I FabLab: la rivoluzione artigiana e digitale che parte dal basso
Si diffondono sempre di più i laboratori di fabbricazione digitale, fondati sui principi di prototipazione e autoproduzione di oggetti con stampanti 3D e altri macchinari di ultima tecnologia, sull’open source e la condivisione dei progetti, per un design a basso costo
di Giulia Marras
Da un paio di anni in Italia si sta assistendo ad un fenomeno particolare: con la crisi che stiamo vivendo, certi meccanismi che hanno portato al boom economico tornano indietro, si riavvolgono come il nastro di una videocassetta. Dal settore terziario si ritorna all’agricoltura, si emigra sempre di più all’estero, i fuorisede tornano nelle regioni di provenienza dopo la laurea, solo per fare degli esempi. Non si può dire lo stesso della manifattura e dell’artigianato che hanno fatto forte il made in Italy, quando le piccole e antiche botteghe chiudono mentre le industrie trasferiscono le loro sedi all’estero. In questo contesto si sono inseriti con coraggio e fortuna i Fab Lab, dalla congiunzione di Fabrication e Laboratory, unendo la manifattura all’innovazione grazie alla tecnologia digitale e soprattutto grazie all’impegno e la forza di volontà dei giovani makers, principali sostenitori del progetto FabLab.
I FabLab nascono negli Stati Uniti nel 2001 al MIT, il Massachusetts Institute of Technology, presso la struttura del CBA, Center for Bits and Atoms durante un corso di studio, tenuto dal professore di informatica e fisica Neil Gershenfeld, su How to Make (almost) Everything, come fare (quasi) qualsiasi cosa, divenuto poi il motto della filosofia dei FabLab in ogni parte del mondo, grazie all’incontro tra modellazione e precisione digitale con la produzione artigianale per la prototipazione di oggetti, favorendo anche un necessario abbattimento dei costi, in un periodo di crisi ai massimi livelli storici .
In seguito, nel 2003, dati il successo e l’innovazione del laboratorio, con i finanziamenti della National Science Foundation, è nato il primo FabLab ufficiale presso il South End Technology Center di Boston. Nel 2004 nasce il secondo in Ghana, e dal questo momento la manifattura digitale rivoluzionerà il modo di realizzare oggetti a scala locale ma con precisione industriale, togliendo ogni limite all’immaginazione e alle idee individuali. Oggi si contano più di 250 FabLab sparsi in tutto il mondo.
In Italia il primo FabLab nasce a Torino nel 2011: per cominciare sono bastate una stampante 3D e una tagliatrice laser, nonché l’hardware Arduino, invenzione completamente italiana che permette la programmazione elettronica per l’interazione uomo-macchina. L’operazione dallo spirito open-source, l’innovazione portata avanti dal basso e dai giovani intraprendenti hanno portato all’apertura di oltre 20 FabLab in tutta Italia. I prodotti “stampati” possono essere di qualsiasi tipo e uso: artistico ma anche tecnico, medico, domestico.
I FabLab, che a seconda delle dimensioni possono essere attrezzati anche con frese CNC, frese di precisione e plotter da taglio per vinili e altri metriali plastici, costituiscono una delle realtà produttive più importanti e innovative della società contemporanea. Inoltre i loro spazi sono dedicati e messi a continua disposizione della comunità per il co-working, e ospitano per i propri iscritti workshop e corsi non solo sulle nuove tecnologie digitali, ma su qualsiasi modo per portare avanti la cultura e il sapere al di fuori dei luoghi istituzionali.
Riportando al centro l’individuo e la propria creatività, la collaborazione tra professionalità di diversi settori (informatica, elettronica, artigianato, arte), la produzione in loco e le risorse illimitate del web e dell’open source, che mettono a disposizione progetti da ogni parte del mondo nelle librerie virtuali, la fabbricazione digitale è stata salutata da molti come la nuova rivoluzione industriale, il “rinascimento artigiano”, che con le giuste risorse sarà capace di rappresentare un nuovo modo di intendere la cultura del produrre e del condividere. Ogni FabLab, catalogato dalla Fab Foundation e regolato dalla Fab Charter del CBA, deve rispondere infatti a una serie di principi universali di condivisione degli spazi, dei progetti e dei mezzi messi a disposizione. I modi e i costi in cui si possono organizzare variano poi da laboratorio a laboratorio, ma il fine ultimo rimane la produzione autonoma delle proprie idee con le proprie mani (o quasi), con precisione industriale e competenza artigianale, lontani però dalla reiterazione monotona della fabbrica, sfruttando le ultimissime (e sempre più economiche) tecnologie digitali e allo stesso tempo recuperando la collaborazione della comunità glocale.