Nessun problema, è Holi!
Addio monsoni, benvenuta primavera! In India è tempo di celebrare una delle feste più antiche, tra religione e miti hindu. Il racconto di un’immersione nei colori, nei suoni e nella vibrante e irriverente atmosfera del Rajasthan. Pronti? “Bura Na Mano, Holi Hai!”
di Valentina Palermi
su Twitter @ValPalermi
Appena atterrati saltiamo sul pullman che ci porterà a sud di Delhi, verso Mathura, città considerata sacra al dio Krishna, una delle divinità principali della religione hindu, che qui e nei villaggi intorno trascorse la sua infanzia. La corsa si arresta quasi subito visto il traffico paralizzante per uscire dalla capitale.
Un viaggio che ho sognato, idealizzato, dedicato, vissuto, ma soprattutto voluto. Dodici giorni on the road nel Rajasthan e nell’Uttar Pradesh, in compagnia di persone fino al momento della partenza sconosciute, ma che fin da subito scopriranno il fianco lasciandosi andare.
Il tutto in puro stile Holi, festività religiosa sempre più popolare anche all’estero e internamente tra le comunità non hindu. Alla prima luna piena dell’equinozio di primavera, nel mese di Phalguna, si celebra il suo arrivo, e ci si spinge nei templi e nelle strade per manifestare amore, devozione, gioia. Oppure, per coloro che “are feeling shy” – come ci confessa Babu, la nostra guida per un giorno –, ci si raccoglie in casa tra amici e famigliari.
Nonostante le celebrazioni di quest’anno si svolgano tra il 16 e il 17 marzo, come di consueto alcuni giorni prima tra Barsana, Gokul, Nandgaon e Govardhan si può già respirare, e talvolta anche inaspettatamente assaggiare – “Mmm, sa di sapone!” – gulal, la polvere colorata che tipicamente ci si getta, spalma, versa addosso durante i festeggiamenti.
Proprio come il dispettoso Krishna,che secondo la leggenda si divertiva a far scherzi, prendendo di mira con acqua e polvere colorata la sua amata e le sue amiche, che inizialmente arrabbiate lo spingevano fino al suo villaggio natale, armate di bastoni. Un goliardico gioco popolare che ancora oggi viene rappresentato durante il Lath mar Holi, tra inseguimenti e canti provocatori.
Ai piedi della collina su cui sorge il Banke Bihari Temple di Vrindavan, già dai primi banchetti che vendono i colori veniamo accolti da una nuvola rosa al grido di “Happy Holi!”. Uno spettacolo che di lì a breve riempirà occhi, corpo e vestiti di un turbine di rosso, giallo, blu, verde, zafferano, ognuno con la propria simbologia: fertilità, amore e bellezza, buon auspicio, il divino, nuovo inizio e primo raccolto, pietà e forza.
In questo luogo è presente una coraggiosa comunità di vedove, che sulla prima pagina del quotidiano The Times of India conquistano un trafiletto, creando scalpore con l’iniziativa privata di festeggiare nonostante non sia loro consentito.
Ci togliamo le scarpe, pronti a entrare nel tempio, ammassati tra la gente che sorridente ed eccitata ti scorge e prontamente lascia il proprio segno sul tuo volto, oppure ti sorride e offre imboccandoti jalebi e gulab jamun. Non riesci quasi a vedere dove mettere i piedi, ma li senti scivolare sull’acqua spruzzata dalle balam pichkari, azionate in maniera impertinente da ragazzi dislocati e nascosti in ogni angolo. Nella penombra, sul palco in fondo, vengono celate da pesanti tende le imponenti e ricche statue di Krishna e Radha, che verranno svelate solo per la pooja che intorno a mezzogiorno conclude i festeggiamenti, preservate dall’obiettivo vietato della macchina fotografica. Del lassi – una miscela di yogurt, crema, acqua, spezie e frutta – meglio non fidarsi stavolta, dato che durante i festeggiamenti sembra essere più diffusa quella “legalmente aromatizzata” al bhang, un liquido derivato della cannabis con simili effetti.
Lo berremo comunque nella versione tradizionale una volta a Jaipur, a casa di Arvind, amico di uno dei nostri, che ci accoglie per cena sulla sua terrazza dopo averci accompagnato in giro per le strade della città durante l’intera mattinata.
Siamo nella “Città Rosa” dal pomeriggio precedente per partecipare all’Elephant Festival, altra festa durante il periodo di Holi: un concorso di bellezza per pachidermi, sfarzosamente colorati e bardati, che seguiti da danze e musiche sfilano per la città fino a raggiungere il campo sportivo dove, tra programmi alternativi e partite di polo, vengono incoronati re o regina della festa..
Anche quest’anno, come lo scorso, quest’appuntamento è stato annullato con l’intervento di gruppi e attivisti per la tutela dei diritti degli animali, dandoci comunque la possibilità di assistere all’Holita Dahan, l’accensione di grandi roghi per le strade della città, nelle piazze e fuori dai negozi, a simboleggiare la vittoria del bene sul male, che precede e dà significato completo all’Holi. La fuga miracolosa del giovane Prahalad dalla demonessa Holika, che voleva bruciarlo vivo e finì col morire al posto suo, viene esorcizzata il giorno dopo, tra le vie di Jaipur, dove le persone corrono, ballano, cantano e ridono armate ancora una volta di polvere colorata.
Nonostante il clima festoso, in questi giorni facciamo comunque i conti con i consueti -ismi, che mettono in allarme sulla composizione delle polveri, spesso prodotte con sostanze chimiche invece che con pigmenti naturali o ricette ayurvediche, così come degli eventuali episodi di violenza, dagli scontri tra hindu e musulmani, agli eventuali abusi nei confronti delle donne.
Noi faticheremo un po’ a far andare via il colore dalla nostra pelle, contenti di mantenere invece le tracce sui nostri abiti, così come ci troveremo una volta al centro di un gruppo di ragazzini, dove un paio tra quelli più sfacciati “allungano le mani”, cacciati dal bastone di un poliziotto, che in maniera irruente coinvolge, sbagliando, anche Arvind.
L’imbarazzo tra due culture nell’avvicinarsi e conoscersi, o anche tra un uomo e una donna, durante il Festival di Holi viene sostituito da curiosità, gioco, sensualità e irriverenza, mettendo al bando le inibizioni. Si impara a ricevere con più facilità, e ci si rende pronti a ricambiare. Le persone abitualmente ti fermano anche solo per darti qualcosa – cibo, benedizioni, carezze e strette di mano, sorrisi da portare via, talvolta disinteressati, talvolta che impongono una mancia, una foto, o la disponibilità a essere oggetto di maggiore curiosità. In questo giorno il sistema delle caste è più tollerante, e per alcuni è ammesso fare ciò che di solito non è possibile per estrazione sociale, costume o semplicemente pudore.
Pronti a lasciarsi alle spalle le impurità di corpo e spirito ci si apre alla novità, esorcizzando la negatività dell’egoismo, della falsità, della solitudine e lasciando spazio all’amore, alla sincerità, alla speranza. Per abbandonarsi alla fine a un solo piacere, quello di un abbraccio.