Cinema & libri – “Il film in cui nuoto è una febbre”: 10 critici per 10 registi contemporanei fuori dagli schermi
Continua il nostro viaggio nella nuova critica cinematografica italiana, quella che si forma sul web, grazie al web e dal web, supportato da film “underground” che non passano nelle sale e che a volte raggiungono la carta stampata
di Giulia Marras
su Twitter @giulzama
Il mestiere del critico non è mai stato ben visto. Artisti falliti, scrittori frustrati, spettatori repressi. Ma come sappiamo, il web ha dato ancora un enorme spazio a una critica “dilettante”, prima oscurata dalle penne autorevoli dei giornali cartacei che nell’immaginario collettivo ormai avevano probabilmente la figura di vecchi burberi e polemici.
Da quando sono nati i blog, tutti sentiamo la necessità (quasi il dovere) di far sentire la nostra opinione, su qualsiasi cosa. Declassando in questo modo la professionalità e la specializzazione del singolo e del suo sapere. Soprattutto il mestiere della scrittura e della critica è messo così in pericolo dall’eccesso di materiale trattabile e dal suo facile accesso, che in alcuni casi potrebbe risultare incauto, proprio perché spesso privo dei giusti mezzi per interpretare.
Ma questo è solo il lato negativo e la visione più pessimistica della faccenda. La libera accessibilità e la libera condivisione di contenuti del web hanno permesso, a chi ne sa fare buon uso, una nuova ricchezza culturale a costo zero, al di fuori dalle università e dalle costose scuole di specializzazione, sempre più spesso troppo inconsistenti.
Se poi parliamo di film e di critica cinematografica, per essi il web ha rappresentato una nuova nascita, grazie alla diffusione più o meno gratuita (non è questo il luogo per specificare se legale o no) di un cinema passato e dimenticato, o contemporaneo ma invisibile, altrimenti inavvicinabile nelle sale o in televisione, se non a Fuori Orario. Così anche giovani critici, o semplicemente curiosi e appassionati, possono scoprire nuove frontiere dell’audiovisivo e cimentarsi, grazie al web e alle nuove piattaforme in espansione dedicate alla critica più attenta del cinema oltre e altro (Gli Spietati, Uzak, Rapporto Confidenziale), nell’analisi “di Resistenza” all’offerta limitata del Mercato italiano.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce uno dei casi editoriali di questi anni “Il film in cui nuoto è una febbre”, edito da Caratteri Mobili e curato da Luigi Abiusi, direttore di Uzak.it. Continuando il discorso sulla nuova critica italiana, quella che si scosta dal cinema commerciale e affrontato la scorsa settimana con la proposta dell’Atlante Sentimentale del cinema del XXI secolo. Il lavoro di Abiusi è un secondo esempio di come un tipo di scrittura “febbrile” su un tipo di cinema geograficamente e formalmente alieno sia ancora possibile, e riesca ad uscire dalle pagine immateriali del web arrivando all’intoccabile carta stampata.
“Il film in cui nuoto è una febbre” è la raccolta di 10 saggi, scritti da 10 critici di diversa provenienza e diverso stile, su 10 registi contemporanei, tutti al limite della narrazione, della visibilità e della possibilità di essere raccontati e le loro immagini descritte. E’ il lavoro impossibile ma urgente, incontrollabile del critico, così come sono urgenti, terapeutici, insiemi di manie, i film dei registi qui analizzati: dalle lontanissime Filippine di Lav Diaz al cinema della crisi della rappresentazione greca di Yorgos Lanthimos, il western filosofico dell’italiano Davide Manuli e il dolore della pura realtà di Ulrich Seidl, il sub-realismo di Bruno Dumont e l’immaginazione caotica ed eccessiva di Michel Gondry. E poi Lisandro Alonso, Olivier Assayas, Kelly Reichard e Apichatpong Weerasethakul.
Ogni filmografia è una storia a sé, nella quale i film diventano parte di un unico racconto, un’unica visione che si arricchisce di volta in volta, di prospettive, punti di vista e di fuga, colori e chiaro-scuri, personaggi. Lo stesso sguardo mostra con la materialità della luce e dell’immagine sullo schermo l’astrattezza e lo smarrimento della società contemporanea.
E paradossalmente il lavoro di critica tende a spiegare quell’inafferrabile e l’impenetrabile insiti nell’immagine cinematografica, fallendo. La parola insegue l’immagine, non catturandola mai, ma fallendo riesce nel suo compito, quello di non sostituirsi al cinema, ma di illuminarlo dall’esterno con mezzi diversi dai propri.
Una lettura che è un viaggio di scoperta, più che una ricerca di verità su un cinema troppo misterioso per poter essere disvelato.
Il sito del libro: Caratterimobili.it.