Il Governo che verrà
Terza Repubblica o ritorno alla Prima? Renzi come Berlusconi o rottamatore del nostro sistema politico? Governo del popolo o dittatura anticostituzionale? I molti interrogativi prima della salita al Colle del segretario PD
di Raffaele Meo
Trasformista, democristiano, rottamatore, Renzie e tanti altri. Gli epiteti sono già numerosi e ancora non ricopre la carica di Presidente del Consiglio.
Matteo Renzi si appresta oggi, verso le 10.30 circa, a fare la sua scalata al Quirinale per incontrare Giorgio Napolitano, il quale gli affiderà il mandato riconsegnatogli da Letta il 14 febbraio.
Sarà così il 27° Presidente del Consiglio della Repubblica italiana…o forse no. La strada per il nuovo volto del Partito Democratico è tutt’altro che semplice e lineare, complice la situazione politica del nostro paese, di certo, ma soprattutto di una serie di forzature nella procedura che hanno fatto storcere il naso a molti.
Parliamoci chiaro, niente di quello che sta succedendo in Italia in questo periodo può considerarsi “normale”, ormai c’è davvero poco di cui stupirsi. Il problema è che siamo talmente assuefatti a procedure inconsuete, a leggi prima promulgate e poi considerate anticostituzionali, ad iter legislativi interminabili, che poi, quando accade qualcosa di legittimo, anche se non propriamente ortodosso, siamo già preparati ad additarlo come scorretto. Abbiamo farcito i nostri discorsi di qualunquismo, populismo e dialettica da bar, trovandoci a discutere di politica come di una partita di calcio. Effettivamente le analogie fra i due mondi sono sempre di più, basti pensare a Tangentopoli e Calciopoli, e non c’è da meravigliarsi se poi si fa un po’ di confusione. Ma torniamo a Renzi.
Il nodo della questione pare essere la sua posizione nei confronti dell’uscente Presidente del Consiglio, Enrico Letta: sostenuto a spada tratta fino a tre settimane fa ed improvvisamente deposto e mandato a casa senza troppi complimenti. Una brutta azione si potrebbe dire, ma le logiche di partito sono materia ardua e non sempre è facile indagare gli alti motivi che le guidano, così dicono. I fatti parlano chiaro: la procedura non sarà la più lineare, ma non c’è nulla di incostituzionale. Chi voleva andare alle urne il più presto possibile dovrà quindi aspettare. Lo ha detto anche Napolitano, cui spetta non solo il record del doppio mandato, ma anche quello di aver avuto a che fare con le questioni più complicate e intricate della storia repubblicana. Anche Eugenio Scalfari lo ha voluto confermare dalle colonne di Repubblica, ma la cosa non sembra aver placato gli animi degli agitatissimi italiani.
Quindi Letta va a casa e a succedergli è proprio il nuovo segretario di partito. Il problema è: come mantenere in piedi il governo di larghe intese tanto faticosamente rattoppato per tutto questo tempo da Letta? Matteo non si è perso in chiacchiere ed è subito corso da chi di dovere (Berlusconi) per assicurarsi il suo appoggio sul piano delle riforme. Berlusconi però non è più nel PdL, anzi, il PdL non esiste più, al suo posto ci sono Forza Italia (di nuovo), il NCD e FdI più a destra, ma sempre con quelle facce lì. Rispuntano per l’occasione anche i pariti di centro, come l’UDC, del quale ci eravamo quasi dimenticati, e altre sigle che si sono prodigate, di fronte a Napolitano, ad esprimere le loro preoccupazioni circa l’instabilità del paese. Loro ci tengono, è chiaro, e faranno tutto il possibile per dare il loro appoggio a quelle leggi che siano fatte veramente negli interessi dei cittadini.
Il problema però è. chi farà queste leggi? Nel PD dell’arrembante Renzi c’è Civati che non è d’accordo e forse il suo appoggio non lo darà, portandosi dietro anche quattro o cinque senatori PD. Alfano non è d’accordo con Berlusconi, prima papà politico poi “irriconoscibile”, e i due ora si punzecchiano allegramente come due vecchi compagni di liceo, non lesinando momenti anche di tensione vera perché l’altro ci è andato un po’ troppo pesante con una battutina sul passato. La Meloni, accompagnata da un più che mai vispo La Russa, vuole riconsegnare la sua tessera elettorale in segno di protesta. Non è che volevano il voto subito, solo che volevano una nuova legge elettorale per andare alle urne e poi far cadere il governo. Insomma, si poteva aspettare questi altri due mesi prima di cambiare tutto, oramai eravamo in dirittura d’arrivo. Fa niente che sono quasi dieci anni che si vuole cambiare questa legge, ma ora ci eravamo così vicini, è davvero un peccato mandare tutto a farsi benedire.
Ma i verdi leghisti e i pentastellati grillini? Loro no, non partecipano a questo teatrino grottesco, loro sono fuori da questi giochi, da queste “buffonate” così come non hanno tardato a definirle. Sono convinti che non cambierà niente, che l’inciucio PD-PdL continuerà sempre, che nessuno è interessato alla politica pulita o a quella del nord. Viene da chiedersi cosa ci facciano in Parlamento, se non vogliono dire la loro, non vogliono parlare col Presidente della Repubblica e non vogliono fare alleanza con nessuno, neanche fra di loro. Eppure da diversi giorni i giornali non fanno che trovare analogie tra i due partiti, soprattutto nel loro modo di fare politica. Così è davvero edificante leggere di nuovo quegli slogan che con tutte le forze cerchiamo di seppellire nella nostra memoria, come “ce l’abbiamo duro”, sulle colonne dei giornali, come in quei video che si proiettano ad alcune feste di 18 anni dove vengono ripercorsi, possibilmente, i momenti più imbarazzanti della propria vita. Ciò che fa più male, però, è constatare che il livello non è che sia proprio cambiato. Forse i vertici dei due partiti dovrebbero pensarci seriamente.
Veniamo ora alle chiacchiere che in assoluto preferisco di più: Renzi è il nuovo Berlusconi. In questa magnifica e funambolica giustapposizione di nomi, non si può fare a meno di scuotere il capo sconsolati.Dopo vent’anni di Berlusconi ancora non abbiamo capito: questo è il “nuovo” che in Italia può funzionare. E’ inutile che ci arrampichiamo su inutili dissertazioni filosofiche, o rivendicando il fatto che Civati o Cuperlo erano meglio: Renzi ha vinto con il 58% dei voti, non ce n’è per nessuno. E’ un po’ come quel nutrito gruppo di persone che si lamentavano della vittoria di Berlusconi ma, una volta interrogate sul loro voto, dicevano che non si erano recati alle urne. Cosa ci lamentiamo a fare, allora?
Una cosa dovrebbe essere chiara, già da tempo: nel nostro paese la politica si fa in Tv e le apparenze contano molto di più della sostanza. Avete sentito parlare di programmi? Al limite si snocciolano alcune macroaree generiche, tipo “lavoro”, “spesa pubblica”, “bilancio”, accompagnate dai soliti verbi “garantire”, “ridurre” e “risanare”. Del “come” non v’è traccia, ma ormai da diversi anni. In tutto questo non dimentichiamoci che l’Unione europea ci guarda, di certo non fiduciosa, mentre 5-6 miliardi di euro sono congelati nel frattempo che il baraccone attuale venga smontato. Forse dovremmo dirlo a Renzi, ma perché rovinargli il suo giorno più bello?
(fonte immagine: http://nonleggerlo.blogspot.it/)