Istruzione e Università: una “questione” meridionale
Un rapporto di Cgil-Sicilia fotografa l’arretratezza del sistema scolastico e universitario dell’Isola. Si chiede un intervento prima che il divario tra Meridione e resto del paese si allarghi ulteriormente
di Guglielmo Sano
La Sicilia è il fanalino di coda dell’istruzione nazionale: a dirlo è un dossier presentato a margine della conferenza regionale di Cgil-Flc. “Il divario con il resto del paese si sta allargando sempre di più” con queste parole Giusto Scozzaro, al vertice della “Federazione dei Lavoratori della Conoscenza” siciliana, ha chiesto sia al governo nazionale, sia alle autorità regionali di intervenire prontamente sulla questione (dal sapore prettamente “meridionale”).
Sulla condizione dell’istruzione superiore e universitaria siciliana pesa una crisi economica e sociale sempre più grave: i livelli di istruzione della popolazione sono al di sotto della media nazionale per quanto riguarda il numero dei laureati (12,6% contro 14,5%), per quello dei diplomati (30,9% contro 32,5%) e comunque per la popolazione adulta con qualifica professionale (2,2% contro 6,9%).
Sono pochi quelli che conseguono il diploma e la laurea, invece, alta la percentuale di licenze di scuola primaria (17,4% contro 12,6%) e la percentuale di licenze della superiore di primo grado (37.1% contro 33,5%). Dal dossier della Flc emerge inoltre che gli alunni che abbandonano gli studi senza conseguire un diploma, o una qualifica di secondo livello, sono il 26,5%, contro la media nazionale del 19,2%, e che le immatricolazioni nelle Università siciliane hanno subito una contrazione del 20% negli ultimi tre anni.
È tutto il sistema della conoscenza che sta rovinosamente collassando su se stesso: asili nido in numero insufficiente rispetto alla popolazione, poche sezioni di scuola dell’infanzia, 15mila bambini che non frequentano. Secondo i dati della Flc, nella scuola primaria, la mancanza del tempo pieno fa sì che gli alunni siciliani facciano 2145 ore di lezione in meno rispetto ai coetanei del nord. Il tempo pieno è residuale anche nella scuola media.
“Non si va a scuola anche a causa dei trasporti che mancano per i tagli ai Comuni, e perché, come ha denunciato il sindaco di Floridia (in Provincia di Siracusa, ndr), le famiglie disagiate non possono pagare 60 euro di abbonamento ogni mese” ha commentato così Scozzaro. “Qui è in discussione il diritto costituzionale allo studio, si seminano disuguaglianze sociali e si riducono le opportunità per le giovani generazioni: una condizione socialmente e politicamente inaccettabile” ha sostenuto sempre Scozzaro.
Cgil e Rete degli Studenti nel Dicembre scorso hanno presentato all’assessorato siciliano dell’istruzione pubblica un disegno di legge regionale, di cui si chiede l’immediata approvazione, che prevede: il raddoppio, dal prossimo anno, delle sezioni “Primavera” (accolgono i bambini di 2-3 anni), oggi solo 100, con uno stanziamento di almeno un milione di euro proveniente dal bilancio regionale. Si propone anche la generalizzazione della scuola dell’infanzia a tempo normale e si chiede, inoltre, la fornitura di servizi scolastici adeguati per l’estensione del tempo pieno nella scuola primaria.
In Sicilia, il dato più allarmante, però, resta sicuramente quello riferibile alla “dispersione scolastica”: se alla scuola elementare la dispersione (somma tra evasori, abbandoni e non promossi) è a livelli abbastanza contenuti, alla scuola media la situazione appare già gravissima. Perché se a livello regionale siamo ancora sul 5 per cento, in provincia di Palermo il dato schizza al 6,6 per cento. Maurizio Gentile, responsabile dell’Osservatorio regionale sulla dispersione scolastica, precisa che “alla media la dispersione è in contrazione dal 2008-2009“.
In alcune scuole superiori, quelle più “delicate” e maggiormente colpite da tagli al personale, si toccano quote di dispersione da terzo mondo. Nel 2011-2012, l’Ipsia D’Acquisto di Bagheria (Palermo) ha sfiorato il 49 per cento, seguito dall’alberghiero Borsellino di Palermo al 40 per cento. “Il meccanismo – spiega Gentile – è sempre lo stesso: gli studenti più deboli delle scuole medie si iscrivono nei professionali e in queste scuole la dispersione schizza in alto“. Sono 34 mila i giovani siciliani che ogni anno interrompono gli studi (9 mila nella sola provincia di Palermo) o vanno incontro a una bocciatura, spesso anticamera dell’abbandono.
Il fenomeno degli Early School Leavers (i giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano gli studi prematuramente), in Sicilia, assume il carattere di una vera emergenza: con il 24 per cento è l’ultima delle regioni italiane e l’Italia, da parte sua, è quartultima tra i 27 paesi dell’Unione Europea. “Stiamo lavorando – ha detto il provveditore Marco Anello – per aprire anche nei pomeriggi le scuole a rischio, è il migliore modo per combattere la dispersione“. Fa da contraltare a queste dichiarazioni lo stesso Scozzaro che, parlando di dispersione, si è augurato un percorso di riforme strutturali piuttosto che “dubbie iniziative di emergenza”.
È lontana da Palermo la “generazione Erasmus” ormai definitivamente sdoganata nel dibattito sull’istruzione nazionale. In Sicilia, al contrario, si sta consolidando una pericolosa spirale negativa: abbandono prematuro della scuola, disoccupazione atavica insieme a una molteplice, variegata e diffusa offerta d’impiego presso “aziende criminali”, non stanno determinando solo un “ritorno al passato” ma una vera e propria discesa nella “barbarie” per la regione. “Ogni bambino che non va scuola è un cittadino perso” ha detto poco tempo fa un palermitano diventato presidente del Senato, un certo Pietro Grasso che di mafia qualcosa dovrebbe sapere, che dovrebbe conoscere l’importanza della lotta contro queste dinamiche. Gli auguriamo di ritrovare presto la memoria.
Una risposta
[…] ad alcun percorso formativo, una percentuale che raggiunge il 17,6% in Italia, sono 758.000 gli early school leavers. Questi ultimi molto probabilmente andranno ad accrescere il numero di disoccupati che, nel luglio […]