo il legame spazio temporale e rafforzando il concetto di unicità dell’evento.
La sua ricerca artistica si concretizza in due forme ben precise: la fotografia, che intrappola l’evento fermando il tempo e astraendolo da legami di genere (un po’ come i suoi libri tagliati e smembrati) e il video, la cui successione di immagini esprime in pieno l’inarrestabile susseguirsi degli eventi, il flusso continuo della vita.
L’immagine, che più di ogni altra, esprime la sua ricerca artistico- concettuale è il Fiume, il Tevere, il quale assorbe ogni oggetto, lo ingoia nel suo flusso, e lo trasmuta con la sua inarrestabile trasformazione. Una corrente continua, che, quando forte e violenta e altre volte placida e invisibile, accoglie nel suo percorso ogni oggetto, per farlo proprio, per regalare alla sua memoria nuove storie e racconti da destinare all’oblio. Un po’ come tutto quell’universo di idee e pensieri inesprimibili con linguaggi di sorta.
Così, il libro, depositario di memorie ma limitato per sua natura, scivola via lungo l’increspatura dell’acqua, si lascia trasportare dalla corrente, per essere ingoiato pour toujours dal fiume, dall’oblio. Dal Tevere.
Lei è un’artista belíssima!