Soči(al) Network, Day 3: Armin letale e il peso della valigia
La rubrica che vi accompagna durante tutta la XXII edizione delle Olimpiadi Invernali di Sochi 2014, da un punto di vista particolare
di Paolo Pappagallo
su Twitter @paul_parrot
La leggenda nello sport, ora, ha un nome e un cognome. Armin Zoeggeler. E una bandiera, quella azzurra, che sventola maestosa dal gradino più alto della storia degli sport individuali. Sei medaglie in sei edizioni dei Giochi Olimpici, l’impresa di un uomo e di un atleta che, in qualsiasi stato immerso in una autentica cultura sportiva di ampio respiro, sarebbe celebrato e coccolato dai connazionali con gli onori di un reale, assoluto unicum della storia dell’atletismo.
Cosa resterà davvero dell’ennesimo, straordinario trionfo del “cannibale” altoatesino dopo il punto esclamativo di Sochi è un capitolo tutto da verificare. Quel che è certo è che per il 40enne carabiniere di Merano, annunciato il definitivo ritiro dalle competizioni, arriverà il momento di disfare una volta per tutte un bagaglio di viaggio laconicamente trascinato appresso da troppi anni. Lo stesso peso condiviso da più di un lustro dai compagni della nazionale di slittino, ma anche dagli atleti azzurri di bob e skeleton.
Italiani senza patria, sportivamente parlando, costretti a viaggiare nel corso dell’annata non solo per le consuete trasferte internazionali in calendario, ma persino per gli appuntamenti che dovrebbero costituire il carnet degli allenamenti casalinghi o i cosiddetti campionati assoluti nazionali. Eventi che alla fine, piuttosto malinconicamente, riflettono il respiro patrio a malapena nel colore della tuta dei protagonisti che nonostante tutto vi partecipano.
Sì, perché l’Italia del budello ghiacciato artificiale è quella di Koenigsee o La Plagne. Baviera Meridionale e Alta Savoia, le sedi delle ultime edizioni dei campionati italiani di specialità. Il motivo? Semplicissimo, nel nostro paese da anni non esistono impianti di alcun genere destinati a coloro che decidono di abbracciare queste discipline, a qualunque livello. Zero assoluto. Nichts. Nada.
Alla chiusura nel 2008, per problemi economici, della storica pista di Cortina d’Ampezzo è seguito l’abbandono, ancor più clamoroso, del tracciato olimpico di Cesana Pariol, costruito appositamente ex novo per i Giochi di Torino 2006. L’impianto da 60 milioni di Euro che otto anni fa aveva visto Zoeggeler conquistare il secondo oro della carriera ora non esiste più, schiacciato dagli eccessivi costi di gestione e da una programmazione post-olimpica poco lungimirante, o semplicemente disinteressata, nei confronti del mondo del “ghiaccio veloce”.
L’ennesima pagina di sprechi in salsa italica passata quasi inosservata, all’interno del cosmo tipicamente calciocentrico dello sport system italiano. Per questo l’impresa di Zoeggeler assume i contorni di un ultimo disperato richiamo di attenzione, non solo per preservare e tutelare il futuro dei rampanti e promettenti compagni di nazionale come gli ottimi Rieder e Fischnaller, ma in primis per lanciare un messaggio forte da parte di tutto il mondo della velocità invernali: gli “attributi” li abbiamo, ora però dateci un impianto anche a casa nostra. Perché l’Italia della velocità invernale non può transitare dai 50 euro a sessione degli allenamenti in Germania. Il rispetto per la nostra storia, dentro e fuori dal contesto sportivo, passa anche da qui.