Il Medio Oriente sanguina, l’Europa guadagna
Gli affari europei della grande industria della guerra sono sempre più floridi: nel 2012 i governi del “vecchio continente” hanno rilasciato circa 40 miliardi di euro di autorizzazioni all’esportazione di attrezzature e tecnologie militari. Quasi un quarto di esse sono state vendute nella “polveriera” mediorientale
di Guglielmo Sano
Sono cifre approssimative, probabilmente arrotondate per difetto e non totalmente “trasparenti”, quelle contenute nella “XV relazione annuale sul controllo dell’esportazione di tecnologie e attrezzature militari”, relazione peraltro consegnata molto in ritardo rispetto alla data prevista e senza alcun annuncio pubblico – come avviene ogni anno, purtroppo.
Pur imprecisa e carente di dati sulle effettive esportazioni di armamenti da parte di vari paesi – oltre che sulle effettive consegne – la relazione evidenzia comunque un dato: le autorizzazioni, da parte dei governi europei, all’esportazione di armi sono aumentate del 6,2% nel 2012 rispetto all’anno precedente, sfiorando i 40 miliardi di euro – nel 2011 le licenses avevano toccato quota 37,5 miliardi di euro, poco meno di 32 nel 2010.
Governi e industria bellica, sempre secondo il rapporto, hanno indirizzato tecnologie e attrezzature militari in particolare verso il Medioriente: sono state autorizzate esportazioni per un valore di 9,7 miliardi di euro – 8 nel 2011 e 6,6 nel 2010 – cifra enorme che rappresenta quasi un quarto dell’ammontare totale.
La relazione non presenta tabelle comparative – particolare che contraddistingue anche quelle degli anni scorsi – quindi per evidenziare le tendenze del mercato ci avvarremo delle elaborazioni di Giorgio Beretta, che su unimondo.org ha scritto: “occorre innanzitutto considerare le autorizzazioni (licences) all’esportazione di armamenti sulle quali la Relazione riporta dati abbastanza completi – l’ammontare complessivo delle autorizzazioni all’esportazioni di materiali militari nel 2012 è, come detto, di quasi 39,9 miliardi di euro (€39.862.724.243) con un incremento del 6,2% rispetto al 2011 – una cifra molto vicina al record toccato nel 2009 quando le autorizzazioni hanno raggiunto i 40,2 miliardi di euro”.
C’è un problema però, a spiegarlo è sempre Beretta, una volta che la relazione collega le somme effettive dei proventi dell’esportazione alle relative aree geopolitiche, al totale, mancano circa 589 milioni di euro. Questa cifra non è indifferente e non permette – abbiamo già parlato delle ataviche imprecisioni di cui, anno per anno, soffre la relazione – di effettuare una chiara cartografia della vendita di armi da parte dei governi europei.
Grazie alle cifre riportate si può attestare tuttavia che il commercio intra-statale tra paesi dell’UE è in calo – della crisi economica risentono anche le spese militari evidentemente – senza che, però, si configuri un’“inversione di tendenza” o una “crisi del mercato intra-europeo delle armi”. In calo anche le esportazioni verso l’Asia, intorno ai 5 miliardi, nel 2008 avevano toccato il picco di 7, stabili quelle verso l’Africa intorno all’1,6%. Risultano, invece, in crescita, ma sempre nella media quinquennale, le esportazioni verso il Nord-America e i paesi europei extra UE. In ripresa quelle verso l’Oceania.
Presentano un incremento significativo le esportazioni verso Centro e Sud America, toccano la cifra record di 3,7 miliardi, e quelle già citate verso il Medioriente: “In forte crescita, tanto da raggiungere il massimo storico, sono soprattutto le autorizzazioni per esportazioni di armamenti verso la zona di maggior tensione del pianeta: il Medio Oriente. Si tratta di oltre 9,7 miliardi di euro (€9.722.911.877) con un incremento del 21,9% rispetto ai poco meno di 8 miliardi di euro del 2011”.
Tra i maggiori acquirenti c’è l’Arabia Saudita (3,6 miliardi di euro), supera anche gli Stati Uniti fermi a 3,2 miliardi, poi l’Oman (2,2 miliardi) e gli Emirati Arabi Uniti con 1,5 miliardi. Le tre monarchie non brillano certo per liberalità tanto che il settimanale britannico The Economist, nel suo “Democracy Index”, li definisce “regimi autoritari”: “al parlamento europeo andrebbe perciò sollevato qualche interrogativo sull’ampia consistenza e compatibilità di queste esportazioni di armi con la normativa europea (la Posizione Comune 2008/944/PESC) con la quale gli stati membri si sono impegnati a “impedire l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari che possano essere utilizzate per la repressione interna o l’aggressione internazionale o contribuire all’instabilità regionale”.
E l’Italia? In linea con la cifra riportata dal Ministero degli Esteri all’epoca del governo Monti, risulta che l’Italia nel 2012 abbia autorizzato esportazioni per poco meno di 4,2 miliardi – cifra superiore a quella del Regno Unito, davanti, invece, Francia, Spagna e Germania – inoltre “la gran parte dei 613 milioni di euro di esportazioni militari europee autorizzate verso Israele fanno parte dell’accordo firmato dal governo Monti per la fornitura all’aviazione militare israeliana di 30 aerei militari M-346 della Alenia Aermacchi: una autorizzazione di quasi 460 milioni di euro verso un paese come Israele che non brilla certo per l’osservanza delle convenzioni internazionali o per il rispetto del diritto internazionale umanitario”.