Le sorprese dell’“Harlequin Dream” dei Boy & Bear
Pressoché sconosciuto nel nostro Paese, questo quintetto australiano è “profeta in Patria”. Dopo aver esordito con il loro primo disco al secondo posto nelle classifiche della loro terra d’origine, presentano il loro nuovo album con un tour mondiale. Che tocca l’Europa, ma ci sfiora appena
di Valentina Palermi
In principio, per l’esattezza nel 2009, fu Dave Hosking il ragazzo creatore di un progetto solista, alla cui voce e chitarra si aggiunsero di lì a poco quelle di Killian Gavin, il basso di Jake Tarasenki, insieme alla batteria, al banjo, al mandolino e alle tastiere dei fratelli Tim e Join Hart, a dar lentamente vita ai Boy & Bear.
La band viene consacrata grazie all’uscita due anni dopo del disco Moonfire, che debutta al secondo posto nella classifica dei dischi australiana, la ARIA Album Chart, con la hit “Feeding Line”, un successo in casa così come in America.
Un lavoro che gli permette di vantarsi della vittoria di ben cinque premi (tra cui Album of the Year, Best Group, Breakthrough Artist, Best Adult Alternative Release) e li spinge alla volta di importanti festival – Lollapalooza, tanto per dirne uno – in tour come gruppo spalla di artisti come Angus And Julia Stone e Mumford & Sons. Proprio a questi ultimi, forse per il look o ancor di più per le sonorità folk, vengono spesso assimilati, insieme ai conterranei Local Natives.
Un debutto col botto, come si suol dire, e un ritorno altrettanto esplosivo. E’ infatti uscito da pochi giorni Harlequin Dream, loro secondo e atteso album che ha già raggiunto la prima posizione in classifica in Australia, prodotto da Phil Ek (già dietro ai successi di Band Of Horses e Fleet Foxes). Un contenitore di emozioni e campionamenti raccolti da Dave Hosking durante l’esperienza oltreoceano, in seguito alla quale hanno cominciato a registrare nei leggendari Alberts Studio di Sydney (da cui passarono anche gli AC/DC).
Con l’inserimento di David Dymes al basso, l’indie-folk scivola sulle suggestioni old pop dal tipico gusto sunshine alla “California Dreamin” o Fleetwood Mac, riportando indietro chi ascolta agli anni ‘60 e ’70.
Decisamente chiaro fin dal primo singolo “Southern Sun”, nato dagli orizzonti della Tasmania e diffusa durante il freddo agosto con un video girato in Nuova Zelanda. Una scelta ponderata e cosciente, come afferma Killian Gavin, che lascia spazio a suoni più morbidi, meno rock, più sensuali.
Brani intimi che sembrano accompagnarti, “Stranger” durante un viaggio su strade sconfinate, senza disturbarti con il loro “Old Town Blues”, fino alla “End of the Line”.
Tornano con “Back Down the Black”, per poi colorare le storie e le poesie raccontate nei vari brani con l’intersezione di sassofoni oscillanti come nella title track, filmata nella natura di Palawan, nelle Filippine. Luoghi e armonie strumentali di raffinata bellezza, che regalano un pop ricco di “sorprese nascoste”, come sostiene lo stesso Dave.
Sorprese che verranno svelate durante il loro tour mondiale, che passerà dal Canada e gli Stati Uniti per terminare nella loro terra d’origine, iniziando però a muovere i primi passi proprio tra Gran Bretagna ed Europa a partire dal 20 febbraio. Molte già le date sold out, nessuna qui in Italia. Il loro passaggio ci sfiorerà, non spingendosi più a sud di Zurigo.
Per scoprirle, a noi non rimane che preparare la borsa per il weekend. Oppure ascoltarli nella nostra auto.