Lo shale Gas incalza l’Europa
La scoperta del gas convenzionale fa gioire da qualche anno Stati Uniti e Canada. Il raggiungimento dell’indipendenza energetica è sogno di molti, nel continente Europeo. Eppure oggi sembra ancora forte il legame con gli storici venditori di gas.
di Martina Martelloni
Quando si parla di gas, oggi, non si può evitare di qualificarlo come “non convenzionale” – altrimenti conosciuto come shale gas. La particolarità e specificità di questa energia fossile, che per natura e consistenza si presenta tale e quale al gas tradizionale, si deve cercare nella fonte d’origine. Lo shale gas è contenuto in una roccia serbatoio impermeabile considerata per anni, tantissimi anni, quasi impossibile da perforare per l’estrazione.
L’avanzare delle nuove tecnologie ha smentito clamorosamente ogni tipo di dubbio in merito, e il nuovo millennio si avvale di tecniche del tutto innovative quali la perforazione orizzontale e la conseguente frantumazione idraulica.
Il vanto maggiore per aver avviato il meccanismo di “fracking” (questo il nome della tecnica estrattiva), spetta agli Stati Uniti, potenza che attraverso lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas ha visto aumentare la sua produzione generale interna del 50% – di cui il 23% derivante dal gas unconventional. Una portata numerica simile rende gli Usa i maggiori produttori di gas naturale al Mondo, un percorso in discesa verso la quasi totale indipendenza energetica.
Stessa sorte si cerca tra i confini del Vecchio Continente. Paesi quali Polonia e Gran Bretagna in primis, si rendono promotori dell’avvio del fracking sui loro sottosuoli e tutto questo dopo l’avvallo europeo.
Bruxelles ha infatti autorizzato tutti gli Stati membri dell’Ue nel poter regolare autonomamente la ricerca di shale gas – che comporta tecniche invasive quali immissioni di potenti getti d’acqua ed acidi nel sottosuolo. Libera scelta, libero destino. Lo shale gas potrà essere la nuova risorsa energetica in quei paesi Ue che intendono sfruttarne le potenzialità.
Questo clima di false speranze, in realtà nasconde problematiche geografiche ed ambientali da non sottovalutare. In molti, tra studiosi ed esperti del settore, sostengono l’impossibilità di fare dell’Europa una ricca sorgente di shale gas. Le motivazioni riguardano i pochi spazi a disposizione, in quanto l’urbanizzazione è alle stelle, a seguire poi si dubita sulla reale conoscenza della tecnica di estrazione che è oramai di ordinaria amministrazione negli Usa.
Ambientalisti e titubanti in genere sostengono la possibilità di incorrere in effetti collaterali dannosi per il sottosuolo e la terra nella sua totalità, anche se fino ad ora, considerando l’estrema giovinezza della scoperta di estrazione, non è completamente possibile effettuare studi dimostrativi in merito.
Il via libera della Commissione Europea pone comunque alcuni limiti in relazione al rispetto dei principi di tutela ambientale. In caso di anomalie riscontrate nei primi 18 mesi di controllo da parte dell’esecutivo comunitario, si potrà avviare una proposta legislativa per rendere i vincoli obbligatori.
Nel caso italiano, la risposta del Ministero dello Sviluppo Economico alla Commissione Europea si può riassumere in un secco rigetto dell’offerta. La Strategia Energetica Nazionale del 2013 non prevede il rilascio di licenze per l’avvio di ricerche e sfruttamento di shale gas. Questo per l’Italia comporta la stretta ulteriore di una catena storica con la Russia di Putin, principale fornitrice di gas e potente area di transito per gasdotti orientali.